Esclusiva

Marzo 26 2025.
 
Ultimo aggiornamento: Marzo 27 2025
Lusso e green, la nuova frontiera dell’estetica sostenibile

L’integrazione della bellezza nel luxury favorisce un consumo responsabile che allunga la vita dei prodotti verso durabilità e rispetto ecologico

“La forma della bellezza è fragile”, dal latino forma bonum fragile est. «Abbiamo voluto superare questo limite e dimostrare come la natura effimera dell’estetica può in realtà generare obiettivi di lungo periodo legati alla sostenibilità». Così Cesare Amatulli, professore di marketing all’Università degli studi di Bari e Luiss Guido Carli di Roma, dove si è tenuta una conferenza sul legame tra lusso, sostenibilità e bellezza, racconta come il suo gruppo di ricerca si è approcciato al tema dell’estetica nell’ambito del lusso sostenibile.

«I manager delle aziende luxury hanno sempre sostenuto che il lusso fosse sinonimo di frivolezza, accentuazione, esagerazione, che non fosse sostenibile», esordisce in apertura Matteo De Angelis, delegato per il marketing e l’orientamento della stessa università romana. «Ma è davvero così?», si interrogano su questo De Angelis e Amatulli per la prima volta dieci anni fa, quando cominciano le ricerche che hanno portato alla nascita, nel 2017, del libro Sustainable Luxury Brands. Attraverso un approccio multi-metodo che combina analisi conversazionali, survey, focus group, esperimenti e studi di neuromarketing, arrivano a dimostrare che non solo non è vero che lusso e sostenibilità sono incompatibili ma che, anzi, tra i due concetti c’è un sincretismo, quasi una convergenza.

Il loro progetto ha poi subito delle metamorfosi e portato a un nuovo paradigma: «Nel panorama delineato, abbiamo pensato di introdurre e integrare il ruolo chiave dell’estetica – spiega Amatulli – che diventa elemento foriero della sostenibilità». Ciò significa che l’estetica, tradizionalmente associata all’ostentazione e alla superficialità, può aggiungere valore ai prodotti green ed essere «un catalizzatore di comportamenti virtuosi», specifica Alba D’Aniello, co-autrice del volume di cui sopra. La sostenibilità nel lusso non è solo legata alla capacità di produrre in maniera tale, ma è anche la possibilità da parte delle aziende di rendere più sostenibile l’atto di consumo così da portare a un rafforzamento della durabilità dei prodotti e allungarne il ciclo di vita. Ciò si realizza attraverso il coinvolgimento stesso dei consumatori che agiscono in modo attivo e pratico. Lo scopo ultimo è l’utilizzo di prodotti di lusso per periodi più lunghi.

Nel luxury marketing sopravvive un paradosso che lo rende diverso da quello tradizionale: «La sostenibilità è l’effetto, il risultato dell’estetica del lusso», prosegue Amatulli. Questo accade per la natura complessa e al tempo stesso cristallina del lusso, che è un «trend setter» indipendente dalle dinamicità del mercato. Il suo spirito edonistico, a tratti teatrale e cinematografico, inoltre, coinvolge emotivamente i consumatori.
Altro elemento centrale è l’estro creativo: «Gli artigiani sono artisti che devono possedere un certo senso estetico e la creatività deve tornare al centro dei marchi, bisogna dare tempo e attendere il giusto periodo di incubazione necessario per la produzione di idee». Il punto cruciale è che, se si riescono a gestire le dimensioni della creatività e dell’edonismo, si può rendere il lusso più green attraverso un approccio customer based, con il consumatore al centro di questo meccanismo. Da qui nasce l’analisi sui suoi comportamenti di consumo, che mirano sempre più a realizzare un’esperienza tra lusso e sostenibilità, alla cui base c’è l’estetica che lo guida e influenza. «Ciò che è chiaro dalle nostre ricerche è che l’estetica non dovrà essere vista soltanto come un ornamento, ma come una leva strategica fondamentale per le imprese. La vera bellezza sarà durare nel tempo», conclude D’Aniello. A questo pensiero si collega Eleonora Rizzuto, responsabile della sostenibilità di Bulgari: «Un prodotto di lusso deve avere un’identità che rappresenti continuità oltre la moda e gli eventi, e viene chiamato tale perché dura nel tempo, giustificando il rispetto del lavoro e degli investimenti produttivi».

È intervenuto nel dibattito, di fronte a un’ampia platea di studenti, anche Giuseppe Santoni, CEO di Santoni, brand marchigiano diventato polo d’eccellenza nella produzione di calzature. Anche lui rimarca l’importanza di conciliare il ruolo dell’estetica con il marketing e la sostenibilità, con un’azienda come la sua che rispetta l’ambiente: la produzione di manufatti è arte e «l’arte è una forma di generosità da donare agli altri, una manifestazione del proprio animo che esprime il desiderio di creare bellezza». “La bellezza salverà il mondo?”, d’altronde già se lo chiedeva il celebre scrittore russo Fëdor Dostoevskij.

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