Esclusiva

Dicembre 2 2024
Stellantis, «numeri impietosi»: lascia il super manager Tavares

Dietro all’addio del Ceo di Stellantis l’ombra di nuove proiezioni impietose, spiega Paolo Bricco del Sole 24 Ore

Dopo il crollo di profitti e vendite negli Stati Uniti, il top manager Carlos Tavares lascia la guida di Stellantis. La decisione, presa all’unanimità dal consiglio di amministrazione, segue l’annuncio di ottobre: i vertici dell’azienda non rinnovano la fiducia al Ceo – il più pagato dell’industria dell’auto, circa 40 milioni di euro l’anno – alla scadenza naturale del contratto nel 2026. 

Mentre si valutano nuovi nomi, a subentrare a Tavares fino alla nomina del prossimo Ad sarà un comitato esecutivo guidato da John Elkann, che ha già informato personalmente il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la premier Giorgia Meloni. Secondo Paolo Bricco, inviato del Sole 24 Ore, «un amministratore delegato cambiato in corsa senza avere un capo azienda in sostituzione» è la spia di una situazione finanziaria impietosa, con «numeri forse anche peggiori di quello che sappiamo». Dietro alle dimissioni lampo, dunque, ci sarebbero proprio le nuove proiezioni, «su cui ogni azienda ha diritto di riservatezza assoluto», spiega il giornalista che segue le vicende del gruppo per il quotidiano di Confindustria. 

Nel terzo trimestre dell’anno i ricavi di Stellantis erano calati del 27%, con le consegne a livello mondiale crollate del 20% rispetto all’anno precedente. Giù del 17% in Europa e del 36% in Nord America. Dopo l’annuncio delle dimissioni, un nuovo crollo anche in borsa: -8% per il titolo, che da inizio anno ha visto dimezzarsi il suo valore, mentre l’indice della borsa italiana è salito del 10% nel complesso. Intanto, il mondo politico e i sindacati tornano a chiedere all’azienda un piano industriale e occupazionale e a John Elkann di riferire in parlamento.

Dopo il fallimento con Renault, era stato proprio Carlos Tavares nel 2020 a guidare la delicata fusione tra Psa e Fca facendo nascere il gruppo. Nonostante «l’assenza di entrambi sul mercato asiatico», un «matrimonio sulla carta molto razionale», spiega Bricco, «Fca portava in dote le sue vendite in Nord America e Psa i suoi investimenti sull’elettrico». Ma la neonata Stellantis ha dovuto sin da subito fare i conti con uno scenario complesso: la pandemia, la transizione ecologica, il confronto con il governo italiano. Nell’audizione in Parlamento del 11 ottobre scorso, criticata da tutte le forze politiche, Tavares aveva puntato il dito contro «i costi troppo alti dell’energia, in Italia il doppio della Spagna».

I rapporti con il governo italiano non sarebbero destinati a migliorare «per una ragione», prosegue Bricco: «Stellantis ha nell’azionariato in maniera indiretta la mano pubblica francese» – attraverso Bpi con il 6,1% di azioni – «mentre non c’è nulla di riconducibile al pubblico italiano». Da qui il «rapporto privilegiato con il governo di Parigi, con l’Italia ridotta a consociata». Se Elkann con Exor, società di diritto olandese, «ha la maggioranza relativa delle azioni, dall’altro lato c’è un pacchetto azionario francese forte e vicino a lui, che in consiglio esprime un membro in più della componente italiana». Perciò la gestione Tavares in Italia, nei fatti, avrebbe «desertificato tutto». Un esempio? Persino «il centro Maserati a Modena è stato chiuso».

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