Il presidente del Brasile Luiz Inacio “Lula” Da Silva è stato operato d’urgenza per emorragia intracranica dopo una caduta risalente al 19 ottobre scorso. Le sue condizioni sono stabili, ma si trova ancora all’ospedale Siro-Libanese di San Paolo, uno dei più importanti del Sudamerica. Citando fonti mediche, i giornali locali riportano che «sta bene». Lula è stato sottoposto a un intervento chirurgico per drenare un ematoma dopo aver accusato un mal di testa ed è ora sotto osservazione.
Chi è “Lula”, il politico e sindacalista che ha estromesso Bolsonaro
Quando la polizia piombò in casa di Lula negli anni Ottanta, lui era ancora a letto e disse loro: «Sto dormendo, maledetti!». Spiegando, con senso dell’umorismo, che doveva lavarsi i denti e bere un caffè. Un lavoratore metalmeccanico divenuto leader sindacale durante una serie di scioperi che hanno paralizzato il Brasile nel corso della dittatura militare (durata dal 1964 al 1985): questa è la parabola di Luiz Inacio “Lula” Da Silva, in arte “Lula”, un uomo di 1,68 metri noto per lo spirito battagliero.
Esponente del Partito dei lavoratori, il presidente brasiliano è nato nel 1945 a Caetés – nello Stato del Pernambuco – ed è in carica dal 1° gennaio 2023, dopo aver sconfitto al ballottaggio il predecessore ultraconservatore Jair Bolsonaro con il 50,9% dei voti. Lasciata la scuola in quarta elementare, Lula ha svolto vari lavori da giovane: lustrascarpe, venditore ambulante e operaio.
Per molti, nelle classi popolari del Brasile, rappresenta un modello, anche in virtù del suo attivismo nel mondo sindacale. Nel 1978 venne eletto presidente del sindacato dei lavoratori dell’acciaio di Sao Bernardo do Campo e Diadema, le città dove sono concentrate la maggior parte delle industrie automobilistiche nazionali.
Già presidente del Paese latino-americano tra il 2003 e il 2011, l’icona della sinistra verdeoro è nata in una famiglia poverissima di agricoltori, e guida oggi la prima economia del Sudamerica. «Nei primi due mandati presidenziali e in questo ha cercato di mettere in primo piano la lotta alla povertà, senza trascurare il mondo imprenditoriale, ma trovando il giusto bilanciamento», afferma Antonella Mori, analista dell’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale).
«La democrazia è stata la grande vincitrice di queste elezioni», aveva detto Lula alla conquista del terzo mandato, aggiungendo che «il nostro messaggio al Brasile è di speranza e ricostruzione». La sfida era ridurre le disuguaglianze sociali, in uno dei Paesi del pianeta con il più alto coefficiente di Gini, il parametro che misura le differenze tra i redditi.
Per un Paese che lotta contro la deforestazione, come ricorda Mori, «Lula ha scelto come ministra dell’Ambiente Marina Silva, il personaggio più importante in Brasile per la sostenibilità. Il tasso di deforestazione è diminuito molto secondo i rilevamenti satellitari, e il presidente si è proposto per ospitare la Cop del prossimo anno, ha cercato di dimostrare che a livello internazionale sarebbe stato diverso da Bolsonaro». Al tempo stesso, aggiunge, «queste misure non sono risolutive, perché ha anche deciso di ridare spazio all’estrazione di petrolio, ci sono state cose un po’ in contrasto, ma sappiamo che la transizione ecologica non può avvenire troppo velocemente».
L’ex sindacalista si colloca al quinto posto tra i leader più apprezzati al mondo, con il 47% dei brasiliani che approva il suo operato. Per Mori «l’ultimo periodo di crescita ha superato le aspettative, l’inflazione è diminuita e i programmi di sostegno sono stati totalmente riattivati».
La politica estera
Concluso il quadriennio dominato dall’isolazionismo di Bolsonaro, Lula aveva dichiarato che con la sua vittoria alle urne «il Brasile è tornato». La sua è una politica estera pragmatica e autonoma, diversa dal recente passato e all’insegna dell’autonomia. Il Brasile di Lula fa parte dei BRICS, assieme a Russia, India, Cina, Sudafrica, Iran, Etiopia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti, ma dialoga anche con l’Occidente. Alla ricerca di uno spazio di rilievo per la nazione.
«Ha cercato di dare un ruolo importante al Brasile, a livello regionale e internazionale, di dare una forza al Paese, non vuole esser subalterno alla Cina nei Brics, crede nel multipolarismo e nel multilateralismo in cui il Brasile sia un polo politicamente importante», conclude Mori.
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