«Donald Trump è un criminale, ma capire perché ha così successo è lo scopo del giornalismo», afferma Antonio Di Bella, direttore e storico corrispondente Rai dagli Stati Uniti, durante la presentazione del suo ultimo libro “L’impero in bilico” a Roma. Secondo il giornalista, Trump nella sua prima candidatura rappresentava una novità, cosa «che oggi non è più».
Sono molti i timori di spaccature profonde e violente dopo il voto del prossimo novembre, anche perché «gli anticorpi del sistema democratico sono sempre più deboli», come dimostrato dal drammatico assalto di Capitol Hill del 6 gennaio 2021 da parte dei sostenitori di Trump, suprematisti bianchi e i complottisti del gruppo QAnon. Secondo il Washington Post potrebbero essere sei Stati e alcune contee – quelle più ricche in favore di Biden – a decidere consultazioni cruciali per il futuro del Paese e dell’Alleanza atlantica (Nato).
Poche migliaia di voti indirizzeranno la sfida, ma entrambi i candidati non sembrano scaldare i cittadini, tanto che «in America si dice che in questo momento si sfidino i peggiori candidati possibili dei partiti», dichiara Di Bella durante l’incontro. Da un lato c’è Joe Biden. che è deciso a rimanere presidente per altri quattro anni anche se «tra i democratici c’è chi sostiene che dovrebbe ritirarsi lasciando la scena ad un candidato più giovane, ma non a Kamala Harris, inesperta per la politica», afferma il giornalista. Dall’altro c’è Donald Trump, alle prese con la recente condanna nel processo contro Stormy Daniels: la giuria di New York ha dichiarato l’ex presidente colpevole di tutti e trentaquattro i capi d’accusa per il suo tentativo di comprare il silenzio della pornostar dopo aver avuto un rapporto extra-coniugale con lei. «Un elettore di Trump mi ha confessato che se venisse condannato per le altre accuse ad oggi pendenti secondo lui scoppierebbe una guerra civile nel Paese», afferma Viviana Mazza, corrispondente per il Corriere della Sera da New York, che prosegue: «L’ha detto come fosse una cosa normale. C’è stato anche un boom dei corsi di sopravvivenza in South Carolina, soprattutto tra i sostenitori di Trump».
Secondo Di Bella le sentenze però non aiuteranno Joe Biden a prevalere, «anche perché gli esiti delle accuse per truffa, quelli più importanti, arriveranno dopo il voto e se Trump venisse condannato da Presidente, dovrà andare in galera». I sondaggi dicono che in caso di condanna, il 12% ripenserebbe se votarlo o meno, mentre solo il 4% non lo voterebbe. Nel tycoon, Di Bella riscontra un elemento caratterizzante delle destre in tutto il mondo: la capacità di nutrirsi del senso di rivalsa degli esclusi. Tra gli Stati contesi – noti come swing states – c’è il Michigan, che quattro anni fa ha visto prevalere l’attuale presidente. Qui, Biden sta investendo molto sull’industria automobilistica, dicendo che farà risorgere il comparto con l’elettrico. L’economia è il tema principale per i giovani, più dell’immigrazione e delle guerre in corso. Nonostante l’alto tasso di inflazione, stimato ad aprile al 3,4%, Di Bella dichiara che: «la Bidenomics – le politiche economiche dell’amministrazione Biden – è stata un grande successo che ha permesso di ridurre la disoccupazione aggiungendo un grande appoggio ai sindacati». Per questo conta più della questione mediorientale, che rischia di togliere all’inquilino della Casa Bianca il sostegno degli arabi musulmani del Michigan, vista l’alleanza tra gli Stati Uniti e Israele.
Per il giornalista «così come successe a Romano Prodi in Italia, Biden deve tenere insieme anime molto diverse in un castello di carta che può cadere in ogni momento, qualcosa di molto complicato. Sta percorrendo un sentiero stretto, perché deve tranquillizzare l’ala sinistra del suo partito e i giovani che lo accusano di non fare abbastanza per fermare le morti dei civili a Gaza», continua Di Bella, per cui «dall’altra parte non deve irritare i finanziatori della comunità ebraica americana che lo accusa di non difendere abbastanza Israele». In quest’ottica, se entro novembre Biden non otterrà un cessate il fuoco «pagherà un prezzo».
Una sconfitta di Trump potrebbe, per Di Bella, favorire una rifondazione all’interno del Partito repubblicano. Il giornalista la definisce una «compagine disintegrata dal leader pigliatutto, analogamente a quanto accaduto in Italia e in Europa. Dopo la sconfitta dell’ex presidente Richard Nixon, il Grand Old Party – così viene definito – è stato capace di ricostruirsi tirando fuori Ronald Reagan», presidente dal 1981 al 1989 e conosciuto per aver definito l’Unione Sovietica “l’ Impero del male”. Per gli Stati Uniti, impegnati in una “guerra” commerciale e tecnologica con la Cina, il nuovo fronte strategico oggi è il Pacifico: «L’Europa è residuale perché è verso un declino produttivo inesorabile e diminuirà l’interesse verso il Vecchio continente». La sfida per l’Occidente è contro i cosiddetti Paesi non allineati come la Repubblica popolare cinese, la Russia, l’Iran e la Corea del nord, Stati che vogliono riscrivere l’ordine mondiale. Se sarà all’altezza o meno lo diranno i prossimi anni.