Esclusiva

Marzo 26 2025
Amore e altri algoritmi. Gli utenti dipendono dalle app

L’uso intenso delle piattaforme di dating sta modificando il modo in cui le persone vivono l’amore con implicazioni per la salute mentale

Rendere razionale l’amore. È ciò che cercano di fare le app di incontri attraverso un algoritmo che suggerisce profili compatibili sulla base delle proprie preferenze. Basta rispondere ad alcune semplici domande al momento dell’iscrizione, iniziare a mettere qualche like, o skippare le foto di chi non è compatibile con i propri gusti. Alcuni studi hanno paragonato il funzionamento di app come Tinder a Netflix: si crea un profilo, si sceglie qualche contenuto da guardare e poi la piattaforma suggerisce titoli basati su quelle che percepisce come le propensioni di chi la utilizza. «L’istinto è quello di aprire l’app ogni minuto, forse per manie di onnipotenza che derivano dal fatto che puoi scegliere tu con chi parlare o chi skippare», ha detto Vittoria che su Hinge ha trovato il suo attuale fidanzato.

La possibilità per l’utente di decidere chi è all’altezza di ciò che sta cercando e chi invece non lo è, spesso, crea dipendenza. Queste piattaforme non sono prive di conseguenze psicologiche: l’uso intenso e compulsivo delle app di dating sta modificando il modo in cui le persone vivono l’amore, la sessualità e l’autostima, con implicazioni significative per la salute mentale. Uno degli aspetti che le rendono così coinvolgenti è il meccanismo della gratificazione immediata. Ogni volta che un utente riceve un match o un messaggio, il cervello rilascia dopamina, il neurotrasmettitore legato al piacere e alla ricompensa.

«Ciò che genera engagement è il sentirsi apprezzato in chat da qualcuno e sapere che sarebbe disposto a incontrarti. A volte, per mancanza di stimoli o per noia, trovi in quella cosa una fonte di endorfine», racconta Daniele, utente di Grindr. Il più delle volte, il rifiuto genera insicurezze sull’aspetto fisico, soprattutto se la propria autostima è già bassa: «Un tizio mi ha bloccato dopo avermi proposto un gioco in cui mi mostravo nudo. Io ingenuamente gli avevo mandato le mie foto e ho avuto l’ansia che potesse usare tutto contro di me per ricattarmi». Quando poi non si riesce ad attirare l’attenzione degli altri utenti, non si viene matchati o si è vittima di ghosting (non si riceve risposta ai messaggi diretti) «ci si sente sostituibili alla velocità della luce».

Uno dei problemi principali delle app di incontri è proprio questo: la quantità potenzialmente infinita di scelta. Gli utenti sono sommersi, sopraffatti da stimoli che generano un senso di profonda irrequietezza: «Mi sentivo un po’ dipendente, avevo tantissimi match. Mi sono ritrovato anche a fare l’abbonamento perché se paghi ti arriva più gente, quindi entri in un circolo vizioso. Spero di uscirne», è la testimonianza di Giulio, che ha scaricato l’app di Tinder dopo la fine di una lunga relazione.

Gli utenti hanno raccontato che si ritrovavano ad utilizzare le piattaforme anche sul posto di lavoro, quando i pensieri «dovevano essere tutt’altri», soltanto per fare qualche skip e richiuderle, o per controllare se avessero ricevuto abbastanza like da potersi considerare desiderabili.

Anche lasciare un “mi piace” nelle app di dating è strategico, bisogna valutare bene a chi, e soprattutto quando. Nelle versioni gratuite di Tinder, per esempio, se ne ha a disposizione un numero limitato. L’esperienza di Roberta testimonia come anche questo aspetto possa creare una sorta di “ansia del like”: «Mi è capitato di aprire la piattaforma con il pensiero che se non avessi sfruttato tutti quelli che avevo a disposizione in un determinato giorno, avrei potuto perdere delle occasioni».  

Come nella vita quotidiana, ci sono tipi diversi di utenti che vivono questa esperienza nei modi più dissimili. Giorgio e Alessandro, rispettivamente proprietari di profili su Tinder e Grindr, non hanno percepito gli effetti della fatigue derivante dal loro utilizzo. «Reputo sbagliato farsi influenzare da quello che gli estranei possano pensare su di te soltanto sulla base di qualche fotografia e di informazioni che potrebbero non essere veritiere, è solo un passatempo», è l’opinione di Giorgio, anche se «conferisce a volte un pensiero distorto della realtà, ma sarebbe un errore pensare che derivi solo da queste app». Se un buon numero degli iscritti a queste piattaforme dice di sentirsi frustrato a seguito di un rifiuto o di un mancato match, Alessandro ha parlato di insoddisfazione e disillusione solo nei casi in cui non sia riuscito a trovare la persona che rispondesse appieno alle sue esigenze: «A un certo punto ho disinstallato tutto perché mi ero annoiato».

Tinder, Bumble, Grindr, Hinge, Meetic. Sono tutti mezzi che facilitano le connessioni tra le persone come tanti altri social network non finalizzati al dating. Nel caso di queste app, però, è più facile alimentare insicurezze derivanti dall’opinione altrui perché basate su immagini e descrizioni brevi che portano gli iscritti a enfatizzare l’aspetto fisico come criterio di selezione. La creazione di una relazione, oggi, avviene in tempi del tutto diversi rispetto al passato, più veloci e più superficiali, e questo cambia il valore che si dà alle persone.

La percezione è che essersi conosciuti online conferisca il diritto di chiudere in modo quasi brutale, senza dare spiegazioni. Roberta, che su Tinder cerca altre donne, è stata spesso utilizzata come esperimento: «Sono stata contattata da donne sposate che volevano solo avere un’esperienza con una persona dello stesso sesso, o da coppie in cerca di un terzo componente casuale per avere rapporti sessuali». Così, attraverso questi mezzi, i legami sono del tutto svalutati e gli utenti riconoscono che instaurare un rapporto con qualcuno solo sulla base dell’aspetto fisico diventa, a lungo termine, tossico e quasi insostenibile. «Se una persona è già insicura, si rischia davvero di accentuare le sue incertezze, arrecando dei danni anche irreversibili. È pericoloso».

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