Ricotta, cappone, parmigiano, noce moscata: sono solo alcuni degli ingredienti che si leggono nelle ricette di Pellegrino Artusi, “colui che ha unito l’Italia in tavola, patrimonio del nostro paese” e che chiudeva i suoi consigli culinari con “Se una cosa non vi piace cambiatela a vostro gusto”.
Quest’anno ricorre il bicentenario della nascita dell’autore de “La scienza in cucina e l’arte del mangiar bene” e per l’occasione Fabio Lazzari, ex direttore editoriale di Utet Grandi opere FMR e membro del consiglio di gestione della fondazione dedicata al padre della cucina italiana, ha deciso di fare una ricerca sulla passione degli italiani per il cibo. Casa Artusi, centro di cultura gastronomica di Forlimpopoli, insieme al Censis, istituto di ricerca socio-economico, hanno realizzato questo progetto per «fare il punto e capire come nel nostro paese ci si approccia alla pratica domestica, al fatto di cucinare e di mangiare insieme».
I dati che emergono sono molti e rivelatori: «Siamo abbastanza soddisfatti dei dati che sono emersi, perché possiamo dire che anche prima del Coronavirus in questo paese, a differenza di altri, il fatto di cucinare è molto presente e attivo». Un primo dato interessante è che il 78% degli italiani sa cucinare e di questi la metà lo fa volentieri. Un altro aspetto importante che emerge dalla ricerca è che la maggior parte vede la cucina come momento di condivisione: a pranzo, fuori casa e non, il 75% condivide il pasto e per la sera il dato sale fino al 94%. La domenica si arriva al 97% di italiani che si ritrovano a mangiare insieme. Guardando quest’ultima informazione si può leggere un ulteriore aspetto importante: «la situazione di pandemia che stiamo attraversando assomiglia a una grande domenica: come se vivessimo in un clima domenicale protratto. Da quello che si vede e si legge anche il tempo e l’attenzione che si dedica alla cucina in questo periodo sembra uguale a quello della domenica».
L’indagine sottolinea anche cosa gli italiani mangiano: durante la settimana si preferisce cucinare un piatto unico, mentre la domenica si creano piatti più elaborati. Per quanto riguarda, invece, i prodotti più usati ci sono i surgelati, ma di qualità, e c’è la farina, usata non solo in questo periodo di isolamento: «Già prima della pandemia il suo uso nelle cucine italiane era molto diffuso. Adesso la farina e il lievito sono diventati gli ingredienti più usati» come dice Lazzari, che sintetizza questo particolare periodo sociale e culinario con il detto: «Finché c’è farina c’è speranza!» perché questo dato sull’uso della farina è molto forte, «implica che gli italiani stanno riscoprendo questa attività culinaria, sia uomini che donne».
I dati, quindi, emersi dalla ricerca fatta da Casa Artusi insieme al Censis sono interessanti e permettono di fare un’importante premessa per il centro di cultura gastronomica: la riscoperta dei ricettari e dell’Artusi in particolare (“La scienza in cucina e l’arte del mangiar bene”, 1891), considerato il manuale nazionale della cucina. Oggi, secondo Lazzari, la sua conoscenza è alta ma potrebbe essere maggiore, «perché è stato un manuale rivoluzionario. Piero Camporesi diceva “ha fatto più l’Artusi per l’unità nazionale di quello che hanno fatto i Promessi Sposi”».
Pellegrino Artusi, infatti, raccogliendo le sue ricette e le lettere che riceveva, ha creato un “blog ante litteram”, come lo definisce l’ex direttore editoriale di Utet e ha sviluppato un vero e proprio romanzo, anche dal punto di vista linguistico con aneddoti e una narrazione così precisa che chiunque può replicare le sue ricette. Secondo Lazzari, però, Artusi potrebbe essere conosciuto di più. Il centro di cultura gastronomica, grazie anche a diversi eventi in collaborazione con ambasciate e istituti italiani di cultura, cerca di valorizzare ciò che è attuale di Pellegrino Artusi. La fondazione a lui dedicata si impegna, grazie anche alla scuola di cucina con le sue “Mariette” (figure dedicate a Marietta Sabatini, la cuoca che per tutta la vita ha aiutato Artusi), a diffondere l’idea di cucina come convivialità: «Per noi la condivisione del cibo è importante: durante il pranzo non si scambia solo cibo, ma anche idee emozioni e sentimenti, come dicevano i greci. È dove si costruisce l’edificio sociale. In tutto questo Artusi dovrebbe avere un ruolo molto importante e speriamo che questa celebrazione non sia solo un momento nostalgico, ma sia l’occasione per promuovere un’attività che lo renda vivo e attuale».