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Esclusiva

Dicembre 25 2019.
 
Ultimo aggiornamento: Febbraio 19 2020
Una giornata con Pecetto, tra ragazzi e storie di vita

Salopette di jeans, occhiali tondi e lo zucchetto in testa, Silvio Parrello è uno dei ragazzi di vita di Pasolini, poeta e custode della sua memoria. Monteverde, la borgata romana in cui Pier Paolo si trasferì, riaffiora attraverso i suoi occhi e le sue parole.

Qui lo conoscono tutti e tutti lo salutano con un sorriso: «Buongiorno Parre’». All’entrata dei grattacieli di via Falconieri, lungo via di Donna Olimpia e a Villa Pamphili «che prima delle Olimpiadi era chiusa e ci andavamo a rubbà la frutta ai contadini» i passanti gli fanno un cenno col capo, quel gesto di riconoscimento che si fa agli amici già visti poco prima.

Nella piazza dove c’era il campetto da calcio Fabrizio lo aspetta «per la sua seduta psicologica della settimana», dice scherzando. Anche Fabbrì è un ragazzo di vita, troppo giovane per aver conosciuto Pier Paolo Pasolini che tra il 1954 ed il ’63 abitò nel quartiere con la mamma. 

Al bar quando Silvio entra c’è già pronto il caffè macchiato sul bancone. Silvio Parrello, 76 anni, poeta e pittore, vive a Monteverde dal 1948. Una borgata romana particolare che tanto affascinò Pasolini con i suoi Palazzoni popolari del ’37, il ferrobedò ed il campetto da pallone in cui «Pier Paolo si trasformava – ricorda Silvio – e da intellettuale raffinato diventava uno di noi. Quando è uscito il romanzo però gli volevamo menà, i ragazzi più grandi si erano organizzati, ma poi hanno capito che almeno lui ci aveva preso in considerazione, aveva inteso i problemi del quartiere, li ha raccontati. Io Ragazzi di Vita lo so a memoria», dice un attimo prima di iniziare a recitare tutta la prima pagina con una forte cadenza romana, ma perfettamente.

L’ingresso dello studio di Silvio, Pecetto nel Romanzo « da mio padre che faceva il calzolaio e lo chiamavano Pecione perché utilizzava la pece per impastare lo spago con cui faceva le suole delle scarpe » è pieno di pagine di giornale e di foto di Pier Paolo tra cui la celebre immagine scattata da Dino Pedriali pochi giorni prima della morte.

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L’ingresso dello Scrittoio di Silvio Parrello, in via Ozanam, nel quartiere Monteverde di Roma. Sopra, Silvio Parrello nel suo studio.

 

Dentro, appesi o appoggiati alle pareti, ci sono i suoi quadri di tutte le dimensioni. D’impatto ricordano Chagall ma la pennellata sferica viene da Armando Pinci, esponente della scuola romana e suo grande maestro. «Tutto se pò dì della mia pittura ma non che non ho personalità», afferma Silvio fiero. E poi ci sono i libri, tantissimi libri che parlano di Silvio e di Pier Paolo, una macchina da scrivere rossa Olivetti «che non uso perché io scrivo a mano – continua il poeta – la tengo perché è come quella che usava Pasolini», e poi un archivio infinito di foto che raccontano Monteverde, com’era e com’è.

La luce è sempre fioca nel studio, anche di mattina presto, PPP (Parrello, Poeta e Pittore)  è seduto sulla sedia in legno di fronte a un grande quadro, con il pennello in mano ed il sigaro in bocca. Passa Bruno a salutare, il fratello di Oberdan che fu estratto vivo della macerie della scuola elementare Franceschi dopo tre giorni.

Silvio abita a pochi passi dal suo studio di via Ozanam, ai Grattacieli di Donna Olimpia. Vi si trasferì nel 1951, dopo il crollo della scuola Franceschi in cui viveva provvisoriamente con la sua famiglia per via delle lesioni alla vecchia casa dovute ai bombardamenti di San Lorenzo. «Dopo il crollo della Franceschi – racconta Parrello – tutti i capofamiglia si incontrarono e decisero di invadere la struttura di fronte: il palazzone in cui abito ora. L’ultimo dei tre blocchi di case popolari che stava proprio per essere terminato».

Silvio Parrello nel suo studio
Silvio Parrello nel soggiorno della sua casa, circondato dai quadri appesi alle pareti.

 

La sua casa è ancora quella da più di sessant’anni, si affaccia sull’enorme cortile del palazzone popolare, condiviso con centinaia di altre finestre dalle quali pendono i panni messi a stendere. Dentro, il tavolo della cucina è pieno di panettoni e pacchi natalizi: «A me me vengono a trova’ tutti, che ce voi fa? Oggi, ad esempio, a pranzo sono stato all’osteria con David Grieco, il regista de La Macchinazione, siamo amici». Il film rimette in discussione la misteriosa morte di Pier Paolo Pasolini, quel 2 novembre 1975, all’idroscalo di Ostia. «È grazie alle scoperte che ho fatto io che si sono fatte strada nuove ipotesi sulla morte di Pier Paolo. Lui frequentava il Pelosi già da qualche mese – continua Parrello – non era mica la prima volta, e l’Alfa che ha ucciso Pasolini non era la sua ma una uguale». Non si è dato pace, e da anni indaga sulle reali motivazioni che avrebbero portato all’assassinio di Pasolini: «Sapeva troppo ma non aveva le prove. Eppure io ho capito chi sono i veri mandanti dell’omicidio ma non posso dire niente finché non non avrò le prove», confessa un attimo prima di iniziare a recitare a memoria Il Romanzo delle Stragi, senza interrompersi per sedici minuti. « Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974…».

Silvio non ricorda soltanto gli scritti di Pasolini, Alì dagli Occhi azzurri, La Ballata delle Madri, Il pianto della Scavatrice, anche un numero inafferrabile di sue poesie che iniziò a scrivere intorno ai sedici anni e non ha terminato più. Scrive di getto, quando gli viene l’ispirazione e tratta anche cose che non sa. «Mi vengono in testa, oppure in sogno ed io le scrivo. Ho scritto della fondazione di Roma, di Dio, dell’universo. Magari le mie sono solo ipotesi basate sulle leggende, ma nelle leggende c’è sempre un pizzico di verità, o magari invece c’ero anche io quando hanno fondato Roma solo che non me lo ricordo. E chi ce lo dice a noi? » dice Parrello mentre contagia tutti i presenti con la sua risata genuina ed orgogliosa, nasconde gli occhi dietro i piccoli occhiali tondi e le mani sono infilate nelle tasche della sua salopette di jeans.

Grattacieli Donna Olimpia
I palazzoni di Donna Olimpia, parte dell’ambientazione di Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini. Dall’archivio fotografico di Silvio Parrello.

 

Silvio nasce poeta e diventa pittore solo dopo aver incontrato un’artista finlandese in visita a Roma, tanti anni fa. E’ stato calzolaio, muratore, restauratore, ha avuto una corrispondenza privata con la Regina Paola del Belgio e si è scambiato lettere con il Papa e con Madre Teresa. Tira fuori una storia nuova ad ogni passo e non lascia al silenzio neanche un minuto, tra i ricordi di gioventù, gli aneddoti, le spiegazioni storiche, le divagazioni filosofiche e le poesie. A Monteverde lo conoscono tutti perché per tutti è la memoria storica del quartiere e si dà da fare ogni giorno per tenere vivo e alto il nome del grande Pier Paolo Pasolini.