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Esclusiva

Febbraio 28 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Giugno 17 2020
«Niente allarmismi, ma massima attenzione e unità di intenti». Parla Alessandro Vespignani

L’esperto di sistemi complessi e direttore del Network Science Institute della Northeastern University di Boston traccia un punto della situazione: «Occorrono nervi saldi e un ragionamento basato sull’evidenza»

In Italia sono saliti a 650 i pazienti affetti da Coronavirus, con 17 decessi. Primi casi anche in Olanda e Nigeria. I numeri aumentano in maniera esponenziale in ogni parte del mondo.

Reporter Nuovo ha intervistato Alessandro Vespignani, tra i più quotati e riconosciuti esperti nel campo delle predizioni scientifiche a livello mondiale. Cinquantaquattrenne professore di Fisica e Informatica alla Northeastern University di Boston, dove dirige anche il Network Science Institute, è fellowdell’American Physical Society dell’Institute for Quantitative Social Science alla Harvard University e membro dell’Academia Europaea.

«Niente allarmismi, ma massima attenzione e unità di intenti». Parla Alessandro Vespignani

«Innanzitutto non è corretto parlare di “problema italiano”. Il riscontro di casi all’interno dei nostri confini è dovuto a un fenomeno probabilistico. In epidemiologia computazionale si definiscono catene nascoste e potrebbero venire alla luce in qualunque nazione. Le centinaia di cittadini positive al Covid-19 non sono la conseguenza di pochi giorni di esposizione all’agente virale, ma è probabile che la trasmissione sia iniziata diverse settimane prima». In precedenza il tampone veniva raramente prescritto, se non per casi conclamati e turisti di ritorno dalla Cina. Alcuni pazienti deceduti erano ricoverati da giorni negli ospedali italiani e, a causa della concomitanza con il picco di influenza stagionale, non erano mai stati sottoposti a screening per il Coronavirus all’inizio della loro degenza. Dunque è possibile che molti Stati esteri abbiano avuto infezioni mai identificate, con il rischio che il tracciamento dei contatti possa andare avanti, aumentando il numero dei Paesi coinvolti. Di conseguenza, è probabile che l’epidemia diventi un fenomeno di proporzioni globali. Per chiarire l’entità del problema, basta conoscere il valore di “erre con zero”, ovvero del numero di persone che mediamente ogni individuo affetto da patologia è in grado a sua volta di contagiare: si trova tra 2 e 3. Solamente se inferiore a 1, la diffusione sarebbe in grado di arrestarsi da sola».

È giusto parlare di falla nella sicurezza da parte delle autorità nazionali ed internazionali?

«Non c’è stata nessuna falla. È come se in Cina fosse scoppiato un enorme incendio e noi pretendessimo di aver individuato tutte le scintille. Una volta arrivato negli altri Paesi, diventa sempre più difficile isolare il virus. Non esiste alcun sistema di sorveglianza al mondo che possa identificare più del sessanta per cento dei casi per una malattia di questo tipo. Il paziente 0 ha senso per individuare altri alberi della catena. Se non si dovesse trovare, questa lacuna non cambierà la storia dell’epidemia».

La pericolosità del virus è data dalla sua capacità di mutare? 

«Al momento mi sentirei di escluderlo. Ogni volta che si sequenzia un genoma si può trovare una mutazione, ma nella maggior parte dei casi sono neutrali. In questo caso l’acido nucleico mantiene una sua stabilità. Sono altri i fattori su cui focalizzarsi. È più probabile che gli effetti del virus cambino a seconda della popolazione coinvolta. Non è detto che l’Europa subisca le stesse conseguenze della Cina. Le condizioni di salute preesistenti sono diverse, a partire dai tassi di inquinamento e di fumatori. Quello che ignoriamo ancora non è il virus di per sé, quanto gli effetti sull’uomo».

«Niente allarmismi, ma massima attenzione e unità di intenti». Parla Alessandro Vespignani
Dr. Tedros Adhanom Ghebreyesus Direttore Generale dell’OMS
Photocredits: ANSA

Come giudica l’operato del governo in questa fase?

«Non si possono chiudere le scuole, impostare la quarantena e poi equiparare il Coronavirus ad un’influenza. Atteggiamenti del genere rischiano di insinuare dubbi e sospetti nelle persone. Per riprendere le parole del capo delegazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, posso affermare che non si tratta né di SARS né di influenza stagionale. Non bisogna trasmettere il panico. Nel 90% dei casi i sintomi sono lievi o addirittura assenti. D’altra parte il Covid-19 preoccupa, perché nel restante 10% ha un impatto rilevante su alcune fasce della popolazione, soprattutto gli anziani e i pazienti con comorbidità. Non sarà la fine del mondo, ma dobbiamo prestare massima attenzione».

L’arrivo della nuova stagione potrà segnare la fine dell’epidemia?

«Non è detto che l’innalzamento di temperatura limiterà la diffusione del virus. A causa dell’elevato valore di “erre con zero”, potrebbe anche non essere sufficiente a rallentarne la corsa. La sfida va affrontata giorno per giorno, con la razionalità e il ragionamento basato sull’evidenza. Le risposte devono essere proporzionate al reale livello d’emergenza, evitando allarmismi ed esagerazioni. Attenzione, nervi saldi ed unità di intenti tra Governo e regioni sono armi da impugnare con decisione e coraggio».