Quando la pinza meccanica entra in funzione e rompe la balaustra dell’appartamento in alto, giù in strada parte l’applauso. Una schiera di cellulari si alza per riprendere quello che succede: video e foto da guardare e riguardare nei prossimi giorni. Non bisogna perdere nemmeno un istante.
È il primo passo verso l’abbattimento della Vela verde, nel quartiere di Scampia, a Napoli. Il mare non è troppo lontano e le Vele, così si chiamano i quattro palazzi di cemento che tanto hanno segnato la fisionomia del quartiere, lo evocano con la loro forma e l’intonaco bianco, diventato nei decenni sempre più sporco, sempre più insopportabile per chi vive qui.
Secondo i piani del Comune, ci vorranno quaranta giorni per buttare giù la Vela. Restart Scampia è il nome del progetto che promette la rinascita e che ha già permesso ad alcune persone che abitavano nell’edificio di avere una casa nuova.
Patty si è portata il caffè appresso in un bicchierino di plastica. Lo beve mentre guarda i calcinacci che cadono e i pezzi di muro che si staccano. Qualcuno ha messo la mascherina per non respirare la polvere e l’amianto che negli anni è finito negli appartamenti insieme alle famiglie. Due ragazze more si mettono in posa e si scattano un selfie con le ruspe sullo sfondo.
Per tanti l’abbattimento della Vela è il segno che qualcosa si sta muovendo, che un’altra vita per Scampia è possibile. “Non siamo Gomorra”, è la scritta che campeggia su un muro. Chi abita alle Vele non si riconosce nell’immagine che il film ha restituito del quartiere. Da tempo alle vele non si spaccia più droga, la piazza si è spostata altrove. Sono alle spalle gli anni più bui, quelli delle faide, che hanno toccato l’apice nel 2004. Nelle parole delle persone c’è la speranza e la determinazione a voltare finalmente pagina. Distruggere per ricostruire.
Al settimo piano della Vela azzurra, Maria spera che un giorno anche il suo palazzo sia distrutto come la Vela verde e che una nuova casa possa accogliere lei e la sua famiglia. È arrivata a Scampia dopo il terremoto dell’Irpinia, nel 1980. Nell’appartamento dove vive ha cresciuto i cinque figli che ha avuto con Pasquale, al momento agli arresti domiciliari. Cleo ha 16 anni e la sindrome di Down. Mostra le foto di quando era più piccola, vestita da Arlecchino durante un Carnevale. Giuseppe, invece, di anni ne ha 21 e vorrebbe fare il pasticciere in Germania. Un altro figlio di Maria è in carcere, a Poggioreale: lei aspetta che torni a casa.
Non bisogna fare troppa strada per arrivare ai palazzi dove vivono le famiglie che prima abitavano nella Vela verde. Carmela è orgogliosa della sua nuova casa. Ci ha messo otto mesi per arredarla. Tutto è in ordine e curato: il tappeto di ingresso con la scritta Welcome home, le tende bianche ricamate, la cucina nuova tirata a lucido. Sua figlia Arianna ha 19 anni, ha studiato come moda alle superiori e vorrebbe andare all’Università. Il nuovo appartamento ha restituito a madre e figlia la dignità che il degrado del passato aveva rosicchiato a poco a poco. Quello che ora manca è un lavoro che possa dare senso alle giornate e una prospettiva per il futuro, oltre Scampia.
Le ruspe lentamente continuano a divorare il cemento. Una ragazza con la vestaglia rosa sta in disparte. Guarda demolire la sua vecchia casa e piange. Avrebbe voluto che la Vela fosse riqualificata piuttosto che abbattuta. Ora vive nel palazzo di fronte ma i suoi ricordi sono tutti dall’altro lato della strada, tra le rampe di scale ormai vuote e le stanze disabitate che in poco più di un mese non ci saranno più.