Attenzione! Questo articolo è stato scritto più di un anno fa!
!
Esclusiva

Marzo 25 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Maggio 3 2020
«Siamo tutti ciechi»

Una strana epidemia rende tutti ciechi, tranne una donna. La quarantena a cui i protagonisti del libro sono costretti mette in luce l’indifferenza umana e la cecità nella quale viviamo da sempre

Il mondo intorno a noi sta cambiando, da qualche giorno a questa parte lo ha già fatto. Molte delle attività che consideravamo scontate, naturali, di fatto non lo sono più. Sono in pausa. Le lunghe cene con gli amici, i concerti, gli aperitivi. Ce ne rimangono però altre, e non meno degne. Ci sono i libri, che in tempi come questi offrono oltre che sollievo, anche una possibilità di evasione. Ci si immerge, lettera dopo lettera, frase dopo frase, e pian piano da una pagina in bianco e nero possiamo perderci in boschi, praterie, piazze e città esotiche dove non siamo mai stati prima. Una volta ancora, in soccorso nei momenti di difficoltà viene la cultura. #letteraturedaquarantena


«Siamo tutti ciechi»

Un uomo qualsiasi in un paese indefinito sta guidando la sua auto quando all’improvviso è costretto ad inchiodare perché perde la vista: un bagliore di luce bianca e intensa gli rende impossibile vedere ciò che ha di fronte ed è costretto a lasciarsi accompagnare a casa da un passante casuale il prima possibile. Quella cecità improvvisa è contagiosa, tanto che in pochi giorni gran parte del paese si ritrova vittima di quel “mare di latte” che inonda gli occhi di tutti gli infettati e che impedisce il vivere comune della società.

Nasce un primo gruppo di contagiati costretti alla quarantena in un ex manicomio. Avevano frequentato tutti il medico che si era occupato del paziente zero che ha contagiato a catena altre decine di cittadini. Passano i giorni e aumentano gli affetti dal misterioso virus della cecità all’interno dell’area della quarantena. I soldati responsabili del nutrimento degli internati si ammalano e perdono il controllo della situazione: tutte le regole non scritte del vivere sociale vanno perse e gli infettati cominciano a lottare fra loro per la sopravvivenza, sfogando ogni tipo di istinto contro chiunque sia nelle vicinanze.

Solo il gruppo originario del medico senza nome si salverà dalla lotta senza sconti, riacquistando la vista con la stessa velocità e inspiegabilità con le quali era stata persa. Davanti a loro si svelerà lo scenario di una città devastata e sopraffatta dalla morte in ogni angolo. Il capolavoro del 1995 di José Saramago, celebre autore portoghese, è fra i più letti in assoluto di tutti gli anni ’90, tanto da farlo arrivare a vincere il Premio Nobel per la letteratura nel 1998.

«Siamo tutti ciechi»
José Saramago

«Cieco. L’apprendista pensava, “Siamo ciechi”, ed egli si sedette per scrivere Cecità». Nel suo discorso alla cerimonia di premiazione per il Nobel Saramago si definisce “l’apprendista” perché i veri maestri della sua vita sono stati i personaggi di cui credeva di muovere i fili, come marionette. «L’apprendista, come per tentare di esorcizzare i mostri generati dalla cecità della ragione, si mise a scrivere la più semplice di tutte le sue storie: una persona che guarda per un’altra, perché egli ha capito che la vita non ha nulla di più importante da chiedere da un essere umano».  Ed è questo che fa “la moglie del medico” perché è l’unica a non aver perso la vista. La donna comprende che guardare per gli altri è più importante di qualsiasi altra cosa, e senza approfittarsi della sua condizione di superiorità si occupa di tutti, divietandone la guida.

«Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, ciechi che vedono, ciechi che, pur vedendo, non vedono». La strana malattia permette all’uomo di rendersi conto che in realtà cieco lo è sempre stato: davanti all’ingiustizia, alla mancanza di rispetto verso i propri simili, davanti all’incapacità di essere umani.  Eppure la condizione ci rende più animali di quanto non lo fossimo già perché scopre il nostro vero essere. Quando vengono meno i pilastri basilari della nostra società come governo, libertà, famiglia e la vista importa solo la propria sopravvivenza. Si ritorna alla legge del “vince il più forte”. Lo dimostrano scene come la corsa al cibo, l’odio e la rabbia verso il paziente zero, gli omicidi e la prostituzione delle donne che avvengono nell’ex manicomio dove sono internati tutti i malati. «È di questa pasta che siamo fatti, metà di indifferenza e metà di cattiveria», la cecità si diffonde nel Paese e mostra al lettore il vero essere dell’uomo.

«Siamo tutti ciechi»
Un’immagine dal film “Blindness”, tratta dal romanzo “Cecità” di José Saramago

La malattia che colpisce l’umanità in questo libro è una luce bianca, quasi divina. Non è concesso neanche riposare nel buio, siamo condannati a strizzare gli occhi davanti alla luminosità nel quale abbiamo creduto di vivere sempre. Siamo tutti ciechi alla ricerca della soddisfazione personale, come i protagonisti di questo romanzo. Se solo prima di ogni azione o parola ci fermassimo a pensare a tutte le probabili e possibili conseguenze con gli occhi aperti, perché «I buoni e i cattivi risultati delle nostre parole e delle nostre azioni si vanno distribuendo, (…), in tutti i giorni del futuro, compresi quelli, infiniti, in cui non saremo più qui per poterlo confermare, per congratularci o chiedere perdono».