Da conservatrice a moderata, Mara Carfagna del suo passato politico ricorda i punti in comune ma anche «il disagio di partecipare a una coalizione a trazione sovranista». Dopo venti anni di militanza nel partito di Silvio Berlusconi, nel 2022 abbandona Forza Italia per le decisioni prese nel corso della crisi del governo Draghi, di cui era ministra per il Sud e la Coesione territoriale. Alle elezioni politiche si presenta con Azione di Carlo Calenda, di cui ora è Presidente. Secondo Carfagna in Europa servono “saggezza e serietà”: «Gli estremismi sono un lusso che non possiamo permetterci».
La guerra a Gaza, l’aggressione russa all’Ucraina, il possibile ritorno di Trump alla Casa Bianca. Per Azione, l’Europa come dovrà porsi?
«L’Europa è a un bivio tra chi la vuole disarmata e divisa e chi lavora nella direzione opposta: più coesione, una voce comune in politica estera, una difesa comune, debito comune per rilanciare l’economia. Azione è senza incertezze dalla seconda parte. La campagna elettorale italiana, purtroppo, sta nascondendo la portata di questa scelta e le sue conseguenze. Un’Europa spostata a destra renderà impossibile ogni rafforzamento dell’Unione e ci renderà tutti più fragili davanti ai mostri che si stanno risvegliando: la guerra, l’antisemitismo, una competizione senza regole sui mercati. Un’Europa sbilanciata a sinistra alimenterà gli eccessi ideologici e aggraverà la frattura tra istituzioni europee e popoli che già è in corso da anni. È il momento della saggezza. Gli estremismi sono un lusso che possiamo permetterci nei tempi di pace e di ordine. Non ora. Non davanti a una Russia che torna a coltivare sogni imperialisti in armi. Non davanti a una crisi che mette in discussione l’esistenza stessa di Israele e la sicurezza degli ebrei nel mondo. Non di fronte a un’America che potrebbe rinunciare al suo ruolo di perno del sistema occidentale».
Rimpianti per la rottura con Bonino e Renzi? Il 4% per il Parlamento europeo è sicuro?
«Il passato è passato, inutile tornarci sopra. In questi giorni sto girando per la campagna elettorale. Sono stata in Calabria, in Veneto, in Campania, in Lombardia, in Abruzzo. Sarò nelle Marche, in Puglia e in Liguria. Ovunque ho visto partecipazione e grandissimo attivismo dei nostri quadri. Credo che queste elezioni siano il terreno ideale per consolidare la proposta di Azione: si vota col proporzionale, la logica del voto utile o di schieramento non esiste, abbiamo una proposta chiara e sono convinta che la “strategia della serietà” su cui abbiamo impostato la nostra campagna sarà premiata dagli italiani».
In Basilicata Azione ha votato con il centrodestra. Caso isolato o possibile trend futuro?
«Il nostro trend è molto chiaro: appoggiare, ovunque si voti, il candidato più serio, competente, attrezzato alle sfide del territorio e del Paese. Rompere la logica dell’adesione ideologica a uno schieramento o all’altro per dire: scegliamo chi dà migliori garanzie di buongoverno. Votiamo secondo convinzione, non secondo obblighi di alleanza o coalizione. Lo facciamo in Parlamento su ogni singolo provvedimento, lo faremo ogni volta che nei Comuni o nelle Regioni si dovrà decidere a chi affidare il bene comune e le risorse dei cittadini».
Da destra a sinistra, nota più punti in comune o di distanza tra Azione e il suo ex partito, Forza Italia?
«Conosco bene gli elettori di Forza Italia e i punti in comune tra la mia storia e la loro, le mie idee e le loro non sono certo venuti meno. L’unico punto di distanza riguarda le alleanze. Per il resto le mie idee di oggi sono esattamente le stesse di quando militavo in Forza Italia: continuo a battermi per una gestione dell’immigrazione che sia rigorosa ma non crudele, per una giustizia giusta, per un’Italia che sia saldamente ancorata al fronte occidentale ed europeo, per una lotta ai cambiamenti climatici che non penalizzi industria e agricoltura, per il sostegno alle imprese, per le tutele dei diritti umani, per il contrasto a ogni forma di discriminazione, per lo sviluppo del Sud. La differenza rispetto a prima è che non vivo il disagio di partecipare a una coalizione a trazione sovranista, vincolata ad alleanze europee che nulla hanno a che fare con il mondo popolare, liberale, moderato: penso a un filorusso come Victor Orbán o agli estremisti spagnoli di Vox. Nessun moderato italiano può augurarsi un’Europa governata da questo tipo di forze: credo e spero che, nelle urne, in tanti abbiano il coraggio di dire no a questa prospettiva e di scegliere chi interpreta i loro valori».
Lei è stata ministra per il Sud e la Coesione territoriale, si può fare veramente il ponte sullo stretto di Messina?
«Certo che si può. Il Ponte è una grande opera pubblica che serve al Sud e all’Italia. Ma è stato trasformato nella bandierina di un ministro ed è questo che rischia di ostacolare la sua realizzazione. Invece di cercare condivisione, risposte ai dubbi, rassicurazioni sull’efficacia del progetto, si sta alimentando l’idea che il Ponte sia una sorta di monumento a una singola persona o alla maggioranza di governo. È un enorme errore. I monumenti, quando cambiano le stagioni politiche, rischiano di essere abbattuti. Per dare continuità a un’opera che richiederà un decennio di lavori bisognerebbe fare il contrario: presentarla come un bene di tutti e per tutti, una grande innovazione italiana e non il cantiere di una fazione».
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