Marine le Pen, leader del partito francese Rassemblement National, è stata giudicata colpevole in primo grado dal Tribunale di Parigi per appropriazione indebita di fondi europei nell’ambito del processo che la vede imputata insieme ad altri 24 compagni di partito. Per la donna è stata dichiarata l’ineleggibilità con esecuzione immediata contro cui la leader del Rassemblement National farà ricorso.
«La notizia era attesa, non è una sorpresa perché l’impianto accusatorio, che si era delineato durante il processo, era stato dimostrato in modo molto chiaro», dice Jean Pierre Darnis consigliere scientifico dello IAI e professore associato all’Università di Nizza Sophia-Antipolis: «La giustizia non è sempre prevedibile, ma da mesi si sapeva che ci sarebbe stata qualche forma di condanna».
I procuratori avevano descritto in maniera dettagliata l’architettura di un sistema che secondo loro era stato preparato dall’allora Front National tra il 2004 e il 2016, che consisteva nell’assumere assistenti parlamentari fittizi per farli poi lavorare per il Fn. «Era Le Pen a prendere le decisioni, il funzionamento del partito ha preso tutta un’altra direzione con il suo arrivo in testa», ha spiegato il pm, secondo cui la leader del Rassemblement National era centrale all’interno del sistema che «mirava a fare del parlamento europeo la sua vacca da latte». Proprio per questo, come commenta Darnis, «ha ricevuto la condanna più alta».
Sulla base di quanto chiarito in tribunale, il sistema elaborato dall’ex Front National avrebbe causato danni per 2,9 milioni di euro al Parlamento europeo. Nello specifico i giudici hanno sottolineato come nel caso di Marine Le Pen, l’appropriazione indebita di fondi europei sia stimata in 474 mila euro.
La notizia è stata subito commentata dal primo ministro ungherese Viktor Orbán che ha scritto su X“Je suis Marine”. Parole di supporto sono arrivate anche da Mosca con il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, che ha accusato l’Europa di voler comprimere le libertà politiche. «In effetti sempre più capitali europee stanno prendendo la strada della violazione delle norme democratiche», ha dichiarato Peskov.
Marine le Pen dunque, se la situazione non dovesse cambiare, non potrà candidarsi alle elezioni presidenziali del 2027. «C’è bisogno di escogitare un piano B, e non uso questa lettera a caso, ma perché parlo di Jordan Bardella, il presidente del Rassemblement National», ha detto.
Bardella, attuale presidente del Rn, al tempo dei fatti era collaboratore parlamentare e non è coinvolto nell’inchiesta, anche se secondo Tristan Berteloot, giornalista di Liberation, aveva contribuito a falsificare dei documenti e a fabbricare delle finte prove per dimostrare il suo lavoro a Strasburgo, mentre lavorava a Parigi per il partito. Bardella aveva smentito queste insinuazioni definendole «un grossolano tentativo di destabilizzazione».
«Il Rn è un partito cesarista, perciò fino ad ora era stato ai margini, ma dobbiamo ricordare che Bardella è un’invenzione di Le Pen, è suo pupillo ed è riuscito ad avere popolarità», continua a spiegare Darnis: «Nelle ultime elezioni politiche non ha brillato per capacità di trascinare, ma adesso il vento potrebbe andare nella sua direzione. Innanzitutto ha un grandissimo vantaggio: non si chiama Le Pen. Certo è parte della famiglia perché la sua compagna è una nipote di Le Pen, però il fatto che sia metà dentro e metà fuori non è male perché c’è stato Jean Marie, poi Marine, poi Marion Maréchal».
Per il professore, ora Bardella potrebbe beneficiare «di un’onda di simpatia di tutti quelli che si stanno riversando contro la magistratura, condannandone lo strapotere. Staremo a vedere le sue prossime mosse».
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