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Esclusiva

Gennaio 13 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Marzo 25 2021
L’infinita fuga di Marco

Il 13 gennaio 2020 Marco Pantani avrebbe compiuto cinquant’anni. A sedici anni dalla sua morte, il “Pirata” è rimasto nel cuore degli appassionati.

 

«Vado così forte in salita per abbreviare la mia agonia». Così parlò il “Pirata” in un’intervista rilasciata al giornalista Gianni Mura de La Repubblica. C’era tutto Marco Pantani in quella risposta. Schietto, conciso, mai banale. Nato a Cesena il 13 gennaio del 1970, oggi avrebbe compiuto cinquant’anni. Romagnolo di Cesenatico, la sua popolarità esplose al Giro d’Italia del 1994. Nella quindicesima tappa, la Merano-Aprica del 5 giugno, sulle arcigne pendenze del Passo del Mortirolo nacque il mito dell’esile corridore dai radi capelli e dalle orecchie pronunciate, capace di staccare di ruota lo spagnolo Miguel Indurain, il più forte ciclista del decennio. Per gli appassionati fu un vero e proprio colpo di fulmine. Bandana, orecchino e pizzetto, negli anni successivi Marco si sarebbe involato sulle salite “monumento” del ciclismo, riscrivendone la storia, tra due ali di folla. Il suo look avrebbe fatto tendenza, superando i confini sportivi e divenendo un vero e proprio modello di stile.

Nonostante una carriera costellata da imprevisti e seri infortuni, le sue imprese rimangono memorabili. Come quel 27 luglio 1998, giorno del capolavoro “in giallo”. Fu il radiocronista Adriano De Zan, con voce rotta dall’emozione, a raccontare lo scatto che sul Col du Galibier cambiò la storia della Grand Boucle e lanciò il “Pirata” in trionfo sui Campi Elisi, nel magico anno della doppietta Giro-Tour. Fu l’ultimo corridore in grado di centrarla nella stessa stagione.

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La sorte beffarda volle che l’adorato Mortirolo non venisse più affrontato dallo scalatore romagnolo. Il destino bussò alla sua porta cinque anni dopo la tappa che lo rivelò al mondo, chiudendo un grottesco e tragico cerchio. Sebbene fosse previsto nell’altimetria del percorso, il 5 giugno 1999 Pantani non arrivò mai alle pendici della salita. In maglia di leader e a un passo dalla seconda affermazione nella Corsa Rosa, alla vigilia della partenza venne escluso per motivi cautelari, a causa del valore di ematocrito sopra la soglia consentita. Il decesso sportivo del corridore si consumò quella mattina a Madonna di Campiglio. Nonostante il mancato riscontro di sostanze dopanti nei successivi accertamenti, il “Pirata” venne travolto dal massacro mediatico. Ferito nel profondo, incapace di reagire, iniziò un lungo e logorante viaggio senza ritorno, sino alla conclusiva spirale di depressione e cocaina.

Marco morì il giorno di San Valentino di sedici anni fa, appena trentaquattrenne, in un residence di Rimini. La sua prematura scomparsa spezzò il cuore di migliaia di tifosi, ma non il loro amore. L’eroe del pedale sarebbe diventato leggenda, continuando a vivere nel ricordo dei suoi scatti e delle adorate montagne. Il nome, scritto in gesso centinaia di volte sulle salite, racconta un legame mai interrotto con chi per ore lo aspettava dietro un tornante, fiducioso che presto si sarebbe alzato sui pedali, staccando tutti.