«Era una donna indipendente, forte e diretta». Questo il ricordo che sua figlia ha di Ottavia Penna, unica siciliana a far parte dell’Assemblea Costituente, tra le ventuno donne che contribuirono alla nascita della Repubblica. Di natali aristocratici, la parabola della deputata è un riflesso della frammentazione politica dell’Italia del dopoguerra.
Monarchica convinta, nel 1946 viene eletta tra le fila del partito dell’Uomo qualunque, formazione che abbandonerà l’anno successivo. «Era una donna riservata – racconta Cristina Buscemi, figlia di Ottavia Penna – non sappiamo chi la convinse o perché decise di candidarsi. Certo è che il re era per lei una fissazione, per questo le discussioni in famiglia erano sempre accese. Sopratutto col marito di sua sorella, repubblicano convinto. Quando morì, trovammo in casa molte riviste e settimanali di costume che parlavano della famiglia reale. Li aveva conservati».
In politica
Durante i lavori parlamentari portava una spilla con lo stemma sabaudo sul risvolto della giacca. Ma il suo impegno politico fu prima di tutto in favore delle donne: «Quando teneva i suoi comizi – spiega Concetta Alario, presidente dell’associazione Ottavia Penna e autrice di una biografia a lei dedicata – la piazza di Caltagirone si riempiva di donne. Ribadiva la parità di diritti con gli uomini, e le esortava a manifestare il loro pensiero anche contraddicendo le idee dei mariti». L’appoggio del suo coniuge, invece, non le mancò: «Mio padre – continua la figlia – fu un uomo eccezionale. Non si oppose mai alla sua attività, anche quando rincasava tardi dopo una giornata di comizi. Non era scontato all’epoca, specie in Sicilia».
Nel 1947 l’addio al morente fronte qualunquista per confluire nel gruppo parlamentare di Unione Nazionale. La sua fede monarchica rimase viva anche dopo la Costituente. Durante un comizio per le elezioni del 1948 esibì un tricolore con lo scudo monarchico. Indignata per la reazione della polizia, scrisse una lettera al ministro dell’interno Mario Scelba rivendicando il diritto a esporre l’emblema. «Ritengo – spiega Alario – che la sua inclinazione politica derivasse da un’idealizzazione della figura del re. Non sentendosi vicina al modo di fare degli altri schieramenti, si rifugiò nell’ideologia monarchica per distanziarsi da quelli che definiva intrallazzi parlamentari. Non dimentichiamo il suo retaggio: veniva da una famiglia di nobili origini con possedimenti in tutta l’Isola».
L’attenzione per gli ultimi
Secondo la figlia, fu il suo carattere severo ad allontanarla dalla vita pubblica: «Mia madre era una donna poco incline al compromesso, per questo non rimase molto in politica, non era portata. Si dedicò così alla sua vocazione: il benessere dei più poveri».
Dopo un’esperienza nel consiglio comunale di Caltagirone, Ottavia Penna fonda La Città dei Ragazzi, associazione per dare lavoro e assistenza agli indigenti del suo paese. «Delle sue opere di volontariato – conclude Buscemi – non parlava mai. Ciò che so l’ho appreso dalle persone che collaboravano con lei. Mi dissero della sua attenzione ai detenuti, portava loro arance e sigarette. Si prese a cuore le centinaia di bambini che vivevano per strada dopo i bombardamenti della guerra. Voleva fare del bene senza che si sapesse. Era convita che per risollevare la Sicilia servisse lavoro, non sovvenzioni. Questa era mia madre».
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