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Esclusiva

Giugno 5 2020
Negli Stati Uniti la polizia aggredisce i giornalisti

Sono più di centocinquanta i reporter che raccontano di aver subito aggressioni da parte delle forze dell’ordine statunitensi durante le proteste scoppiate in tutto il paese dopo la morte dell’afroamericano George Floyd.

«Indossa sempre la giacca con scritto PRESS e scegli da che parte stare. Ti consiglio dietro la linea della polizia per non rischiare di prendere i lacrimogeni in faccia». Così mi spiegò Vidal Merma, attivista peruviano, la prima volta che andai in servizio alle manifestazioni a Cocachacra, nel sud del Perù, dove la popolazione dimostrava contro la compagnia mineraria Southern Copper Corporation. Raccomandazione che ricordo leggendo le cronache di Minneapolis, Detroit, Oakland, Denver, New York dove più di cento reporter sono stati colpiti dalle forze dell’ordine, durante le manifestazioni per la morte dell’afroamericano George Floyd, soffocato con un ginocchio da un poliziotto il 25 maggio.

Ad oggi US Press Freedom Tracker, sitoweb sulle violazioni della libertà di stampa negli Stati Uniti, conta 192 aggressioni a giornalisti durante le manifestazioni, 160 compiute dalla polizia. 77 reporter sono stati colpiti da proiettili di gomma, 43 dai gas lacrimogeni, 24 dallo spray urticante. Alcuni sono stati incidenti, altri, come si vede dai video, sono attacchi a reporter che mostrano le credenziali. «I’m a fucking journalist» urla Sara Belle Lin mentre cade a terra con la macchina fotografica, colpita da un proiettile di gomma, le ombre dei poliziotti attorno. Sarah ha continuato a coprire le proteste di Oakland, in California, anche nei giorni successivi.
«Ho abbassato la macchina fotografica per un secondo e la mia faccia è esplosa. Ma questo non mi fermerà dal raccontare le storie delle persone» ha dichiarato Linda Tirado durante un’intervista per la BBC News World. La fotogiornalista colpita venerdì sera a Minneapolis, in Minnesota, da proiettili di gomma e spray urticante perderà l’occhio sinistro, secondo i medici.

Photojournalist blinded in left eye by police projectile in Minneapolis – CBC news

Micheal Anthony Adams, corrispondente di Vice News, sabato scorso era steso a terra, vicino una stazione di servizio, a Minneapolis, durante le cariche. Grida «I’m press, I’m press», stampa, stampa, mentre mostra il cartellino da reporter. «Non mi interessa, stai a terra» risponde un ufficiale spruzzandogli spray in faccia. 
Adolfo Guzman-Lopez, reporter per la radio indipendente KPCC posta su twitter le foto delle ferite che un proiettile di gomma gli ha causato alla gola, domenica scorsa, durante le proteste di Long Beach in California.

Negli Stati Uniti US Press Freedom Tracker ha contato 150 violazioni della libertà di stampa in tutto il 2019 mentre quest’anno ce ne sono già state oltre 200, in meno di una settimana. Gli arresti sono quarantanove, tra cui quello del giornalista Oscar Jimenez avvenuto in diretta sulla CNN, nel day one delle manifestazioni. Le scuse del governatore del Minnesota ed il rilascio immediato del reporter, tra lo sdegno di tanti, non hanno fermato però il comportamento degli agenti di polizia nei giorni a seguire. 

Le organizzazioni a sostegno della stampa, come Reporter Committee for Freedom of the Press e Committee to Protect Journalists, sottolineano che la violenza contro i giornalisti viola il Primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti che garantisce libertà di parola estampa. Il Presidente Donald Trump twitta invece che i media fomentano odio e anarchia nel paese «Sono persone cattive con un’agenda malata».

«Non ho mai visto niente del genere» dichiara al The New York Times Ellen Shearer, professoressa alla Medill School of Journalism della Northwestern University e co-direttrice della National Security Journalism Initiative. «Il presidente ha definito i media nemici del popolo. Penso che tutto ciò stia influendo in modo negativo»