«Walter Tobagi convinceva le persone con dolcezza, aveva un fascino tutto suo. Particolare». Il giornalista Bruno Tucci se lo ricorda bene: «Lo conoscevo eccome, eravamo entrambi inviati al Corriere della Sera negli anni ’70. Ci era arrivato poco prima di me». Nato vicino Spoleto nel 1947, Tobagi si era avvicinato alla scrittura durante il ginnasio prima di dare il via alla sua vertiginosa carriera che, a soli 25 anni, lo aveva portato al quotidiano milanese. «Da giovane lavorava all’Avanti e aveva idee socialiste. Al Corriere si era specializzato in politica e con la sua cultura era in grado di padroneggiare gli argomenti più disparati, rendendoli comprensibili per i lettori».
Un giornalista moderno, che anticipava i tempi: «Era molto attento, voleva unire alla cronaca un commento personale. Per questo scriveva pezzi ‘sui generis’, che mostravano l’ottimo cronista che era. Convintissimo delle sue idee, le esprimeva con pacatezza e al tempo stesso con decisione». Gentile e socievole, ma con dei momenti di malinconia: «Delle volte era triste, ci diceva “Che fine faremo noi giornalisti, sempre in prima linea”… Purtroppo sappiamo quello che gli è accaduto».
Successe il 28 maggio del 1980. Il suo corpo senza vita è stato ritrovato in via Salaino a Milano, vicino alla sua automobile. Lo avevano ucciso cinque colpi di pistola esplosi da un “commando” di terroristi di sinistra facenti capo alla Brigata XXVIII marzo. «Per noi era un’icona, che ha sofferto le pene dell’inferno ed è stato ucciso per i suoi ideali. Ha pagato caro il fatto di essere un cronista vero, che raccontava tutto senza peli sulla lingua. Criticava il terrorismo in maniera chiara, faceva il suo lavoro con serietà e diligenza. Per questo i terroristi non l’hanno risparmiato».
«Era un periodo difficile – conclude Tucci – e tutti noi inviati del Corriere fummo messi sotto scorta. Saremo stati una quindicina e dopo il fattaccio continuavamo ad andare a cena insieme ricordando Walter. Parlavamo delle sue idee, le stesse per le quali ha dato la vita».
a cura di Lorenzo Ottaviani
«Volevo imparare a costruire immagini attraverso le parole. Questo mi affascinava della scrittura. Una passione che ho provato a tradire, ma che mi ha perdonato, aspettato. Faceva capolino tra l’esame di anatomia e il primo elettrocardiogramma. Mi sono fidato di chi sosteneva che un camice bianco e uno stetoscopio potevano diventare una penna e un microfono. Il resto è stato coraggio, o follia». [Jacopo Vergari]
«Voglio fare il giornalista perché amo scrivere ma ho sempre pensato che il racconto, la testimonianza, e le sorprese del reale fossero molto più interessanti della finzione». [Mattia Giusto]
«Perché a me piace volare sulla tastiera, un po’ controcorrente e con un occhio sempre a chi la voce non ce l’ha». [Erika Antonelli]
«Tendere alla verità, rispettare la democrazia. È per questo che voglio fare il giornalista». [Silvio Puccio]
«Voglio fare la giornalista perché credo nelle parole e nel loro potere, nel raccontare la verità dietro a ogni fatto». [Elisabetta Amato]
«Voglio essere un giornalista perché amo stupirmi e raccontare. Subisco il fascino della provocazione finché stimola il contraddittorio. Credo che la dialettica sia il motore della crescita». [Simone Di Gregorio]
«Vorrei fare la giornalista per dare voce a chi altrimenti non avrebbe la possibilità di essere ascoltato». [Chiara Sgreccia]
«Giornalismo è dar voce alla vita, raccontare esperienze, entrare nel cuore delle persone. È un dovere. Significa esserci sempre e comunque». [Michele Antonelli]
«Sono un giornalista per dimostrare che c’è ancora bisogno di noi». [Lorenzo Ottaviani]
«Perché per me è molto più di una professione, vuol dire scegliere una vita per raccontare la verità e poter dar voce e forma alle storie che ci circondano». [Natasha Caragnano]
«Io voglio fare giornalismo perché voglio essere a servizio degli altri, della comunità essendo parte attiva dell’informazione libera e certificata». [Livia Paccarié]
«Voglio fare il giornalista per avere la libertà di andare a letto tardi, l’obbligo di svegliarmi presto la mattina e la curiosità di chiedermi cos’è successo mentre stavo dormendo». [Gabriele Bartoloni]
«Il giornalismo per me è ficcare il naso, incuriosirsi e incuriosire. Dare voce a tutti, partendo da chi non ce l’ha, da chi è più debole. Significa raccontare il mondo scovando le ingiustizie, costruire immagini usando le parole». [Carlo Ferraioli]
«Essere giornalista è curiosità e per questo vorrei cercare e raccontare storie sfruttando al massimo le nuove tecnologie». [Gian Marco Passerini]
«Voglio fare la giornalista perché penso che nessuno debba rinunciare al diritto di essere informato e capire la realtà, perché non esiste mai niente di troppo complicato. Credo nel giornalismo obiettivo, che informa, scevro da qualunque pregiudizio. Fare la giornalista mi sta aiutando a capire chi sono e chi voglio diventare». [Martina Coscetta]
«Voglio diventare giornalista per sentirmi libero». [Valerio Lento]
«Vorrei capire situazioni e persone, comprenderle senza giustificarle. Voglio fare il giornalista per interpretare la realtà». [Enrico Dalcastagné]
«Voglio fare il giornalista perché voglio vivere le notizie. Assistere ai grandi e ai piccoli fatti della storia e raccontarli». [Fadi Musa]
«Voglio fare il giornalista perché sono cresciuto guardando alla tv Lucia Goracci che corre tra le rovine della Siria e dell’Iraq, della Crimea e della Turchia, senza paura di immergersi nel pericolo di raccontare la realtà. Da adulto voglio essere come lei, pensavo, e diventare la voce di chi soffre le contraddizioni del mondo e non può parlarne». [Camillo Barone]
«Voglio fare la giornalista perché è una professione che coniuga due cose per me importanti: la curiosità e l’impegno civile». [Claudia Chieppa]
«Perché cambio tutti i giorni. Non sono quella che ero ieri né quella che sarò domani. Un po’ come il giornalismo». [Angelica Migliorisi]
«Perché credo ci sia bisogno di persone nuove e preparate, pronte a raccontare la realtà, aiutando tutti a capirla un po’ di più». [Francesco Stati]
«Seguire e inseguire le notizie, essere al centro, sempre e comunque a fuoco su ciò che succede, misurare il battito al tempo che passa. Fare la giornalista è come non dover mai andare via dalla festa più bella a cui si possa essere invitati». [Giuliana Ricozzi]
«Mentre i miei amici alle elementari sognavano di diventare astronauti o veterinari, i sogni di ogni bambino a quell’età, io volevo diventare una corrispondente. Una passione, tramandata da mia madre che ho coltivato nel tempo con una sola idea e un unico scopo: Voglio diventare giornalista per emozionare i miei lettori e raccontargli la verità, fargli vedere il mondo con altre lenti. E voglio in particolare lavorare fuori come corrispondente per respirare gli odori di tutto quello che accade come l’odore di una guerra o di una pandemia, per permettere a chiunque mi legga o mi ascolti di rivivere con me quei momenti e condividere con me ogni sensazione». [Laura Miraglia]
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