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Esclusiva

Marzo 13 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Dicembre 27 2020
Tocilizumab, una nuova speranza contro il Coronavirus

Il farmaco biologico, impiegato nel trattamento dell’artrite reumatoide, è al centro di un nuovo protocollo e manda segnali incoraggianti nei pazienti con grave polmonite

Nella battaglia contro il Coronavirus importanti novità arrivano dal Tocilizumab. Il medicinale sembra essere efficace nei pazienti con polmonite interstiziale da Covid-19. I risultati ottenuti dapprima in Cina, e successivamente nel nostro Paese, hanno destato l’interesse del mondo scientifico. 

Il dottor Paolo Ascierto, direttore dell’unità Melanoma e Immunologia Clinica dell’Istituto Nazionale Tumori “Pascale” di Napoli, è stato il primo ad aver intrapreso questa strada. Insieme al collega infettivologo Montesarchio, guida una task force che ha iniziato un protocollo all’ospedale Cotugno, nel capoluogo partenopeo. Nella struttura ci sono sette pazienti in trattamento con Tocilizumab, tutti con complicanze respiratorie e ricoverati in terapia intensiva. Il primo che ha iniziato il trattamento ha mostrato risultati incoraggianti, al punto che l’equipe medica sta valutando l’estubazione e il successivo iter in una degenza ordinaria. Il secondo ad aver assunto il farmaco è in condizioni stazionarie e ha avuto bisogno di un’ulteriore infusione del medicinale. Gli altri casi verranno valutati nei prossimi giorni. 

L’iniziativa di Napoli ha tracciato la rotta. Walter Ricciardi, membro dell’esecutivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e consulente del Ministero della Salute ha dichiarato di aver concordato con l’Agenzia Italiana del farmaco (AIFA) l’estensione del protocollo su tutto il territorio nazionale, coinvolgendo altri centri di cura, fra cui Milano, Brescia e Fano. L’azienda farmaceutica Roche, che lo produce con il nome commerciale RoActemra, lo ha messo gratuitamente a disposizione delle Regioni, purché destinato ai soli pazienti critici. Ad eccezione delle scorte per il trattamento di patologie autoimmuni, per le quali il prodotto è già autorizzato. 

Tocilizumab, una nuova speranza contro il Coronavirus

In merito alle caratteristiche del Tocilizumab e alle sue prospettive terapeutiche, Zeta ha sentito il parere del professor Walter Malorni, docente presso l’Università di Tor Vergata e già dirigente di ricerca all’Istituto Superiore di Sanità. 

«Il Tocilizumab rientra nella categoria dei farmaci biologici, quei medicinali che contengono uno o più principi attivi prodotti o estratti da un sistema biologico. Nello specifico, si tratta di un anticorpo monoclonale. Sono gli anticorpi prodotti da un singolo “clone” (una popolazione cellulare geneticamente identica perché derivata da un’unica cellula madre) e che riconoscono una sola struttura antigenica. Agisce contro il recettore dell’Interleuchina 6, proteina che ha un ruolo chiave nella risposta infiammatoria. In gergo scientifico, il medicinale interviene sulla “cascata citochinica”, una condizione determinante per l’evoluzione di neoplasie o patologie infiammatorie quali l’artrite reumatoide. È in questa malattia, infatti, che il farmaco trova largo impiego. 

Il suo utilizzo nel trattamento della polmonite interstiziale da CoViD-19 è off-label. Significa che viene testato nella pratica clinica al di fuori delle condizioni autorizzate dagli enti preposti. Non esistono studi clinici che dimostrano l’efficacia diretta del Tocilizumab sul Coronavirus. La sua utilità consisterebbe nel ridurre le conseguenze dell’infezione, prevenendo la “sindrome da rilascio di citochine”, che si verifica nelle polmoniti più critiche e che determina un peggioramento degli scambi respiratori e un grave stato ipotensivo. 

Il gruppo di Paolo Ascierto è all’avanguardia nell’immunoterapia sui tumori. L’idea che portano avanti è sfruttare la potenza antinfiammatoria dell’anticorpo. Ciò sembra dare un vantaggio rispetto ad altri farmaci sperimentali, quali gli antivirali aspecifici. Occorre avere pazienza ed evitare trionfalismi. Purtroppo non si conoscono i dati della Cina, perché non ci sono pubblicazioni. Però, ritengo giusto estendere il tentativo a tutto il territorio italiano, perché parliamo di uso compassionevole, ovvero destinato a quei pazienti affetti da malattie gravi o che si trovano in pericolo di vita, che non dispongono di valide alternative terapeutiche. Per fortuna la ricerca va avanti. Il Camostat, utilizzato nel trattamento di alcune forme di cancro, potrebbe essere la prossima frontiera. È un inibitore della serina proteasi e uno studio in vitro ha mostrato risultati incoraggianti nella lotta al Covid-19. Un dato statistico da approfondire è il differente tasso di mortalità fra genere maschile e femminile. Nelle casistiche gli uomini sono più del doppio delle donne». 

Tocilizumab, una nuova speranza contro il Coronavirus
Dottor Paolo Ascierto, Direttore dell’unità Melanoma e Immunologia Clinica dell’Istituto Nazionale Tumori “Pascale” di Napoli

Anche la professoressa Elena Ortona, immunologa e primo ricercatore presso l’Istituto Superiore di Sanità, si mantiene cauta, nonostante consideri significativi i segnali giunti dal Cotugno di Napoli. 

«È un classico esempio di trasversalità della medicina, in cui una branca può venire in soccorso di un’altra. È importante precisare che il Tocilizumab non è un antivirale, ma cura la manifestazione più grave dell’infezione da Coronavirus. Si tratta di un medicinale prescritto nelle malattie autoimmuni e che ha la funzione di “spegnere” l’infiammazione. Parliamo di una situazione un po’particolare, da approcciare con cautela. In condizioni normali, il sistema immunitario lavora per difendere l’organismo dall’agente patogeno. Se però si attiva in maniera eccessiva, rischia di causare un danno e, nel caso del Covid-19, si arriva ad una grave polmonite. 

Il farmaco va proseguito, ma non può diventare una panacea. Diventa fondamentale la tempistica. Se somministrato negli stadi più precoci, si rischia di spegnere una risposta immunitaria che in quella fase potrebbe essere efficace. Dunque può essere un “ponte”. Può ridurre la permanenza in terapia intensiva ed evitare il collasso delle strutture ospedaliere. La soluzione finale sarà il vaccino, ma, considerando tutte le fasi sperimentali, servirà circa un anno. 

Purtroppo, il picco non è così vicino. Nonostante le imponenti misure adottate, ormai il contagio è stato diffuso. Fra un paio di settimane vedremo i risultati di questo sforzo collettivo. Gli italiani si sono resi conto e stanno agendo in maniera responsabile»