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Esclusiva

Aprile 25 2020
Un’app per la fase due

Google e Apple hanno deciso di collaborare per combattere il virus. Quale sarà il rapporto che Immuni, l’app scelta dal governo, avrà con loro? Intervista al professor Giuseppe Italiano

Si chiamerà Immuni l’app per il tracciamento digitale italiana per ripartire e passare alla fase 2 dell’emergenza. Un periodo nel quale sarà necessario monitorare la catena dei contagi e intervenire con tempestività per scongiurare il pericolo di una seconda ondata. Sul modello di Corea del Sud, Taiwan e Hong Kong, ora anche l’Italia inizierà ad utilizzare il contact tracing, ma con una differenza: l’utilizzo del Bluetooth, un sistema meno invasivo rispetto al Gps usato dai paesi asiatici. Il tema della privacy è ancora sul tavolo, tutto dipenderà da come verranno immagazzinati i dati degli utenti. Ora anche Google e Apple scendono in campo, le due big company – che insieme detengono quasi la totalità dei sistemi operativi per smartphone – hanno deciso unirsi per dare la caccia ai contagi.  

Un'app per la fase due

Sviluppata dall’azienda milanese Bending Spoons in collaborazione con Jakala Spa e il Centro Medico Santagostino, Immuni ha come obiettivo quello di avvertire chiunque abbia avuto contatti con persone risultate positive, bloccando così la catena di contagi. Come? Attraverso il Bluetooth lo smartphone riuscirà a registrare gli altri dispositivi presenti nelle vicinanze attraverso una procedura che garantirà il rispetto della privacy. L’applicazione genererà un codice anonimo che verrà salvato nel dispositivo della persona con cui l’utente avrà contatti entro una certa vicinanza. Nel caso questo risultasse positivo al Covid-19, i suoi contatti verranno avvertiti tramite una notifica; a questo punto, i potenziali infetti dovranno mettersi in isolamento in attesa del test.  Inoltre, vi sarà la possibilità di creare il proprio diario clinico virtuale, nel quale ogni utente potrà inserire e aggiornare i suoi sintomi relativi al Covid-19.  

Un altro punto da chiarire è il modo in cui avverrà lo scambio di informazioni tra gli smartphone e il server che conterrà il database dei contagi, ma soprattutto quali dati verranno immagazzinati all’interno di quest’ultimo. Come rivelato da il Sole 24 Ore, Immuni funzionerà con un sistema decentralizzato, nel server quindi verranno slavati solo i codici degli utenti positivi; sarà poi l’applicazione dei singoli utenti a verificare di volta in volta la presenza di un codice “infetto” corrispondente a quello salvato anche nel proprio smartphone. In questo modo solo il singolo utente verrà a conoscenza del numero dei contatti con cui ha avuto a che fare. Sembra un tecnicismo, ma è da qui che si determina il successo dell’applicazione. Con questo metodo infatti – più sicuro del punto di vista della privacy – le autorità sanitarie che avranno accesso al server, non potranno monitorare l’andamento dei contagi. Al contrario, con un approccio centralizzato – quello che gli sviluppatori avevano deciso di utilizzare in principio – i contatti tra utenti verrebbero caricati sul server che poi provvederebbe a inviare la notifica nel caso di pericolo di un contatto con un positivo.

«In un’architettura centralizzata bisogna affidare i propri dati ad un’autorità centrale e riporre la propria fiducia in questa autorità centrale, perché sia in grado di proteggere tutti i dati che gestisce nel suo server, e sia anche capace di garantirne utilizzi impropri o addirittura illeciti», spiega Giuseppe Italiano, professore di computer science presso la Luiss Guido Carli.

Un'app per la fase due
Giuseppe Italiano

Non è ancora chiaro chi gestirà questi server, ma il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri ha garantito che i codici verranno salvati su «server pubblici e italiani nel rispetto delle leggi nazionali e sovranazionali sulla privacy». Ma questo è anche un sistema che permetterebbe alle autorità sanitarie di tener d’occhio l’andamento dei contagi, al contrario di un approccio decentralizzato in cui «l’insieme di tutti i dati e di tutte le informazioni è per sua stessa natura meno suscettibile a intrusioni, abusi o utilizzi impropri, perché i dati sono distribuiti sui vari nodi dell’architettura, e non esiste quindi un unico sito che li memorizza tutti. «In un’applicazione di contact tracing – dice Italiano – i nodi di un sistema decentralizzato potrebbero essere gli stessi dispositivi degli utenti, e in tal modo i dati di ogni utente potrebbero risiedere soltanto nel suo smartphone e non essere mai trasferiti ad altri sistemi, con tutte le implicazioni che ne derivano». Lo stesso approccio messo in piedi da Google e Apple per far comunicare al meglio le applicazioni anti-Covid che stanno nascendo nei paesi alle prese con la pandemia. 

I due giganti, ad oggi, offrono i sistemi operativi alla maggior parte degli smartphone esistenti. Per essere efficace, Immuni dovrà essere installata dal 60-70% della popolazione italiana, una percentuale a cui non si arriva neanche sommando gli utenti iscritti a Facebook (circa il 50% della popolazione). Per questo sarà fondamentale superare i problemi di compatibilità tra iOS (Apple) e Android (Google). 

Ora le due aziende stanno lavorando ad un sistema che consentirà il raggiungimento di questo obiettivo. Salute, privacy, trasparenza e controllo dell’utente. Sono queste le basi su cui si svilupperà il lavoro. «Secondo quanto dichiarato, leggendo la documentazione e le specifiche tecniche che sono state rilasciate, verrà creato un sistema decentralizzato che per preservare la privacy degli utenti non raccoglierà dati geografici e utilizzerà tecniche standard di randomizzazione degli ID, così da non potere risalire all’identità degli individui» precisa il professor Italiano. 

Il rilascio di questo sistema, che risolverebbe i problemi tecnici, avverrà in due fasi. «Nella prima fase, prevista a breve, Apple e Google renderanno disponibile agli sviluppatori un API (Application Programming Interface), un’interfaccia verso il loro sistema. Nella seconda fase, prevista tra qualche mese, è previsto invece il rilascio di un aggiornamento di sistema, a livello del sistema operativo del dispositivo mobile», racconta Italiano. La seconda fase sarà la decisiva. «Gli utenti potranno abilitare questa featurenel loro smartphone entrando a far parte dei programmi di contact tracing locali tramite l’installazione delle app sviluppate dalle autorità sanitarie». Con questi strumenti, oltre che superare i problemi di compatibilità tra iOS e Android, sarà possibile anche far dialogare le singole applicazioni sviluppate da ciascun paese.