Bandiere blu con dodici stelle dorate a cinque punte affollano Piazzale Flaminio alle 13:30 di un sabato di metà marzo a Roma. Vicino alla fermata della metro A i cittadini per l’Europa si mescolano con i tifosi della squadra di rugby dell’Irlanda, che sfida l’Italia allo Stadio olimpico per il Sei Nazioni. Alla manifestazione nella vicina piazza del Popolo – lanciata sulle pagine di la Repubblica dallo scrittore Michele Serra – partecipano donne, uomini e bambini, alcuni in passeggino, altri sulle spalle dei genitori. «Cari europei facciamo l’Europa», si legge nei volantini distribuiti. «Libertà eguaglianza fratellanza europea» recitano alcuni cartelloni. Molti dimostranti chiedono di ridurre le disuguaglianze sociali, tengono in mano il manifesto di Ventotene o ricordano Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni, padri fondatori della comunità europea.
Bandiere della Romania, della Georgia e dell’Ucraina sfiorano in aria il tricolore italiano, i vessilli arcobaleno della pace e i palloncini bianchi. Tra le persone c’è chi come Sabrina si è dipinto la faccia di blu, i sindaci con la fascia tricolore sul petto.

Ognuno ha la propria idea di Europa, a confronto ci sono posizioni differenti su temi come il riarmo e l’esercito comune, in un’epoca in cui la difesa è parte integrante del dibattito quotidiano.
«Questa piazza è il simbolo per eccellenza della difesa della democrazia, oggi dobbiamo difendere qui la libertà di stampa, i principi alla base delle costituzioni europee, che hanno contribuito a costruire un’Europa che deve essere più forte», racconta Edoardo, membro della gioventù federalista europea della sezione di Perugia.
«Per me l’Ucraina è Europa, loro si sentono europei e noi non possiamo fare altro che stargli vicini», aggiunge Lucio, assessore a Nusco, un comune in provincia di Avellino.

Si trova vicino a un’enorme bandiera dell’Europa rivisitata poggiata a terra, un progetto dell’artista Pietro Marino: «È per dimostrare vicinanza all’Europa, è fondamentale che ci stia vicino e che noi le stiamo vicini. Secondo noi il popolo è la tredicesima stella», prosegue Lucio.
«L’Unione Europea è stata creata dagli uomini e per gli uomini, negli anni a venire c’è molto da fare. Non possiamo dare per scontato le cose e c’è bisogno di consapevolezza. Spero in un futuro migliore perché abbiamo creato le basi per averlo», dice Elena, giovane manifestante.
«Questa piazza è un grande punto interrogativo blu» sono le parole dal palco di Michele Serra in apertura dell’evento, mentre scende una pioggia leggera su una folla colorata con gli ombrelli. «L’Europa non è un concetto astratto. Tutti vogliamo la pace ma non c’è pace senza libertà», aggiunge il giornalista. «Giustizia e solidarietà non siano parole vuote», spiega Rachel Saya, giornalista afghana scappata da Kabul nel 2021 dopo il ritorno al potere del regime talebano. Chiede un futuro migliore per le donne e le bambine del suo paese, «una prigione senza sbarre dove i loro sogni vengono soffocati ancor prima di poter nascere».
Le voci sono plurali, come auspicava alla vigilia Serra, parlando di “polis” di confronto. Si ricordano dal palco l’importanza dell’unità, gli effetti nefasti del nazionalismo del passato, il valore dei diritti umani. Le parole più pronunciate: pace, democrazia e libertà.