Esclusiva

Aprile 14 2025
Post Mortem: l’anti-spettacolo di Niccolò Contessa

Un album pubblicato dopo nove anni di silenzio, senza preavviso. Il gesto controcorrente de I Cani nell’epoca dell’hype

Senza annunci, senza teaser, senza anteprime stampa, Post Mortem è comparso sulle piattaforme streaming. Un ritorno silenzioso, ma con un peso specifico altissimo: quello del silenzio lungo quasi un decennio di Niccolò Contessa, l’uomo che, assieme a pochi altri, ha scritto le fondamenta della scena indie italiana degli anni Dieci. Nessun fronzolo, nessuna strategia apparente. Solo un disco dal titolo in bilico tra epitaffio e resurrezione. Post Mortem suona come un testamento oppure come un inizio. È un manifesto di coerenza, assenza, resistenza.

Niccolò Contessa non segue gli schemi di un’era dove tutto va preannunciato, pubblicizzato e svelato in largo anticipo. «Come diceva Nanni Moretti, il non esserci si nota. Contessa, nel sottrarsi, fa una grande operazione su di sé» racconta Michele Monina, giornalista e critico musicale. Un disco che è, allo stesso tempo, una sorpresa e una non-sorpresa: perché dietro c’è un gesto in linea con chi lo ha firmato. «Una delle persone più enigmatiche che ci sono nello show business» Parlare di un nuovo disco di Contessa ha finito per assomigliare, nel tempo, al miraggio per la reunion degli Oasis: lo si sperava, ma non lo si dava mai per certo.

Nove anni dopo, I Cani riprendono da dove avevano lasciato. Monina lo nota subito: «Non ho trovato novità, ma ne sono contento» Il sound creato 14 anni fa era così innovativo da risultare attuale anche oggi. Elettronica e momenti acustici, malinconia persistente anche nei brani più ritmati: gli elementi caratteristici ci sono tutti. Un disco che, come osserva il critico, suona contemporaneo ma «poteva anche essere uscito nel 2015». Con Post Mortem emerge però un Contessa più maturo nella sua identità di produttore, che si concede spazi inediti, con un brano strumentale che conferma questa direzione. I testi restano il marchio di fabbrica: fotografie ad alta definizione di un’esistenza filtrata attraverso lenti spesso disilluse. «Ha sempre descritto questa realtà piuttosto cupa in maniera quasi cinica», osserva il giornalista: per quanto musicalmente sia malinconico, non è molto pietoso nei confronti del mondo che racconta.

Un ruolo centrale, quello di Contessa, anche nella definizione dell’indie italiano. È «uno dei due genitori dell’indie», insieme a Dente. Rappresenta quel ponte tra underground e cantautorato che ha cambiato le coordinate della musica italiana. Pubblica per 42 Records, etichetta indipendente distribuita da Sony, ma ha collaborazioni importanti alle spalle. L’indie originale si è poi evoluto (o involuto, secondo i punti di vista) nell’it-pop, definito dal critico come «la deriva commerciale quando si è capito che c’era un mercato.» In questo contesto, I Cani hanno mantenuto una loro autonomia, collaborando anche con nomi come Calcutta e producendo Coez.

La loro assenza prolungata rappresenta un’anomalia in un sistema che premia la presenza costante. «Se stai fermo 9 anni, è evidente che non hai bisogno di lavorare come artista per vivere.» La libertà artistica di Contessa non è un manifesto ideologico, ma il risultato pratico della sua posizione nel mercato musicale contemporaneo.«Oggi viviamo in un’epoca in cui l’apparire e l’apparenza sono esattamente la stessa cosa. Come lui dice in una canzone del disco, oggi dei cantanti sappiamo tutto: dove mangiano, dove vanno in vacanza. Di lui non si sa niente» dice Monina.

In un tempo in cui tutti vogliono essere visti, con trend a scadenza settimanale dalle immagini Ghibli alle action figures, Contessa ha capito che il gesto più radicale è non esserci. Post Mortem riflette  questa postura: una scrittura spietata, una produzione cupa, voci soffocate nel mixaggio, che sembrano quasi sparire. Non è un disco che cerca di piacere, ma uno che esige attenzione, perché Contessa ha scelto di tornare solo quando aveva qualcosa da dire. E lo ha fatto a modo suo.