Era il 24 gennaio, tredici giorni dopo la prima vittima per coronavirus a Wuhan, quando Donald J. Trump usò per la prima volta Twitter per parlare del Covid-19.
Il 27 gennaio, tre giorni dopo, il presidente ribadì la collaborazione con il governo cinese e anche la disponibilità ad aiuti, riportando però, anche i primi contagiati negli USA.
280 caratteri, istantaneità, linguaggio sfrontato e messaggi chiari, il presidente americano gestisce in autonomia il suo profilo Twitter e ne ha fatto, già ai tempi della sua prima campagna elettorale presidenziale, il canale prescelto per la sua comunicazione.
Al tempo del Covid-19 Trump si è spesso contraddetto. Il 9 marzo paragonò il coronavirus a una semplice influenza ottenendo 83.093 ri-condivisioni, ma già il 17 marzo, nemmeno dieci giorni dopo, si smentì. «Il mondo è in guerra con un nemico nascosto. NOI VINCEREMO», twittò Trump, ottenendo 109.533 retweet.
Il 24 febbraio, mentre la Cina era in piena emergenza, dal suo profilo social Trump continuava a rassicurare gli americani: «Il coronavirus è molto sotto controllo negli Usa».
Nelle prime settimane di marzo, il presidente americano, minimizzando la pericolosità del virus, dichiarò che il numero relativo al tasso di mortalità prodotto dall’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) era falso sulla base di alcune conversazioni da lui tenute.
Però, nel giro di poche settimane la situazione mutò. Stop ai voli da e per l’Europa e imminente annuncio dello stato di emergenza nazionale, con un rapido stanziamento di 50 miliardi di dollari per la lotta al virus. Questo cambio di passo e l’iniziale sottovalutazione del virus, è costato dure critiche al presidente americano. Divenuto consapevole dei rischi del contagio, Trump ha cercato di spostare l’attenzione verso la provenienza geografica del virus, iniziando a definirlo “Chinese Virus”.
“Non è affatto razzista, viene dalla Cina, ecco perché lo chiamo così”. In questo modo Trump rispose a una giornalista che, in una conferenza stampa, gli domandò se chiamare o meno il virus con questo nome fosse razzista.
Analizzando il profilo Twitter del presidente americano dal 6.03.2020 al 24.03.2020, il numero di post è di 595. I tweet scritti da Trump che presentano #covid19 sono stati 31 mentre quelli con #coronavirus sono stati 16 e hanno monopolizzato la comunicazione del presidente. Dall’inizio dell’emergenza nazionale dovuta al virus, la corsa alle elezioni di novembre 2020 è stata messa da parte.
Questo grafico mostra il numero di post per hashtag e si può notare come, a partire dal 12 marzo, #kag2020 (Keep America Great 2020), lo slogan di Trump in vista delle elezioni presidenziali, è in pratica scomparso. A monopolizzare la comunicazione del presidente è il coronavirus. Gli hashtag collegati come: #covid19, #coronavirus, #stopthespread, #covid19pandemic, #killthevirus, #stayathome, #workfromhome, nei giorni successivi si sono susseguiti con costanza nella comunicazione social di Trump.
Inoltre, il presidente ha annunciato l’istituzione del «National Day of Prayer», un giorno di preghiera per chi sta lottando contro il Covid-19. Un cambio di passo radicale rispetto alle settimane precedenti.
Continuando l’analisi, dal 12.03 al 24.03, gli hashtag che hanno ottenuto più reactions sono stati proprio #covid19 e #covid-19 con due picchi, come mostra questo secondo grafico.
Il primo picco, rappresentato dalla linea blu, è riferito a un tweet nel quale veniva annunciato un grande contributo da parte delle distillerie private americane nella fornitura di gel igienizzante per mani. Un bene di prima necessità in questo momento.
Mentre, il secondo picco è rappresentato da un retweet da parte di Trump riguardo alla positività al Covid-19 del primo senatore americano, Rand Paul.
Dopo un periodo iniziale di incertezza, Trump, osservando l’aumentare vertiginoso dei contagiati negli Stati Uniti d’America, ha deciso di intervenire con una cifra record per combattere la pandemia. Il 27 marzo, il presidente ha firmato il CARES Act (Coronavirus Aid, Relief, and Economic Security Act), una manovra economica dal valore storico di 2.000 miliardi di dollari con l’obiettivo di fronteggiare la crisi economica derivante dal virus e di rilanciare il paese una volta superata questa situazione. In una sola settimana 3 milioni di americani hanno fatto domanda per i sussidi alla disoccupazione e visto il costante aumento dei contagiati la situazione non migliorerà a breve.
Trump sui social, ha evitato di trattare il tema del virus per lungo tempo, ma una volta dichiarata l’emergenza nazionale, il 13 marzo, ne ha fatto l’argomento principale della sua comunicazione con i toni che da sempre lo contraddistinguono.
Una curiosità riguarda il tweet che, in questo periodo, ha ottenuto più interazioni.
«THE UNITED STATES LOVES ITALY!»accompagnato da un video nel quale si esibiscono le frecce tricolori. Con 112.102 retweet occupa la prima posizione tra i post analizzati e arriva in risposta, con 100 milioni di dollari di materiali sanitari, alle accuse sorte nelle scorse settimane circa lo scarso aiuto che gli Stati Uniti stavano riservando all’Italia in questa emergenza.
L’ultima contraddizione del presidente americano è arrivata domenica 29 marzo, quando ha annunciato la proroga delle misure di contrasto al virus fino al 30 aprile. Altri 15 giorni in isolamento rispetto all’iniziale promessa di riapertura per il giorno di Pasqua, che con certezza, negli Stati Uniti si passerà in quarantena.
Credits: Le mappe fanno parte della rubrica Social Data Intelligence, realizzata insieme ai ricercatori del Luiss Data Lab in collaborazione con Alkemy Lab (Technology & Algorithm provider per i motori sperimentali) e Catchy (Data provider e content provider con Luiss Data Lab)