Esclusiva

Giugno 19 2024.
 
Ultimo aggiornamento: Giugno 26 2024
Hadi Tiranvalipour: «Gli atleti rifugiati combattono anche nella vita»

Hadi era presentatore tv e atleta in Iran. Ora «ama alla follia» l’Italia, che l’ha accolto grazie allo sport

Determinato a superare sé stesso: così si sta preparando per Parigi 2024 Hadi Tiranvalipour, uno dei due ragazzi che vivono in Italia che faranno parte dell’Olympic Refugee Team, composto da atleti riconosciuti dalle Nazioni Unite come rifugiati.

Nel 2022 è arrivato a Roma dall’Iran, attraverso la Turchia: «La situazione è complicata. Ma è il mio Paese, non voglio solo parlarne male. Ero un presentatore tv lì e ho supportato la libertà delle donne nel programma. Da quel giorno non mi hanno più richiamato», afferma lo sportivo. Si è allenato al centro “Giulio Onesti” del Coni, nella Capitale e parteciperà nelle gare di taekwondo nella categoria –58 kg, la stessa dell’oro olimpico di Tokyo Vito Dell’Aquila nel 2021.

Hadi non ama parlare del suo passato ma sottolinea che è stato difficile: «In Iran ho avuto molte medaglie. Ero campione in più competizioni. Poi sono arrivato qui senza nulla, è complesso da sopportare per una sola persona. Mi sono sempre ripetuto che dovevo essere paziente e che i giorni buoni ci sarebbero stati», afferma. 

Prima di partire, si è iscritto all’università di Tor Vergata: «Ho pensato fosse una buona idea continuare con la mia istruzione. Era anche la via più facile per il permesso di soggiorno per motivi di studio». Sono tanti i ragazzi iraniani arrivati in Italia per studiare e così Hadi decide di chiedere aiuto a loro: «Mi sono portato un po’ di soldi ma ho dovuto gestirli bene all’inizio. Quando sono arrivato sono stato per dieci giorni in un bosco. Poi ho chiesto a questi ragazzi che conoscevo se mi potessero aiutare e loro mi hanno trovato un posto-letto. Non ho chiesto nessuna informazione, ho preso e sono andato. Eravamo dieci persone in una piccola stanza». 

Dopo i primi otto mesi in Italia, Hadi continua a pensare al taekwondo: «Sapevo che c’erano molti atleti bravi qui ma non conoscevo nulla». Decide così di scrivere una mail alla federazione italiana, senza ottenere risultati: «Mi sono detto “Hadi, devi cogliere l’occasione” e sono andato di persona nella loro sede. Non avevano ricevuto la mail ma, quando hanno conosciuto la mia storia, mi hanno subito aiutato» precisa, ringraziando il presidente della Federazione Italiana Taekwondo e il ministro dello Sport, Andrea Abodi.

Le Olimpiadi sono sempre state un sogno, che l’Italia gli ha permesso di realizzare: «Le persone sono state molto gentili con me. I miei allenatori e colleghi italiani mi hanno incoraggiato e quindi mi sono candidato. Durante le qualificazioni ho vinto il primo match ma ho perso il secondo. Da quel momento mi sono demotivato e pensavo solo a cosa avrei potuto fare, l’ho chiesto anche al mio psicologo. Mi ha detto che le risposte non si hanno in un giorno ma in tre mesi o dieci anni. La mia, alla fine, è arrivata dopo un mese». 

Nello specifico il 2 maggio 2024, quando il Comitato olimpico internazionale gli comunica di essere tra i trentasei atleti del team rifugiati: «Ho iniziato a piangere perché mi sono ricordato di ciò che avevo sacrificato. Ho perso il mio paese, la mia bandiera e la mia casa. Da quando sono arrivato in Italia mi sono allenato ogni giorno con il team italiano, anche due volte al giorno. I fine settimana o il natale l’ho passato in palestra». 

La prima persona che ha chiamato è stata la mamma, che non abbraccia da due anni: «Ho un rapporto stretto con lei, mi ha detto che la devo chiamare ogni giorno, almeno per un minuto. È l’unica cosa di cui mi pento: ho perso la mia famiglia e non so se potrò tornare a visitarli. Tutte le volte che sono stanco mi concentro su quello che hanno fatto per me». 

Hadi vuole sfruttare al meglio questa occasione: «Non penso solo alle medaglie, perché mi mette pressione addosso. Il mio obiettivo è battere me stesso ogni giorno di più. “Piano piano”, come si dice in Italia. Non sono solo un atleta dei rifugiati, voglio rappresentare tutte le 110 milioni di persone sfollate nel mondo e anche tutti gli iraniani»

Hadi ama «alla follia» l’Italia ma pensa anche all’Iran: «Mi manca il mio Paese. Proprio l’altro giorno stavo pensando “Se dovessi vincere l’oro, che bandiera dovrò sventolare?“»