«L’adesione alla Corte penale internazionale è uno dei requisiti per entrare nell’Unione Europea e la sua indipendenza deve essere difesa a spada tratta». Così Michael McGrath, commissario europeo per la giustizia, i diritti fondamentali e la cittadinanza, ha aperto il dibattito sulla protezione del sistema di giustizia internazionale e delle sue istituzioni. Uno dei più attesi della giornata di martedì 11 febbraio, ma piazzato all’ultimo punto dell’ordine del giorno.
Una discussione che è partita dalle sanzioni firmate dal presidente USA Donald Trump il 6 febbraio contro la Cpi, accusata di «intraprendere azioni illegali contro gli Stati Uniti e il nostro stretto alleato Israele». Rapidamente gli eurodeputati italiani hanno portato la discussione sul caso Almasri, il generale libico su cui pende un mandato d’arresto della Cpi e prima fermato poi rimpatriato dall’Italia.
«Peccato però che i banchi della destra ieri siano stati vuoti», commenta l’eurodeputato del Movimento 5 Stelle Gaetano Pedullà. Per il centrodestra è intervenuto solo un rappresentante a gruppo, con Alessandro Ciriani a portare la voce di Fratelli d’Italia e difendere l’operato del governo di Giorgia Meloni.
«Hanno preferito boicottare il dibattito anziché affrontare a viso aperto le gravi violazioni del diritto internazionale messe in atto dagli Stati Uniti e dal governo italiano», continua Pedullà, che ha chiesto alla Commissione di aprire un indagie per verificare la legittimità della liberazione di Almasri. Troppi gli interrogativi, secondo i pentastellati: «Chi ricatta Giorgia Meloni? Quali patti segreti ha firmato in Libia con il sangue di gente innocente? Cosa ci nasconde? Da chi prende ordini?».
«Provo vergogna», ha detto Brando Benifei del Partito Democratico nel suo intervento, «per la mancata firma italiana alla lettera in difesa della Cpi». Un documento firmato da 79 Paesi membri delle Nazioni Unite, fra cui tutti i membri fondatori della Comunità Europea tranne l’Italia. «Disgusto per chi in campagna elettorale prometteva pene severe per gli scafisti ora rilascia un pluricriminale come Almasri», invece le parole della deputata dei Verdi Benedetta Scuderi.

Protezione della Corte penale internazionale dalle sanzioni di Trump: il dibattito
Nonostante la posizione ferma di Commissione e Consiglio, il Partito Popolare Euorpeo, principale gruppo di maggioranza, ha criticato la politicizzazione della giustizia internazionale, in particolare scagliandosi contro l’«equiparazione della difesa di Israele all’attacco terribile di Hamas». Inoltre, continua la romena Alice Teodorescu Mawe, unica rappresentante del gruppo ad intervenire, «lo Stato ebraico non ha firmato il trattato di Roma, ma la Cpi ha riconosciuto lo Stato di Palestina».
Ancora più duri i Patrioti, che, proprio in virtù della presunta politicizzazione contestata da Trump, hanno chiesto una revisione dei rapporti dell’Unione con le corti internazionali.
Una difesa forte di Cpi e Cig (Corte internazionale di giustizia) e del loro operato è arrivata, invece, dalla sinistra dell’emiciclo. «Mai dalla Seconda Guerra Mondiale abbiamo avuto così tanto bisogno di giustizia internazionale», dice il deputato francese dei Verdi/ALE Mounir Satouri, «e Trump attacca la Cpi, che è diretta erede del Tribunale di Norimberga. E l’Europa cosa fa? Deplora, si rammarica, condanna, ma quando passeremo ai fatti?». La richiesta, che viene anche da Socialisti e Democratici, Renew e the Left è quella di utilizzare lo Statuto di Blocco contro le sanzioni statunitensi.

Statuto di blocco: cos’è?
Noto anche come regolamento di blocco, è un regolamento adottato dalla Comunità Europea nel 1996 e aggiornato nel 2018. Ha l’obiettivo di proteggere le aziende e gli operatori economici europei, comprese le organizzazioni come la Cpi, dagli effetti di sanzioni extraterritoriali emesse da paesi terzi. Lo fa non riconoscendo questi provvedimenti e non attuandoli sul suo territorio e per le persone giuridiche registrate nell’Unione e anche consentendo di chiedere un risarcimento per i danni subiti a chi ha varato le sanzioni.
È uno statuto che, caso strano, ha proprio nei rapporti con gli Stati Uniti la sua origine. Fu istituito per evitare che le sanzioni volute dall’amministrazione Clinton contro Iran, Cuba e Libia potessero danneggiare le società europee che commerciavano con quei Paesi. È stato poi rinnovato nel 2018, quando Donald Trump, alla sua prima presidenza, decide di ritirare gli USA dagli accordi sul nucleare con l’Iran e di reintrodurre delle sanzioni.