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Esclusiva

Aprile 3 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Aprile 7 2021
Andrew Cuomo e i democratici nell’emergenza Coronavirus

La gestione dell’emergenza Coronavirus da parte della presidenza Trump, le rivalità con gli amministratori locali, la popolarità crescente del Governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo e le divergenze all’interno dei democratici

«Voi non sapete chi è davvero Chris. Lo vedete ogni sera alle 9 sulla CNN ma vedete solo una parte di lui, giusto? Ma quello non è chi è davvero. Lui è un ragazzo dolce e meraviglioso ed è il mio migliore amico. Mio padre era sempre a lavoro, perciò siamo sempre stati io e Chris». Così Andrew Cuomo, Governatore democratico dello Stato di New York, ha confermato nel corso della sua consueta conferenza stampa sul Coronavirus che suo fratello Chris, noto anchorman della CNN, è positivo al test per il Covid-19.

62 anni, ex avvocato del Queens, Andrew Cuomo, figlio maggiore di un pezzo da novanta del partito democratico come Mario Cuomo, che per 12 anni aveva ricoperto il suo stesso incarico, è ora una delle figure di spicco del partito nel mezzo dell’emergenza Coronavirus. Le sue conferenze stampa quotidiane sono diventate un punto di riferimento e di speranza per i cittadini dello Stato di New York che, al momento, è il più colpito dell’Unione con 92’381 casi confermati. Con i suoi briefings, precisi ed accurati, si è aperto una breccia nel cuore dei newyorkesi, spaesati dalla comunicazione imprecisa e dissonante del presidente Trump.

Lui e Trump si sono spesso scontrati sulle modalità di gestione di questa crisi con un botta e risposta, dapprima moderato, diventato poi sempre più acceso. È dello scorso sabato, ad esempio, la proposta del presidente di mettere in quarantena gli Stati di New York, New Jersey e Connecticut per evitare che i cittadini in fuga verso le località di villeggiatura, come la Florida, diffondessero il virus ad altri Stati. Proposta non gradita dal Governatore che ha replicato a stretto giro: «Se venisse imposta una quarantena allo Stato di New York sarebbe il caos. Sarebbe una dichiarazione di guerra agli Stati, una dichiarazione di guerra federale e una decisione anti-americana».

Inoltre, in un’intervista rilasciata alla CNN, in cui il governatore prevedeva gli effetti di una quarantena imposta allo Stato di New York, si diceva che questa avrebbe causato, tra le altre cose, un crollo nei mercati azionari. Il presidente dunque, riportato a più miti consigli, ha poi deciso di gettare la spugna ed evitare la quarantena.

Un altro dei punti drammaticamente ribaditi da Cuomo durante i suoi briefings è l’appello al governo federale per i ventilatori polmonari. Il governatore ha ribadito che se il numero di pazienti che ne ha bisogno si manterrà costante, i ventilatori polmonari disponibili basteranno solo per i prossimi 6 giorni. «Se arriva una persona ed ha bisogno di un ventilatore polmonare e non l’abbiamo, questa persona muore, è un’equazione semplice» ha detto Cuomo nel corso della conferenza stampa del 2 aprile, in cui si è anche collegato in diretta con il fratello che è da giorni in isolamento nel seminterrato della propria casa.

Il modo risoluto con cui sta gestendo l’epidemia e il coraggio che cerca di infondere ai suoi cittadini attraverso il racconto della propria esperienza familiare, gli stanno valendo l’ammirazione di varie personalità. Da febbraio a oggi il gradimento di Cuomo è passato dal 41% al 71% e Joe Biden lo ha lodato pubblicamente dicendo che le sue conferenze sono diventate lezioni di leadership.

Anche Trump, in un’intervista alla Fox, non ha potuto far a meno di seminare zizzania nel campo democratico commentando: «Conosco Andrew da molto tempo e, ad essere onesti, penso sarebbe un candidato migliore di Sleepy Joe», Joe l’addormentato, nomignolo con cui Trump è solito riferirsi a Biden.

L’ex vice di Obama, nel bel mezzo della pandemia, ha deciso di essere creativo e di dare una svolta alla sua campagna elettorale, adeguandola ai tempi che corrono. Lunedì 30 marzo ha infatti debuttato il suo nuovo podcast intitolato “Here’s the Deal”, che rappresenterebbe per gli ascoltatori «una voce di chiarezza durante questi tempi incerti» e un modo per mandare avanti la sua campagna elettorale a distanza. Nel podcast Biden dialoga con i massimi esperti nazionali riguardo alcuni temi particolarmente sentiti dagli americani in questo momento.

I democratici hanno poi accolto l’idea paventata da Biden mercoledì sera – ma già al vaglio da tempo nel partito- di posticipare la convention democratica di Milwaukee da luglio ad agosto, precisamente al 17, giusto una settimana prima di quella repubblicana. In un comunicato stampa, l’amministratore delegato della Convention democratica, Joe Solmonese, ha fatto sapere che «nel clima di attuale incertezza, l’approccio migliore è quello di prender tempo aggiuntivo e vedere come evolve la situazione così da assicurare al partito una Convention sicura e di successo».

