«Mamma mi vengono le vesciche alle mani»: sono le parole di Francesco, bambino di sei anni che, a causa della pandemia, prova a fare i compiti a casa ma non ha voglia. La mamma, Alessandra, è preoccupata perché questo doveva essere il suo ultimo anno di materna.
Tra cartoni animati e giochi Alessandra cerca ogni giorno di fare quello che avrebbe fatto Francesco a scuola: iniziare a imparare a leggere e scrivere. «Senza che la scuola mi dicesse nulla ho comprato dei libri con frasi da completare, così da aiutarlo, per fargli prendere dimestichezza con la penna, visto che a settembre dovrà stare diverse ore seduto e concentrato a scrivere».
Alessandra, che da quando è iniziato il periodo di isolamento non va più a lavoro, cerca di aiutare Francesco, che ogni tanto durante la settimana sente i suoi compagni di scuola su Zoom (piattaforma di video chiamate). Nonostante cerchi di non far perdere i contatti con gli amici, la mamma teme delle conseguenze sulla socialità e dal punto di vista scolastico: «Come posso aiutarlo a settembre quando inizierà la prima elementare? Posso sostituirmi alla maestra ma non va neanche bene, perché io sono un genitore. L’insegnante vero e proprio è un’altra figura».
Questo lo conferma anche la psicologa Paola Lancia, che lavora molto con le mamme e i papà: i genitori devono rimanere tali e i docenti devono insegnare.
Un caso simile è quello di Marco, bambino di sette anni, che a settembre aveva iniziato la prima elementare. Adesso il suo apprendimento della scrittura e della lettura si è rallentato, anche se i genitori cercano di fargli fare qualche esercizio almeno un’ora al giorno.
L’età di Francesco e di Marco è quella più importante per l’acquisizione di materie nuove, ha bisogno di un consolidamento che questa epidemia rischia di far vacillare: «Se i bambini avranno qualche problema e rischieranno di perdere l’anno sarà non un problema della singola famiglia, ma dell’intera collettività. Bisognerà cercare insieme delle soluzioni», spiega la psicologa.
Se però da una parte ci sono genitori preoccupati per il destino scolastico dei propri figli, dall’altra c’è un’ulteriore fascia di età che in questo periodo deve affrontare delle importanti conseguenze, i maturandi. I diciottenni che a settembre erano intimoriti dall’esame di stato ma entusiasmati all’idea di iniziare l’università, adesso si trovano davanti a un cambiamento.
«Mi preoccupa l’esame finale»: è il pensiero di Sofia, studentessa di un liceo artistico di Roma. Anche Gabriele, altro alunno dello stesso istituto, teme questo momento. Entrambi avevano l’ansia a inizio anno, ma ora è aumentata.
Gabriele è nel panico: «Io sono una persona che scrive bene e mi piace, scrivo anche testi musicali. Adesso, però, che c’è solo un esame orale, anche se non ho problemi a parlare, ho paura». A questo fatto si aggiunge che la seconda prova è stata annullata e per chi fa il liceo artistico vuol dire rinunciare a una parte importante del percorso scolastico: «noi avevamo la seconda prova che era pratica e che mi avrebbe aiutato ad alzare il voto».
La didattica a distanza è una sfida, non solo per la preparazione dell’esame di maturità, ma anche per le lezioni. «Mi sono dovuta mettere sotto – dice Sofia – perché adesso mi devo aggrappare solo su me stessa, su quello che apprendo e quello che ascolto». Per Gabriele invece la scuola via web aiuta a mantenere una regolarità dei ritmi quotidiani: evita che ci si svegli alle tre del pomeriggio e che si faccia troppo tardi la sera.
Le video lezioni hanno anche cambiato il modo di apprendere: esercizi inviati via mail, tanti appunti e professori che pretendono di più. In tutto questo però mancano gli amici, i compagni di banco con cui passare la ricreazione. Sofia è triste perché sente il vuoto del contatto con i suoi coetanei e a Gabriele dispiace che: «questa situazione sia capitata proprio l’ultimo anno di liceo, quando si crea un rapporto particolare tra tutti i compagni di classe e tra alunni e insegnanti».