Esclusiva

Giugno 25 2024
Nuove testimonianze per svelare l’inganno di Ustica

Il nuovo documentario di Sky TG24 a 44 anni dalla strage. L’autore Massimiliano Giannantoni: «Le analisi non mentono. Sul relitto tre segni di urto»

«I dati e le analisi superano le tesi di parte», racconta Massimiliano Giannantoni, giornalista di Sky TG24 e autore di L’inganno di Ustica, documentario-inchiesta uscito il 21 giugno che, con testimonianze inedite, prova a far luce su alcuni aspetti della strage a pochi giorni dall’anniversario dei 44 anni.

La strage e le ipotesi

Sono le 20.59 del 27 giugno 1980 quando il volo di linea IH870 della compagnia Itavia, partito da Bologna con destinazione Palermo con 81 persone a bordo, non risponde più alle chiamate delle torri di controllo di Roma e Punta Raisi. I primi relitti e cadaveri vengono trovati nella notte a circa 110 chilometri a nord dell’isola di Ustica.

La primissima ipotesi è quella del cedimento strutturale dell’aereo, modello DC-9, ma numerose evidenze e indizi la smentiscono presto. Si formano le due linee di pensiero che per circa un decennio divideranno l’opinione pubblica e i magistrati. Se alcuni propendono ancora per una bomba a bordo, prende sempre più forza l’ipotesi della collisione con un missile: nel luglio 1980 viene ritrovato il relitto di un aereo militare Mig 23 libico sui monti della Sila in Calabria.

Le piste che si seguono nel corso degli anni coinvolgono organizzazioni terroristiche, militari stranieri e servizi segreti deviati. Fra 1987 e 1991 viene recuperato circa il 96% del DC-9. I frammenti sono stati ricomposti e dal giugno 2006 sono visitabili nel museo allestito per l’occasione a Bologna. Ancora oggi né tribunali né commissioni parlamentari hanno fatto chiarezza sulle responsabilità.

In un’intervista a Sky TG24 del 2008, l’allora presidente del consiglio e poi Presidente della Repubblica Francesco Cossiga rivela pubblicamente quanto da lui a conoscenza: «I servizi segreti informarono me e il ministro degli Interni Giuliano Amato che erano stati i francesi a lanciare un missile a risonanza in direzione del DC-9». Il tutto, come ribadito a settembre 2023 da Amato, per abbattere due aerei libici su cui si sarebbe trovato il rais Muammar Gheddafi.

Nuove testimonianze per svelare l’inganno di Ustica
Prima pagina di Repubblica del 28 giugno 1980

L’inchiesta di Giannantoni

L’indagine di Sky TG24 riparte da elementi già conosciuti. «Quella sera nei cieli italiani c’era la guerra», dice Massimiliano Giannantoni, riprendendo l’opinione di Rosario Priore, magistrato che per anni si è occupato del caso. Il fatto che in volo vicino al DC-9 ci fossero caccia di Stati Uniti, Francia, Belgio, Germania e Italia è sempre stato negato dall’aeronautica militare, ma confermato dalla Nato. Secondo la testimonianza del maresciallo dell’aeronautica Giuseppe Dioguardi, quella sera in servizio, il Generale Antonio Mura già la mattina dopo parlava di “abbattimento”.

Né una bomba a bordo né un missile, però. «Le perizie del professor Giovanni Brandimarte, esperto esplosivista, e del professor Donato Firrao, docente del Politecnico di Torino», continua Giannantoni, «escludono la presenza di fori interni ed esterni e, soprattutto, non hanno trovato tracce di esplosivo». Il DC-9 sarebbe stato «destrutturato» dal passaggio molto vicino di un altro veicolo o da una collisione. Un avvicinamento improvviso che avrebbe causato un’«inversione del carico alare». «Il DC-9 è arrivato con la fusoliera integra fino al livello del mare», aggiunge il professor Firrao.

Nuove testimonianze per svelare l’inganno di Ustica
Dettaglio della fusoliera ricostruita nel Museo per la Memoria di Ustica a Bologna

«Nell’intervista esclusiva del 2008, il presidente Cossiga», ricorda Giannantoni, «mi rivelò anche del coinvolgimento della Francia», che avrebbe fatto sparire i tracciati radar della base corsa di Solenzara. Ma il giornalista di Sky TG24 non ci vede la prova di un missile francese: «Le analisi non mentono e battono le congetture giornalistiche», commenta, «e sul relitto invece sono visibili almeno tre segni di urto».

Ma chi colpisce l’aereo di linea? «Il 27 giugno la quasi totalità del traffico aereo in quell’area è americano», risponde il giornalista. «Insieme ai pezzi del DC-9 in fondo al mare viene ritrovato un serbatoio di un caccia americano. È come in un incidente stradale dove uno dei due automobilisti fugge dopo aver colpito l’altra vettura e lascia a terra un pezzo di parafango». Insieme al ritrovamento di un casco da pilota della stessa aviazione – poi scomparso negli spostamenti dei reperti fra varie basi e tribunali, ci sono gli elementi per pensare a un caccia americano: «il primo degli inseguitori» di due aerei di Tripoli, nascosti nella scia del volo italiano.

I nuovi elementi

«Scopri il mistero del Mig libico e capirai cosa è successo a Ustica», diceva l’ex presidente del consiglio Giovanni Spadolini. Sul velivolo ritrovato sui monti della Sila, Giannantoni presenta testimonianze uniche. Filippo Di Benedetto, ex caporale dell’esercito italiano faceva parte di una missione segreta per delimitare i resti del caccia già il 28 giugno. «Siamo stati noi a cercarlo», commenta il giornalista, «la testimonianza di Di Benedetto, ritenuto credibile dai magistrati, è fondamentale perché dimostra che il Mig è caduto il 27 giugno e non a luglio», quando i resti vennero fatti ritrovare all’opinione pubblica.

«Il depistaggio è doppio», commenta il giornalista di Sky. «L’Italia non può far scoprire agli alleati che il suo territorio veniva attraversato da caccia nemici». I rapporti fra il nostro paese e Gheddafi erano strettissimi in quegli anni: importavamo petrolio a basso costo dal Paese nordafricano e la LAFICO, società del rais, controllava il 13% delle quote della Fiat. Dall’altro lato, «americani e francesi non potevano far sapere di essere gli autori dell’omicidio di 81 civili innocenti».

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Museo per la Memoria di Ustica a Bologna

Se giustizia sarà fatta

Per la giustizia non ci sono colpevoli. Anche chi si è macchiato di depistaggio ha evitato la condanna per la prescrizione del reato.

«Non credo che inchieste giornalistiche potranno svelare il segreto di Ustica», conclude Giannantoni, «a meno di scoop clamorosi legati a pentimenti in punto di morte». Come quello che racconta di aver avuto Giulio Linguanti, all’epoca nei servizi segreti dell’aeronautica militare: «Per quarantatré anni è stato un tormento, ma adesso che sono vicino ad unirmi alle vittime nell’Aldilà, anziché essere sputato in faccia per aver taciuto, voglio essere applaudito perché ho parlato».