Esclusiva

Giugno 4 2024.
 
Ultimo aggiornamento: Giugno 5 2024
Jozsef (Stati Uniti d’Europa): «La nostra priorità è andare verso un’Europa federale e sovrana»

Il candidato scende in campo con l’ambizioso obiettivo di unificare l’Europa dal punto di vista militare, tecnologico, giuridico e culturale

Eric Mauritin Jozsef è un giornalista francese. Dal 1992 è il corrispondente dall’Italia per il quotidiano Libération e dal 2013 anche per la Radiotelevisione svizzera (Rts). Negli anni ha collaborato con varie testate italiane, da la Repubblica a Rai News 24, ed è stato presidente dell’Associazione stampa estera in Italia. È anche presidente di EuropaNow, un’associazione nata per diffondere tra i cittadini un senso di appartenenza all’Ue, trasformandola da una unione di stati nazionali a uno stato federale unito e forte. In occasione delle elezioni del prossimo 8 e 9 giugno, si candida per la prima volta a ricoprire una carica politica con il partito “Più Europa con Emma Bonino”, che fa parte della Lista Stati Uniti d’Europa. Al suo interno ci sono anche Italia Viva, il Partito socialista italiano, i Radicali italiani, Libdem, L’Italia c’è al centro. Se verrà eletto, entrerà a far parte del gruppo politico europeo renew europe.

Perché ha deciso di candidarsi alle elezioni europee con una lista italiana e non francese?

La lista di Emma Bonino è l’unica ad avere come priorità quella di andare verso un’Europa federale. Oggi avere un Governo europeo è una condizione imprescindibile. Se non facciamo questo passo il rischio è che tutti i Paesi dell’Ue diventino irrilevanti rispetto ai cambiamenti economici, tecnologici, geopolitici e climatici che si stanno verificando nel mondo. I nostri Stati nazione ormai sono troppo piccoli. Se guardiamo alla popolazione mondiale nessuno dei Paesi europei pesa più dell’1%. Dal punto di vista economico, l’Italia pesa il 2% del Pil mondiale, la Francia il tre. Dunque, per fronteggiare le sfide geopolitiche lanciate dalla Russia e dalla Cina e quelle tecnologiche dei grandi colossi di questo settore ci vuole una sovranità europea che sia capace di rispondere e governare il nostro destino.

Da dove nasce questo suo patriottismo europeo?

Nasce dal fatto che vivo in Italia dal ’92. Questo mi ha permesso di osservare con una certa distanza il mio Paese d’origine e di capire che il mondo è cambiato. Sebbene la Francia, come gli altri Paesi europei, dicano di essere sovrani, in realtà non lo sono più. Sono convinto, però, che l’Europa ci possa dare la possibilità di riconquistare la sovranità. Uniti possiamo ancora contare qualcosa e difendere i nostri modelli economici, sociali e culturali. Abbiamo deciso di far nascere l’Unione europea perché abbiamo vissuto il Novecento, abbiamo affrontato i totalitarismi e due guerre mondiali. Grazie a queste esperienze abbiamo inventato la più straordinaria forma politica della storia contemporanea: un sistema democratico e un’economia di mercato che difendono determinati diritti e valori.

Come pensa di coinvolgere in questo progetto Paesi come l’Ungheria e come pensa di fronteggiare l’avanzata delle destre nazionaliste?

Uno dei principali obiettivi della nostra lista è superare il voto all’unanimità nel Consiglio europeo. È già stata presentata una risoluzione al Parlamento europeo che chiede l’apertura di una convenzione per modificare i trattati. Con la cancellazione del diritto di veto, un Paese come l’Ungheria non potrà più bloccare da solo gli aiuti all’Ucraina, ad esempio. Dunque, il primo punto è sostituire il voto all’unanimità con quello a maggioranza. Poi, per contrastare l’avanzata dell’estrema destra bisogna capirne i motivi. Io penso che il loro successo sia dovuto ai grandi cambiamenti che caratterizzano la nostra epoca. Molti cittadini scelgono di affidarsi a forze che propongono la narrazione nostalgica di un passato illusorio che non tornerà e che non è mai esistito. Lo vediamo con l’immigrazione ma anche con altre questioni. La risposta nazionale non può funzionare. Dunque, la soluzione è proporre una narrazione alternativa di un’Europa unita, capace di proteggere i propri cittadini. In questi giorni è stato pubblicato un sondaggio secondo il quale 2/3 degli europei sono favorevoli alla formazione di un esercito comune. Pensiamo solo al fatto che i 27 Paesi europei insieme hanno una spesa di difesa che è il 35% di quella degli Stati Uniti e, prima della guerra in Ucraina, era tre volte quella della Russia. Eppure, non abbiamo la stessa capacità di deterrenza. Per questo dobbiamo unire le forze, per proteggere i cittadini anche attraverso una difesa comune.

Che cosa ne pensa della possibilità paventata dal presidente francese Macron di portare le truppe francesi a combattere in Ucraina?

