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Esclusiva

Dicembre 28 2019
La resistenza culinaria di Riccardo e Luigi

Due giovani chef passati dal ristorante stellato al mercato rionale, in fuga dallo stress e dai ritmi intensi. Hanno ancora in testa l’alta cucina, ma il mercato è un’oasi in cui ritrovano la vera essenza della ristorazione: tradizione, semplicità e passione.

Se si esce da Piazza del Popolo e si percorrono i binari di via Flaminia, sulla destra c’è un tipico mercato rionale, difficile da notare se quella via non la si percorre tutti i giorni. All’ora di pranzo non c’è quasi nessuno: commercianti e clienti se ne vanno a pranzo, ma in fondo c’è una fila di persone davanti ad un piccolissimo ristorante che spicca per gli esterni in verde: il Gramigna.

Nell’insegna, sotto al nome del locale, c’è scritto “Resistenza culinaria”. Ci vuole un attimo per capire che dietro al piccolo ristorante si nasconde una visione, un’idea.
Sulla parete esterna c’è il menù, i piatti sono quelli della tradizione romana: carbonara, gricia, cacio e pepe. In cucina ci sono due giovani sulla trentina, li si sente chiacchierare mentre si aspetta il cibo seduti sui tavolini riparati da una piccola tettoia. Sono Luigi Margoni e Riccardo Pacifico, cuochi e proprietari del locale. Prima di aprire un anno fa lavoravano insieme nell’alta cucina, un ambiente pieno di stress e competizione, dove perfino stringere amicizia con un collega è un evento raro. «Ora invece le giornate passano veloci – dice Luigi, mentre si prende due minuti di riposo a fine servizio – qui c’è un ambiente più familiare, giochiamo con gli ingredienti, con la stagionalità». Del resto, lo stress dell’alta cucina è la prima cosa che finisce nel piatto. «Uno chef – aggiunge Riccardo – deve mettere amore in quello che fa, con quindici ore di lavoro al giorno quest’amore  comincia ad affievolirsi».

È insolito che due ragazzi provenienti dall’alta ristorazione, la massima aspirazione di chi lavora in questo campo, decidano di aprire una cucina dentro un mercato rionale. Eppure basta assaggiare le loro mezze maniche per capire che dietro il Gramigna c’è un’idea di ristorazione fuori dagli schemi. «Adesso vogliono fa’ tutti i cuochi – continua Luigi con tipico accento romanesco – In Italia abbiamo perso la direzione, quello che vogliamo fare noi invece è “resistenza culinaria”: cucina tradizionale, semplice e riconoscibile. Il tutto ritornando al mercato, che è stato l’epicentro della nouvelle cusine». Si, perché il mercato ha un ruolo centrale nella cucina di Riccardo e Luigi: «Tutti i giorni andiamo al banco della frutta davanti, quello che possiamo lo prendiamo, abbiamo conti aperti con tutti qui”.

La gricia arriva in tavola dentro un piatto biodegradabile, l’attenzione per l’ambiente è fondamentale. Raccolta differenziata e riuso, anche il tendone che pende dalla tettoia è la vela di una barca fatta tagliare e riadattata. «Preferiamo rinunciare ad una parte di guadagno piuttosto che inquinare. Nel mondo le risorse sono scarse e anche noi dobbiamo fare la nostra parte».

La cucina del Gramigna rimane impressa nonostante la frugalità. «Prima concreti e poi poeti», è il mantra dei due chef. Un motto che guida lo spirito del locale. Se lo ripetono a fine pausa, prima di rientrare per sistemare le ultime cose, quasi a ribadire la soddisfazione per un’altra giornata passata in un baleno.