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Esclusiva

Aprile 15 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Aprile 16 2020
Pubblicità e Covid, va in onda la speranza

La pubblicità si è adattata al coronavirus e i contenuti creati ne sono l’esempio. Abbiamo parlato con Paolo Iabichino, che ha analizzato il mercato e alcuni degli spot più recenti

A Natale abbiamo tutti in mente il motivetto dello spot della Bauli. Se pensiamo alla casa non possiamo non ricordare il celebre slogan «Dove c’è Barilla c’è casa». In estate le pubblicità di bibite e gelati sono le più creative. Ci sono spot che rimangono nella storia. Anche in questo periodo di quarantena – seduti sul divano, sfogliando un giornale o navigando sui social – notiamo che le pubblicità hanno colto lo spirito del tempo: grandi aziende hanno prodotto contenuti creativi in tema Covid-19 per esprimere vicinanza, ringraziamenti a chi lavora in prima linea e messaggi di speranza. Sono tanti i tentativi di avvicinare le persone all’universo valoriale espresso da questi brand.

Il registro di ciò che vediamo in tv, sui giornali e sulle piattaforme social è piuttosto uniforme. Le aziende energetiche e di telecomunicazioni rassicurano sul fatto che continueranno a operare, mentre le altre – da Barilla in giù – si dilungano in ringraziamenti a medici e infermieri; veri e propri inni alla resistenza. Ma non è una grande novità: «Nulla di davvero inedito, siamo dentro un cliché prodotto dal Covid e reagiamo con scritture adatte al contesto» spiega Paolo Iabichino, per vent’anni direttore creativo di Ogilvy Italia, filiale italiana di una delle più importanti agenzie pubblicitarie al mondo.

Pubblicità e Covid, va in onda la speranza

Anche se questa volta c’è un problema in più: le produzioni sono ferme e si può girare solo in modalità smart working. «Ci sono marchi che spendono tanto per girare uno spot all’anno e ora non possono più mandarlo in onda» osserva Iabichino. Adesso sono costretti a modificarli: si fanno dei tagli per togliere le scene in strada o si specifica in grafica che lo spot è stato girato tempo fa. Spesso è richiesto anche un cambio di voiceover, con gli speaker che possono registrare da casa. La vera difficoltà ora è quella di girare.

La Nike, una delle aziende più efficaci, in un periodo in cui lo sport è vietato, ha deciso di raccontare tramite uno spot nel quale si passano in rassegna tutte le attività da fare in casa, la partita che il mondo sta affrontando: la battaglia al virus. «We’re playing for 7.8 billion of people. This is our chance. We are playing for the world», così recita lo spot. Stiamo giocando per il mondo, un invito a non smettere mai ma anche a ricordare che in gioco c’è il futuro dell’intero pianeta.

Secondo Iabichino, che ogni giorno è in diretta su Instagram con Carosello is back, una chiacchierata su società, creatività e culturale digitale con il sociologo Giovanni Artieri, una delle pubblicità più riuscite è quella del Parmigiano Reggiano, con il presidente del consorzio che rassicura i clienti: non serve fiondarsi nei supermercati, il formaggio viene prodotto ogni giorno. E sulla carta stampata gli auguri di Giovanni Rana, con il suo «Auguri. Anche di buona Pasqua». Semplice e potente.

Ma l’advertising non si muove solo in tv e sui giornali. Da tempo ha conquistato il web e sperimenta le potenzialità di social network sempre nuovi. «In questa fase in rete vince chi ha una linea editoriale onesta e di servizio, non il fenomeno da social» ripete Paolo Iabichino. Marchi come Taffo o Ceres, campioni dell’instant marketing, ora sono ingabbiati: il loro contesto di riferimento è spento e il loro tono di voce fuori luogo. È risultata poco efficace la narrazione social tenuta da Taffo: un eccesso di ironia in un momento così delicato non sembra funzionare.

