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Esclusiva

Febbraio 6 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Gennaio 7 2021
Addio a Kirk Douglas, un mito fuori dal suo tempo

Personaggio poliedrico e impegnato nel sociale, Kirk Douglas è stato un’icona hollywoodiana. Roberto Silvestri, critico cinematografico: «definì Kubrik uno stronzo di talento»

Kirk Douglas è morto. Il grande attore statunitense aveva 103 anni. Fossetta sul mento, sguardo penetrante e fisico atletico è stato una leggenda del cinema hollywoodiano, sempre in prima linea nella battaglia per affermare i più alti valori della democrazia.

Novanta film e un Oscar alla carriera nel 1996. Nato da immigrati ebrei bielorussi il 9 dicembre 1916 ad Amsterdam – nello stato di New York – con il nome di Issur Demsky Danielovitch, Kirk Douglas si era laureato in lettere e successivamente aveva frequentato l’Accademia americana di arti drammatiche. Per via del nome di battesimo difficile da pronunciare, aveva scelto di chiamarsi come il suo fumetto preferito, abbinando il cognome dell’insegnante di dizione. L’esordio nel 1946, con  Lo strano amore di Marta Ivers, cui avrebbero fatto seguito numerosi successi, da Ulisse a Sfida all’Ok Corral, da 20.000 leghe sotto i mari a Spartacus, diretto da Stanley Kubrick.

Roberto Silvestri, importante giornalista e critico cinematografico, lo definisce come «un innovatore coraggioso, apertamente schierato in favore della libertà».

Roberto Silvestri, quando nasce il mito di Kirk Douglas?

«Partirei dalla sua autobiografia “Il figlio del venditore di stracci”, uscita nel 1988, che racconta la dura infanzia di un giovane ebreo. Veniva picchiato dal padre, pativa la fame, la povertà e doveva lottare per non farsi massacrare di botte dai vicini di quartiere, a causa delle proprie origini. Una specie di università della vita. Assieme a Paul Muni e John Garfield compose la “triade” di attori rappresentativa sul grande schermo del maschio duro e forte, un personaggio di solito affidato agli WASP (White Anglo-Saxons Protestant) cristiani. Basti pensare che tutti e tre dovettero cambiare il loro nome e renderlo anglofono.

Come altri grandi artisti della sua generazione (Monty Cliff, Marlon Brando, Cary Grant), Kirk Douglas proveniva dal teatro. Fu uno dei primi a rompere con il sistema tayloristico di lavorazione nel mondo del cinema, considerato umiliante per scrittori ed attori, cercando una propria indipendenza. In un periodo storico di grande cambiamento, in cui la televisione si espandeva e nascevano i kolossal, divenne uno dei primi attori-produttori del cinema americano degli anni Cinquanta, approfittando anche di una favorevole sentenza della Corte Suprema del 1948 contro il monopolio della distribuzione e dell’esercizio delle sale cinematografiche».

Che personaggio era dentro e fuori dal set?

«Kirk Douglas ha sempre preso posizioni forti sulle problematiche della democrazia americana. Grande filantropo, era a favore dei più bisognosi. Per esempio, l’intero incasso della prima di Spartacus venne devoluto per raccogliere fondi in favore di un ospedale di Los Angeles. Era amico di John Fitzgerald Kennedy, Frank Sinatra e Dean Martin. Fervente democratico, si schierò a favore di Dalton Trumbo, che era finito sulla “lista nera” anticomunista.  Inoltre, sono recenti le polemiche con Trump, paragonato ad Hitler.

Anche in ambito lavorativo non lesinava critiche. Definiva Kubrik uno “stronzo di talento”, accusandolo di opportunismo quando volle appropriarsi della sceneggiatura di Spartacus fatta da Trumbo. Douglas affermava che, se il copione di Orizzonti di gloria non fosse stato da lui stesso revisionato, il brillante regista non avrebbe mai raggiunto fama e notorietà. Per Kubrik la collaborazione con l’attore fu di fondamentale importanza. I suoi primi tre film, infatti, furono sotto contratto della compagnia di Kirk, la Bryna Productions.

Kirk Douglas fu un innovatore, un individuo profondo e con idee coraggiose. Nel film Spartacus la scena con Cassio e Antonino venne censurata, in quanto mostrava una seduzione omosessuale. Amava la “femminilità” degli uomini. Il grande cielo fu un film di grande impatto rispetto al codice Hays di produzione censoria imposto dagli anni Trenta, perché raccontava dell’amore tra uomini, non in termini di sessualità, ma come complicità ed amicizia “virile”. Il grande attore era anche cool e al passo con i tempi. Sul set di Spartacus volle Jay Sebring, il parrucchiere che inventò il look con i capelli a spazzola e il codino, tipico degli anni Ottanta,  che curava le capigliature di importanti personalità, fra cui Jim Morrison, Warren Beatty e Steve McQueen».

 Quale film rappresenta maggiormente Kirk Douglas?

«L’uomo senza paura. Il protagonista della storia è il manifesto dell’individualismo democratico americano, dell’odio per le frontiere e le barriere. In Clint Eastwood, nonostante la diversa posizione politica, intravedo il suo erede, perché difende gli stessi grandi valori attraverso personaggi duri ma positivi».