C’è chi trova l’amore e chi, invece, un telefono senza fili. Alessio ed Eleonora avevano quattordici anni e ogni giorno alle otto i loro sguardi si incontravano sull’autobus che li portava verso il liceo. Non lo sapevano ma, mattina dopo mattina, in quel tragitto da casa a scuola, i loro corpi interagivano senza toccarsi mai. Quello di lui generava così tanta dopamina da rendergli quel viaggio tanto piacevole da volere che non finisse mai. In quello di lei, la noradrenalina le arrossava le guance ogni volta che si guardavano. Era il risultato della chimica del loro amore. Si scrutavano in un tentativo goffo di conoscersi evitando la pubblica esposizione dei loro sentimenti. Un giorno, guardandola davanti a un distributore automatico di merendine, lui sentì il suo stomaco come “squarciato da un coltello”. Cosa avesse non lo sapeva spiegare con precisone ma solo con delle metafore «un vuoto, proprio al centro della pancia», «una tempesta», «un’emozione pura».
Cosa succede davvero al nostro corpo quando ci innamoriamo? Lo spiega lo psichiatra Luciano Petrillo: «Nell’immaginario comune siamo abituati a pensare che l’amore sia una questione di cuore. In realtà il centro pulsante è il cervello che, in quella condizione, viene invaso da neurotrasmettitori o neurormoni da cui nasce una serie di risposte sia fisiche che psichiche». Ma quando ci innamoriamo, lo facciamo dalla testa ai piedi. Viviamo i sentimenti con tutti noi stessi: «Siamo fatti sia da un sistema nervoso centrale che da uno periferico, diffuso in tutto il corpo. Abbiamo nervi nei polmoni che ci fanno respirare e ci tolgono il respiro quando siamo innamorati. Abbiamo nervi nel cuore, che lo fanno battere più velocemente. Abbiamo nervi nello stomaco e nell’intestino che, come si dice, ci fanno sentire le farfalle nello stomaco».

Essere accecati dall’amore, perdere la testa per qualcuno sono frasi che pronunciamo quasi sempre con incoscienza, ma si tratta in realtà di una sospensione del giudizio razionale. «Il nostro cervello è costituito da diverse aree e alcune vengono definite emotive. Il cervello emotivo è il sistema limbico, le aree analitiche fanno parte del sistema della neocortex. La neocorteccia matura dopo i vent’anni, durante l’adolescenza è molto più espresso il sistema limbico. Per questo motivo, i sentimenti si sentono con una maggiore intensità e audacia rispetto all’età matura. In quel periodo tendiamo a idealizzare la persona che amiamo».
I neurotrasmettitori coinvolti nella diffusione dell’amore sono sempre gli stessi per due adolescenti, come Alessio ed Eleonora, fino ai nostri nonni. I principali responsabili sono la dopamina, la noradrenalina e la serotonina. La prima, detta anche molecola del piacere, ci fa provare gioia, euforia e gratificazione. La seconda innesca le palpitazioni, il rossore al volto e anche spasmi al livello della muscolatura liscia, del sistema respiratorio, del sistema digestivo, che provocano quelle sensazioni strane di fame d’aria, di vuoto e di formicolio. In sintesi, la dopamina è responsabile dell’eccitamento psichico, la noradrenalina dell’eccitamento fisico. I livelli di serotonina, invece, si abbassano come in uno stato depressivo o nel disturbo ossessivo-compulsivo. «Questo ci spiega la ragione biologica per cui la persona innamorata tende a fissarsi sull’oggetto di desiderio – afferma Petrillo – in maniera ossessiva e restringe poi i campi di interesse per tutte le altre attività, che passano in secondo piano per dare spazio ai sentimenti. Tutto ciò ci fa cadere anche nell’ansia, nella tristezza, quando questa persona è assente». Anche se i processi chimici sono gli stessi, non tutti provano le emozioni allo stesso modo.
C’è chi l’amore non lo trova e chi alcuni desideri non li avverte per niente. Anche Alessandro aveva quattordici anni, quando «con altri ragazzini decisi di prendere una videocassetta porno, “Fantastica Moana”. Quindi tutti a casa, a vedere il film. C’è questa scena in cui Moana Pozzi, che era una dea, si alza dalla vasca da bagno. È nuda, si avvicina alla cornetta per parlare e io mi resi conto che aveva il cavo staccato. Chiesi ai miei amici “Come riesce a parlare col filo staccato?”. Loro, in risposta, mi chiesero perché stessi guardando quel dettaglio per loro trascurabile e invisibile». Oggi Alessandro è uno dei fondatori del collettivo Carro di buoi, che dal 2016 si occupa di fare informazione e organizzare attività per persone aromantiche e asessuali.

Essere asessuali vuol dire non provare desiderio fisico nei confronti di nessuno, essere aromantici, invece, significa non avere attrazione romantica per persone di nessun genere. Non si tratta di una limitazione, non c’è nessun sentimento represso da soddisfare o che generi frustrazione. «Non ho interesse nell’avere un rapporto di coppia. È un po’ come essere davanti a un banchetto e non avere fame. E ti senti strano, tutti ti cominciano a dire “Ma allora morirai da solo”. Io penso che si muoia sempre soli. E anche chi muore in un incidente aereo non è che è così contento di morire in compagnia».
Rapporti d’amicizia o, per gli aromatici non asessuali, relazioni solo di tipo sessuale sono possibili e desiderabili. «Ho scoperto di essere asessuale nel 2005 in una trasmissione televisiva che si chiamava Good As You, era una delle prime trasmissioni a tema LGBT in Italia. Ad un certo punto uno di quei ragazzi disse “Esiste chi prova attrazione per persone dello stesso sesso, del sesso opposto e quelli che non vanno con nessuno”. E pensai “Ah quindi si può?”. Trovai il sito di Asexuality Visible Education Network e mi accorsi di non essere solo. Ho cinquant’anni non sono esattamente un ragazzino, ma ho comunque capito dopo molto tempo di non aver bisogno di qualcosa che i miei amici avevano sempre cercato. Parlo della famosa scala relazionale, quella secondo cui due persone si incontrano, si piacciono, si cominciano a frequentare, si sposano, qualcuno dice divorziano, (però questo è un altro discorso) e vivono un amore tradizionale». Essere aromantici o asessuali non denota anaffettività, è solo uno dei tanti modi possibili di vivere i legami. Perché dopamina e serotonina nel loro corpo non impazziscano d’amore non lo si può trovare in un manuale scientifico. Ma, alla fine, come spiega il dottor Petrillo: «L’amore nessuno dovrebbe spiegarlo, perché ogni volta abita nell’irrazionalità. Ogni definizione sarebbe sempre manchevole e parziale. E per questo bisogna restituirgli il suo segreto, il suo mistero, perché c’è sempre del mistero».