Pubblicità e Covid, va in onda la speranza

Ora vincono marchi più tradizionali, che lavorano da anni con continuità senza inseguire il trending topic di turno. È un momento difficile per sperimentare, lo fa solo chi è audace o non ha molto da perdere. Come Red Bull: su TikTok conta oltre 4 milioni di follower e con #givesyouwings, celebre slogan dell’azienda, sta crescendo anche su questa piattaforma. «Prima del Covid TikTok offriva tre package pubblicitari ma ora tutto è cambiato, ai clienti sconsiglio di investire su un social così effimero» precisa Iabichino.

Il coronavirus apre nuove possibilità che vanno colte con prudenza, lo scivolone è dietro l’angolo e la reputazione un bene prezioso. Dare l’impressione di volersi approfittare della situazione è un rischio che molte aziende corrono. «I grandi brand-paese, come Barilla o Fca, sono al riparo da questo pericolo: hanno una narrazione coerente e nessuno penserà che cavalchino il dramma – continua Iabichino – Invece quando un brand meno strutturato mette in scena un plot retorico-ringraziosifero nasce il sospetto che se ne approfitti. I consumatori se ne accorgono subito e per l’azienda è un grosso problema».

Cambiando tra un canale e l’altro dal vostro divano avete senza dubbio sentito Sophia Loren o Riccardo Scamarcio. Sono loro le voci degli spot di Barilla e del gruppo Fca. Queste aziende hanno scelto di usare voci note e familiari che, mentre sullo schermo passano immagini dell’Italia, «recitano» un inno di resistenza diretto al paese.

C’è anche chi, come il gruppo Alpitour – questa volta tramite la pubblicità cartacea – ha deciso di dedicare una pagina bianca ai propri clienti. «Uno spazio pulito per riprendere fiato, per immaginare un momento di tranquillità, per sognare le vacanze» recita parte del messaggio scritto nella didascalia in fondo alla pagina. Un tentativo originale e ben riuscito.

Ma chi ha messo la creatività al primo posto è senz’altro lo stato americano dell’Ohio, che con sorprendente semplicità è riuscito – tramite delle palline da ping pong e delle trappole per topi – a spiegare l’importanza del distanziamento sociale. «A little space makes us all safer» dice lo slogan con cui finisce il video.

Ma cosa cambierà nei prossimi mesi? «Spero ci si allontani in fretta da questa fase così malinconica, a tratti stucchevole. La retorica non è sbagliata ma alla lunga diventa indigesta, il messaggio non arriva più» avverte Iabichino. Funzionava nello spot Fca con la voce di Scamarcio, ma già quello di Barilla era borderline: gli italiani erano in casa da giorni e il tempo delle canzoni alle finestre si stava esaurendo. La pubblicità deve anche rassicurare, rafforzare le relazioni, salutare il ritorno alla normalità: «I grandi investitori tornino a produrre messaggi di questo tipo. Penso in particolare agli spot di automobili, che negli ultimi tempi sono quasi scomparsi».

I cambiamenti che il coronavirus ha imposto al mondo dell’advertising sono tanti e profondi. Il ritorno a uno spazio pubblicitario pre-Covid appare tutt’altro che scontato. «Il dramma che stiamo vivendo ha accelerato una serie di consapevolezze nei consumatori – spiega ancora Iabichino – Con l’Osservatorio Civic Brands registriamo alcune urgenze espresse dalle giovani generazioni: una nuova attenzione per le tematiche sociali, le disuguaglianze, i temi delle filiere sostenibili».

Questioni che non potranno più essere ignorate. Una volta superata l’emergenza, sceglieremo alcune marche anziché altre in base all’impatto che hanno sulla società, sulla cultura e sull’ambiente. E lo faremo ancora più che in passato. «Sono questi gli asset valoriali che le imprese dovranno raccontare alle persone. Ogni brand dovrà trovare una propria chiave a seconda della sua identità, del tono di voce e delle sue energie».