Esclusiva

Luglio 27 2024
Mosca e Minsk senza bandiere ai Giochi di Parigi

Dallo scorso secolo le Olimpiadi sono state influenzate dalla politica. Gli atleti russi e bielorussi non avranno simboli di rappresentanza dei loro paesi

Sì agli atleti russi e bielorussi alle Olimpiadi, ma senza bandiera né inno. Parigi 2024 si avvicina e il Comitato Olimpico Internazionale detta le condizioni: potranno essere al massimo in 54 con il passaporto di Mosca e in 28 con cittadinanza di Minsk – nel 2021 a Tokyo in totale erano oltre 400 – ma tutti esclusi dalla cerimonia d’inaugurazione sulla Senna.

Non è la prima volta che si adottano sanzioni di questo tipo, «In passato gli atleti russi hanno gareggiato  senza simboli nel 2018 e nel 2021, ma già dopo la prima guerra mondiale», ci fu «la prima grande politicizzazione dell’arena olimpica», spiega Nicola Sbetti, storico dello sport dell’Università di Bologna. Allora ci fu «una volontà politica da parte delle potenze vincitrici, Francia e Inghilterra, di escludere i vinti. Dopo la Seconda Guerra Mondiale il Comitato Olimpico Internazionale (Cio), come forma di difesa e per reagire alle tensioni internazionali, rivendicò uno sport libero dalla politica, cosa impossibile», conquistando una parziale autonomia dalle pressioni esterne. Così «quando si ripropone il problema ai Giochi del 1948 a Londra si trova un escamotage un po’ ipocrita ma efficace», vengono ammessi «tutti i paesi che hanno il Comitato Olimpico, lasciando fuori Germania e Giappone occupati militarmente a cui viene impedito di ricostruirlo».

Tornando al presente, «russi e bielorussi sono stati sanzionati dallo sport internazionale fin dal 28 febbraio del 2022», quattro giorni dopo l’invasione dell’Ucraina. Anche in questo caso, «in nome del principio della neutralità dello Sport: il Cremlino non viene escluso perché in guerra, almeno sul piano formale, ma perché insieme alla Bielorussia ha violato la tregua Olimpica», imposta dai Giochi invernali di Pechino appena conclusi. «Un appiglio giuridico giustifica una scelta politica» che il Cio è stato costretto ad accettare «perché altrimenti molti paesi avrebbero smesso di fare sport con i russi». Il vero tema, dunque, è «la necessità di sopravvivere dello sport internazionale. Le organizzazioni cercano di essere universali perché se perdono membri si indeboliscono, possono nascere delle contro Olimpiadi. Da qui l’ulteriore passaggio, la riammissione parziale». Quando è apparso chiaro che la guerra era destinata a durare, si è deciso di dare «la possibilità ai russi di gareggiare individualmente come neutrali, purché non all’interno di gruppi sportivi militari o pubblicamente favorevoli all’invasione. Le sanzioni, perciò, servono alla sopravvivenza del sistema, sono funzionali ad evitare il boicottaggio. Sincere o ipocrite che siano, hanno lo scopo di proteggere soprattutto le stesse istituzioni sportive».

All’Ucraina si è aggiunto un nuovo fronte. Israele per le sue azioni «non sta subendo lo stesso tipo di pressioni anche perché la Palestina a livello diplomatico resta isolata, nonostante dal basso stia arrivando tanta solidarietà. Inoltre, non sta premendo per escludere Israele perché il Cio ha promesso più spazio agli atleti palestinesi, aiuti economici e soprattutto la ricostruzione dello sport a Gaza». Le contestazioni? Dalle prese di posizione dei singoli atleti alle manifestazioni «saranno inevitabili».