Già nei giorni scorsi il piano era chiaro: per arginare il Coronavirus nel Lazio bisognava aumentare la recettività dell’ospedale Spallanzani, ribattezzato “Covid Hospital” numero 1, e ampliare le capacità diagnostiche di altri centri territoriali. Il 6 marzo il Presidente della Regione Nicola Zingaretti ha firmato l’ordinanza contenente le misure per la prevenzione e la gestione dell’emergenza epidemiologica. Tra i provvedimenti spiccano il potenziamento delle terapie intensive (150 posti letto in più), l’investitura a “Covid-2” dell’istituto Columbus Gemelli e il reclutamento di 474 unità di personale fra medici, infermieri e operatori socio-sanitari.
«Sono ore decisive e ci prepariamo a un innalzamento del livello di criticità» afferma il medico di un noto ospedale della Capitale, a cui Zeta ha garantito l’anonimato.
«C’è un clima di attesa. Abbiamo notato che il numero dei contagi evolve nell’arco di poche ore. Fino a qualche giorno fa la minaccia sembrava lontana ed eravamo immersi nella solita routine. Oggi, invece, ci aspettiamo che la situazione esploda da un momento all’altro. A mio avviso la Direzione Sanitaria sta facendo un ottimo lavoro nella riorganizzazione delle UOC (Unità operative complesse). Numerosi posti letto della terapia intensiva e interi reparti saranno destinati al Covid-19. La situazione in Lombardia è per noi un punto di riferimento. È come se potessimo vedere oggi quello che accadrà a Roma fra due settimane. Il nostro ospedale, come gli altri del territorio, può “comprare il tempo” necessario per reggere l’urto».
Il tono del nostro interlocutore è calmo e deciso quando si accenna all’aumento degli operatori sanitari positivi al virus. «Fa parte del nostro lavoro. La medicina è una scelta di vita e la salute del paziente è l’obiettivo principale. È chiaro che l’eventualità di contrarre la malattia ci spaventa, siamo esseri umani anche noi e facciamo i conti con le nostre paure. Per questo ci cauteliamo. I dispositivi monouso forniti dalla struttura sono all’avanguardia e abbiamo fatto diversi incontri per migliorare la procedura di vestizione e simulare un contatto con individui potenzialmente infetti».
Sul paragone con l’influenza stagionale, il curante dissente. «Non possiamo affermare che sia la stessa cosa. Nonostante la somiglianza, si tratta di un microrganismo nuovo, che stiamo imparando a conoscere. Vorrei sfatare la credenza che la letalità del virus sia un’esclusiva degli anziani o dei soggetti con comorbidità. Bisogna approfondire la clinica dei pazienti e valutare l’evoluzione della polmonite nei casi più gravi. In tal senso risulta fondamentale l’apporto dei dati messi a disposizione dalla Cina. Per chi ha scelto questa professione, si profila una sfida interessante e stimolante. Verranno riaggiornati i libri di medicina. Il Coronavirus verrà spiegato a lezione e chiesto agli esami del corso di laurea. E noi avremo fatto parte di questa momento storico».
Il medico non svela la presenza di casi di Covid-19 all’interno del suo ospedale. «Sarà la Direzione Sanitaria, attraverso comunicati ufficiali, ad aggiornare i media sui futuri sviluppi. La nostra categoria è preparata a seguire l’iter diagnostico e terapeutico previsto dalle linee guida della Regione Lazio. Quello che posso dire è che c’è unità di intenti e massima collaborazione da parte di tutte le figure professionali. Ognuno di noi è pronto a fare sacrifici. Ripeto, c’è il paziente al centro del nostro lavoro».