Penso che Macron abbia detto una cosa molto importante facendo però due errori. Con questa dichiarazione ha acceso un faro sulla gravità della situazione in Ucraina. Le truppe di Kiev ora sono in grande difficoltà e questo è un problema non soltanto per gli ucraini, ma per tutti gli europei. La vittoria di Putin sarebbe una minaccia diretta alla stabilità dell’Unione. Da questo punto di vista, è stato un modo per riscuotere tutti noi da uno stato di sonnambulismo. Il suo primo sbaglio consiste nel fatto che gli ucraini non chiedono uomini ma armi. Molte forze politiche dicono di non voler più mandare armi all’Ucraina ma sono mesi che il Paese non ne riceve. A causa del ritardo con cui stanno arrivando i rifornimenti americani e dell’incapacità degli europei di inviarle, gli ucraini stanno subendo l’aggressione russa senza poter difendersi. Non hanno abbastanza missili per intercettare tutti quelli lanciati dai russi. Il secondo errore di Macron è stato non cercare una concertazione con gli altri Paesi dell’Ue. Non si può fare una proposta del genere senza discuterne prima con gli altri. Putin non aspetta altro che vedere l’Europa disunita.

Nel programma di Stati Uniti d’Europa si legge che cibo agricoltura e pesca sono tra le principali sfide dell’Europa, che si deve produrre di più e in modo più efficiente. Secondo lei come e perché si deve produrre di più?

Produrre di più vuol dire raggiungere la sovranità alimentare in Europa. Con la guerra in Ucraina abbiamo capito quanto sia necessario assicurarci la sovranità alimentare ed energetica. Una sfida da raggiungere senza dimenticare la lotta ai cambiamenti climatici. Non si può produrre di più dimenticando la transizione ecologica. Quando c’è stata la protesta degli agricoltori a Bruxelles qualche mese fa, abbiamo visto quanto i piccoli produttori siano in difficoltà. In realtà il vero problema per loro non è tanto il Green Deal ma il fatto che i loro prodotti non sono pagati al giusto prezzo. C’è uno scarto enorme tra i prezzi di produzione e quelli al dettaglio fatti dalla grande distribuzione. Se ci fosse maggiore equità, gli agricoltori accetterebbero più di buon grado regole come quella di lasciare incolto il 4% delle proprie terre per difendere la biodiversità e permettere alla natura di rinnovarsi. 

Che cosa ne pensa degli allevamenti intensivi di animali?

Penso che si debba tutelare il benessere animale. Però questa è una decisione da prendere a livello europeo. Se un Paese lo fa e un altro no, si creerà una differenza di prezzi e si favorirà chi non rispetta le regole.  

Nel vostro programma si parla di ragionevolezza e gradualità a proposito della transizione ecologica soprattutto per quanto riguarda l’adeguamento del settore industriale. Non pensa però che non ci sia più tempo per la gradualità? 

Non le sfuggirà che questa è una lista di scopo che riunisce vari partiti con sensibilità politiche diverse. Quello che ci accomuna è l’idea di dover trasformare l’Europa. Personalmente considero la situazione climatica una vera emergenza. Ogni giorno vediamo i danni prodotti dagli eventi meteorologi estremi, come l’alluvione avvenuta l’anno scorso in Emilia-Romagna. Dunque, dobbiamo non solo rispettare gli impegni che l’Europa ha preso ma anche accelerare. Ad esempio, non condivido le proteste contro lo stop europeo alla produzione dei motori termici entro il 2035. Alcuni dicono che in questo modo distruggeremo la nostra industria automobilistica. In realtà, i nostri marchi sono già in ritardo rispetto a quelli statunitensi e cinesi. A Shanghai oggi la grande parte delle auto è elettrica. Perciò, invece di frenare il cambiamento dobbiamo velocizzarlo.

Cosa intendete fare per migliorare le condizioni lavorative dei più giovani? In Italia molti sono costretti ad accettare tirocini non pagati, stipendi bassissimi e contratti a tempo determinato che li fanno vivere in uno stato di precarietà.

Il Parlamento europeo si è già pronunciato in favore di un salario minimo, un obiettivo che l’Italia non è riuscita ancora a raggiungere. Una cosa davvero scandalosa secondo me. Inoltre, l’Ue ha già preso dei provvedimenti per lottare contro la precarietà e per la parità di genere, per l’inclusione di minoranze e persone disabili e per la formazione. Il problema è che gli Stati non li hanno inclusi nelle proprie legislazioni nazionali, pur avendoli sottoscritti a Bruxelles. Perciò sarebbe necessario unificare le rappresentanze sindacali e quelle del mondo delle imprese a livello europeo in modo di avere una vera concertazione delle parti sociali in tutto il continente. Inoltre, se dovessi essere eletto deputato europeo, proporrei l’Erasmus obbligatorio per tutti, anche per lottare contro le disuguaglianze. Oggi soltanto una piccola parte degli studenti può permetterselo. Ma io lo ritengo uno strumento fondamentale per sviluppare nei giovani un sentimento di appartenenza europeo.

Leggi anche Watson (Stati Uniti d’Europa): “Fatti gli Europei bisogna fare l’Europa”