La decisione di rimandare la Convention, oltre ad essere una precauzione necessaria visto il clima di incertezza causato dall’epidemia, si è resa necessaria anche a causa della decisione di 15 Stati e un territorio (Puerto Rico) di votare per corrispondenza o addirittura posticipare in toto la data delle primarie.

Le voci di dissenso non sono gradite in un’America avvelenata dall’estremismo politico. Anthony Fauci, immunologo e figura chiave della task force anti-Covid 19 della Casa Bianca, è stato messo sotto scorta dopo le numerose minacce ricevute in questi giorni. Il Paese sta affrontando una situazione gravissima ma le teorie del complotto non si placano, come quella che vedrebbe Fauci appartenere ad una setta occulta con l’obiettivo di minare la gestione Trump dell’emergenza.

La diffusione a macchia d’olio dell’epidemia negli Stati Uniti sta facendo emergere oltre ai problemi legati al suo contenimento, anche svariati problemi pregressi. Conflitti, ingiustizie e diseguaglianze vengono allo scoperto, come dopo un uragano che scoperchia i tetti. Dalla presidenza Nixon in poi, la colpevolizzazione delle persone che si appoggiavano alle misure di welfare per vivere è aumentata a dismisura. L’intera rielezione di Nixon si basò sullo slogan della “work-ethics against welfare ethics”, “l’etica del lavoro contro quella dell’assistenzialismo”. 

Il Partito Democratico, dal canto suo, nel corso degli anni è scivolato dalla War on poverty degli anni di Lindon Johnson verso toni molto meno radicali, fino quasi ad assomigliare a quelli del partito oppositore. Nel 1988, su un giornale del Delaware, l’allora Senatore Joe Biden scriveva: «tutti noi conosciamo storie di “welfare mothers”, madri di famiglia che vivono di assistenzialismo, che guidano auto di lusso e conducono stili di vita degni dei ricchi e famosi». Per arrivare a Clinton che durante il suo mandato parlava di necessità profonda di cambiamenti, di «end welfare as we know it», dobbiamo dimenticarci del welfare-state per come lo abbiamo conosciuto finora. 

La narrazione della povertà negli Stati Uniti è esemplare, quella dei neri presentata come nota, diffusa e accertata, ma dignitosa, quasi una sfida eterna ad un qualcosa di impossibile da sovvertire. Quella dei bianchi invece nascosta, messa da parte, perché imbarazzante. Quattro su cinque americani affermano di vivere ormai “paycheck to paycheck”, di stipendio in stipendio, senza possibilità di mettere o avere qualcosa da parte. Il quaranta per cento di loro afferma con certezza di non potersi permettere ad esempio una spesa imprevista per un’emergenza medica di 400 dollari.  

Più della metà dei lavoratori americani riceve assistenza sanitaria attraverso il proprio datore di lavoro. Con una crisi economica rampante e una situazione di stallo è inevitabile che molti posti di lavoro andranno persi, il che vuol dire molta più gente in difficoltà economica per quanto riguarda la propria assicurazione sanitaria. Eppure nell’ultimo dibattito democratico tenutosi, il candidato alla presidenza Joe Biden ha detto che non serve un sistema sanitario pubblico mantenuto dal singolo contribuente che poi ne beneficia in maniera equa e universale, perché «abbiamo visto come le cose vanno in Italia ed è emerso che quel sistema non ha funzionato». 

Due terzi degli americani che dichiarano bancarotta lo fanno per debiti contratti in spese mediche o per aver perso il lavoro perché malati. Il costo elevato delle spese mediche sul suolo statunitense da solo è diventato motivo per posporre le visite mediche anche si pensa di averne bisogno in quel preciso momento. Un sondaggio del 2018 ha rivelato che il quarantaquattro per cento degli americani ha ritardato di vedere il proprio dottore per timore dei costi a cui sarebbe andato incontro. 

I politici più progressisti sono quelli che vengono continuamente attaccati per la presunta “insostenibilità economica” delle loro proposte più radicali, come una sanità accessibile a tutti. Dove li troverete i soldi? ripetono come un mantra. Andrebbe ricordato che gli Stati Uniti spendono più di ottanta miliardi di dollari per far funzionare il loro sistema carcerario e la libertà vigilata e che il budget annuale del 2018 delle sole spese militari sostenute dal governo federale raggiunge la cifra record di settecentotrentotto miliardi di dollari. Questo mentre si continua a schernire le proposte della sinistra americana e del candidato alla presidenza Bernie Sanders, tacciando le sue proposte di “infattibilità economica”. 

Foto in evidenza: Andrew Cuomo by Pat Arnow.jpeg: Pat Arnow derivative work: UpstateNYer, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons