Mesi di attesa. Poi la decisione, arrivata all’unanimità. Nella seduta di venerdì 17 gennaio, Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera all’istituzione del Dantedì, il giorno dedicato alla memoria e alla celebrazione dell’opera di Dante Alighieri. Sarà il 25 marzo, data riconosciuta dagli studiosi come plausibile inizio dell’affascinante viaggio della Commedia.
Per i settecento anni dalla morte del poeta sono già previste, nel 2021, diverse iniziative che coinvolgeranno studiosi ed esperti internazionali. Il Dantedì parte però «dall’idea di far conoscere Dante, soprattutto quello della Commedia, a tutti» spiega Luca Serianni, storico della lingua e vicepresidente della Società Dante Alighieri.
«Per far questo – continua Serianni – penso a due iniziative facilmente realizzabili. Nelle scuole si potrebbero organizzare percorsi, gestiti dai ragazzi opportunamente guidati dai docenti, che coinvolgano anche la musica e le immagini. Per gli adulti, non necessariamente colti, si potrebbero proporre incontri alla scoperta dei canti meno noti del poema in piccoli centri di provincia. Mi piacerebbe che si parlasse del Dante delle Malebolge o degli echi dell’amore terreno nel Paradiso non ai cittadini di Firenze, Ravenna o Roma, città che sono già sede di varie iniziative, ma a quelli di Schio, Umbertide, San Severo, Marsala, Oristano. Darei subito la mia disponibilità personale per un’iniziativa del genere».
Nato a Firenze nel 1265, Dante è considerato il padre della lingua italiana. La sua Commedia, divenuta poi Divina grazie ad una fortunata definizione di Giovanni Boccaccio, è una delle opere più note della letteratura mondiale: conoscerla e comprenderne il significato è un’impresa dalla portata eccezionale. Proprio questa è la sfida del Dantedì: avvicinare, in modo semplice ed efficace, il poeta fiorentino alla collettività.
A presentare la mozione alla Camera, la scorsa estate, era stato Michele Nitti (M5S): la sua era stata un’idea vincente fin da subito anche perché in grado di generare il consenso unanime dei deputati. E «in un momento di forte contrapposizione, quasi pregiudiziale, è positivo che il Parlamento sia stato compatto nell’affermare che Dante è un patrimonio comune, che prescinde dall’appartenenza partitica e dalle convenienze elettorali», aggiunge Serianni.
Con la stesura della Commedia, Dante ha cambiato per sempre, in un sol colpo, il destino della letteratura e della lingua italiana. «Ha dato cittadinanza a un insieme lessicale che fino a quel punto non esisteva nella tradizione scritta e ha creato un certo numero di parole o di accezioni. Ha inventato un metro, la “terzina dantesca”, che salda in unità la straordinaria figurazione del viaggio ultraterreno. Pur avendo conosciuto varia fortuna nel corso dei secoli, Dante è stato sempre presente, magari solo superficialmente, nella memoria di chi sapeva l’italiano: riconoscerne e rinnovarne il significato, anche oggi, è quanto mai opportuno, persino dal punto di vista identitario», conclude Serianni. E a quasi settecento anni dalla scomparsa, il Dantedì è il regalo perfetto alla sua memoria e alla nostra identità.