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Esclusiva

Gennaio 27 2020
«Coronavirus, un futuro non ancora prevedibile». Parla Alessandro Vespignani

L’epidemiologia computazionale sfrutta i dati per creare nuove conoscenze e modelli quantitativi nelle scienze sociali. Come si applica all’epidemia di Coronavirus che sta spaventando il mondo? Il parere dell’esperto in predizioni scientifiche

È complessa e in rapida evoluzione l’emergenza Coronavirus in Cina. Circa ottanta i decessi su quasi duemilaottocento casi di contagio confermati. Cifre destinate ad aumentare nelle prossime ore. Pechino ha adottato misure di sicurezza imponenti, con intere città poste in quarantena, all’interno di cordoni sanitari che hanno isolato più di quaranta milioni di persone. Chiusi aeroporti, luoghi pubblici, siti archeologici e mercati di animali selvatici, ritenuti il serbatoio dell’infezione. Numerose le nazioni coinvolte nel resto del mondo: in Vietnam il primo caso di trasmissione da uomo a uomo al di fuori dei confini cinesi. Il virus è sbarcato anche in Europa: in Francia i primi tre contagi accertati.

L’Italia si prepara ad una eventuale emergenza con controlli negli scali sui voli. All’Istituto Nazionale Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma da giorni è stata messa a punto la procedura per affrontare il possibile arrivo dell’agente patogeno 2019-nCoV, le cui caratteristiche iniziano gradualmente a delinearsi. Il ministro della Commissione sanitaria nazionale di Pechino Ma Xiaowe, nonostante le informazioni ancora parziali, ritiene rinforzata la capacità di diffusione del Coronavirus, in grado di trasmettersi anche durante i 14 giorni di incubazione, diversamente da quello responsabile della SARS nel 2003.

«Vedere per prevedere, prevedere per provvedere» sosteneva il filosofo Auguste Comte, considerato il padre del Positivismo. È questo l’obiettivo dell’epidemiologia computazionale, la disciplina che si occupa di fare previsioni sull’evoluzione dei contagi e l’andamento delle epidemie di patologie infettive, mediante tecniche matematiche ed informatiche.

Reporter Nuovo ha intervistato Alessandro Vespignani, tra i più quotati e riconosciuti esperti nel campo delle predizioni scientifiche a livello mondiale. Cinquantaquattrenne professore di Fisica e Informatica alla Northeastern University di Boston, dove dirige anche il Network Science Institute, è fellow dell’American Physical Society dell’Institute for Quantitative Social Science alla Harvard University e membro dell’Academia Europaea. Nel suo libro “L’algoritmo e l’oracolo” , edito da il Saggiatore nel 2019, Vespignani afferma che sin dall’antichità l’uomo ha tentato di contenere il futuro all’interno di regole matematiche e scientifiche, in quanto sedotto dalla forma più raffinata di controllo: il potere delle previsioni. Inoltre, lo scienziato racconta il contributo del suo team nella battaglia all’epidemia di Ebola del 2014 originata dalla Guinea, grazie allo sviluppo di sofisticati algoritmi, modelli numerici e simulazioni per prevederne l’evoluzione.

Alessandro Vespignani
Alessandro Vespignani

Professore, quali sono le principali differenze tra l’attuale epidemia di Coronavirus e quella di Ebola del 2014?

«Sono malattie completamente differenti, con diverse modalità di contagio. Per quanto riguarda il Coronavirus la trasmissione avviene per via aerea, mentre nella malattia da virus Ebola è per contatto interumano diretto (con organi, sangue e altri fluidi biologici di soggetti infetti vivi o morti) ed indiretto (con ambienti contaminati da tali fluidi). In virtù di questo, nonostante sia caratterizzato da un elevatissimo tasso di mortalità, è più difficile che possa provocare una epidemia occidentale e rimane circoscritto nelle regioni d’origine. Al contrario, il 2019-nCoV può migrare in tutto il globo, grazie ad una velocità di diffusione maggiore e un patrimonio di virulenza tuttora inesplorato. Inoltre, possiede ulteriori due caratteristiche: i sintomi aspecifici e la concomitanza con il picco influenzale annuale. Entrambi questi fattori possono ritardare la diagnosi».

Come reputa i provvedimenti presi dalle autorità cinesi e l’atteggiamento della Organizzazione Mondiale della Sanità?

«Credo che i vertici nazionali ed internazionali si siano mossi con estrema tempestività. Basti pensare che i primi meeting fra esperti sulla trasmissibilità interumana si sono tenuti circa dieci giorni fa, quando le informazioni su questo nuovo nemico erano decisamente scarse. È piuttosto delicato prendere decisioni di tale portata. Ritengo sia stato opportuno mettere in quarantena le metropoli epicentro dell’infezione. La Cina è una potenza mondiale che possiede i mezzi per gestire la situazione. Al contrario, in occasione dell’epidemia di Ebola del 2014, il blocco del traffico aereo rischiava di creare problemi per portare sul posto volontari e infrastrutture, rallentando gli interventi in un paese privo delle risorse necessarie quale l’Africa. Tuttavia va precisato che la quarantena di aree con svariati milioni di persone non è un provvedimento idoneo a lungo termine: se l’epidemia continua, il numero di casi potrebbe diventare ingestibile. Occorre attuare strategie locali parallele. Stiamo correndo veloci. Purtroppo anche il virus ha un bel passo».

 

Quali sono gli scenari futuri dell’epidemia?

«Difficile rispondere. Ad oggi non abbiamo abbastanza informazioni sull’eziologia della malattia. La sequenza genomica del patogeno ci mostra una similitudine con quella del virus della SARS. Anche il corteo sintomatologico sembra sovrapponibile. Al momento le nostre previsioni sono basate sulla rete di mobilità e non sulla trasmissibilità interumana. Stiamo utilizzando modelli di “situational awarness”, che proiettano il loro stato dopo la modificazione di alcune variabili (ad esempio le strategie attuate dalle autorità cinesi). In questo modo è possibile stimare un numero di casi fino a dieci volte maggiore rispetto alle stime ufficiali, ma non si tratta ancora di previsioni. Sapremo proiettarci verso il futuro solamente fra qualche giorno, quando disporremo di dati più certi ed i numeri statistici saranno sufficientemente solidi da essere inseriti in algoritmi predittivi. Finalmente conosceremo il terreno su cui si giocherà la partita. È necessario ribadire che si tratta di analisi probabilistiche, come le previsioni del tempo. Bisogna diffidare dei lavori senza errori o intervalli di confidenza propinati sul web. Il mio team lavora in maniera onesta, con le incertezze di sistemi molto complessi e su scenari che cambiano molto velocemente. Quando usiamo l’intelligenza artificiale in modo predittivo per i sistemi sociali dobbiamo essere eccezionalmente cauti».