Pensate se il coronavirus avesse colpito nel periodo
natalizio. Cenone con i parenti, scambi di regali, e veglione di capodanno, sarebbero
diversi.
Per 1,8 miliardi di musulmani il 23 aprile è iniziato il Ramadan, una festa che
si fonda sul sacrificio, ma che ha anche grandi momenti di convivialità. Al
calar del sole le famiglie si radunano intorno a grandi tavolate, le comunità
si riuniscono di fronte le moschee e gli imam recitano la preghiera davanti
folle di fedeli. Quest’anno nulla di tutto ciò accadrà, è in corso la pandemia
da Covid-19.
Il Ramadan è uno dei cinque pilastri dell’islam e vede i fedeli astenersi dal mangiare e dal bere, dall’alba al tramonto. Nel mese del digiuno le giornate sono segnate da due momenti importanti, il suhur e l’Ifṭār, spiega Muhammad Umberto Pallavicini, rappresentante della sezione giovani della Comunità Religiosa Islamica Italiana (Coreis), un’associazione nazionale di musulmani italiani attiva dagli inizi degli anni ’90. Il suhur è il pasto che viene consumato prima dell’alba, mentre l’Ifṭār è la rottura del digiuno, che si tiene al tramonto. È questo il momento di convivialità del Ramadan. I fedeli si riuniscono con il resto della comunità, o a casa con tutta la famiglia, per assaporare, tra le altre cose, gustosi datteri, come vuole la tradizione. Poi si va in moschea, dove, uniti, celebrano la preghiera del Ramadan.
A causa della pandemia, il mondo musulmano ha dovuto modificare buona parte del rituale.
Per la prima volta nella storia, le moschee della Mecca e di Medina, i due siti più importanti dell’Islam, sono rimasti chiusi, per evitare pericolosi assembramenti. Di fronte questo fatto inedito, nessuno degli Imam sparsi nel mondo ha potuto prendersi la responsabilità di portare avanti riti per conto proprio. Anche in Italia i luoghi di culto sono rimasti chiusi, e i fedeli sul territorio hanno risposto positivamente agli appelli e sono rimasti in casa. Anche ora, spiega il giovane esponente della Coreis, in un momento difficile come il Ramadan, in cui il sostegno dell’imam sarebbe di grande aiuto, i musulmani stanno rispondendo positivamente alle restrizioni.
« Sono molto contento dell’unità e della solidarietà che la nostra comunità sta dimostrando »
Non tutto il mondo musulmano si sta organizzando allo stesso modo. Muhammad Umberto Pallavicini riporta due esempi interessanti. I musulmani in Irlanda, con una fatwa, hanno costituito un sistema di preghiera in streaming, e altre comunità nel mondo stanno seguendo il loro esempio. “La visione della Coreis è lontana da questo modus operandi perché stiamo cercando di mantenere la sacralità dei momenti di preghiera. I riti che seguono la rottura del digiuno consistono nel recitare, dall’inizio alla fine, le sure del Corano. La divisione è meticolosa, e permette di concludere il periodo del Ramadan con l’ultima sura. Il fedele a casa sta portando avanti da solo questo procedimento, e così facendo si sta avvicinando al testo sacro con maggiore attenzione e impegno”.
Altro esempio è la comunità islamica indonesiana, che consente ai fedeli di frequentare le moschee, mantenendo però la distanza di sicurezza gli uni dagli altri. È a questo modello che in Italia sta guardando con maggiore attenzione. Quando le restrizioni saranno allentate, si lavorerà sul distanziamento dei fedeli all’interno delle moschee, in linea con quello che faranno i cattolici nelle chiese.
“Al momento però stiamo lottando, come tutti, contro la pandemia”. Il rappresentante della sezione giovani della Coreis spiega che nei cimiteri italiani i posti dedicati ai musulmani sono limitati, e la pandemia ha colpito molti fedeli, soprattutto nelle regioni del nord. “Siamo in presenza a un grave problema di sovraffollamento dei cimiteri”.
Parlando del futuro, Pallavicini non si sbilancia. Sorride amareggiato. “Fra non molto tempo vi sarà un altro importante rito per l’Islam, il Pellegrinaggio. C’è la possibilità che anche questo evento verrà limitato a causa della pandemia”.
Davanti il covid-19 siamo tutti uguali. Non esiste religione, etnia e nazionalità che non sia esentata dalla lotta al virus. Uniti dobbiamo farci forza per superare questo male.