«Per troppo tempo nel nostro paese si è portata avanti l’assunzione che una donna dovesse scegliere tra l’esperienza della maternità e il lavoro, è estremamente sbagliato», inizia così l’intervista di Zeta alla ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia Elena Bonetti.
«I paesi europei lo dimostrano, pensiamo alla Francia, in cui c’è uno dei più alti tassi di impiego femminile e uno dei più alti tassi di fecondità», la media europea di donne lavoratrici è due su tre, mentre in Italia solo una donna su due, e nel meridione una su tre, intraprende un impegno professionale in età lavorativa. «Parallelamente abbiamo uno dei più bassi tassi di fecondità femminile d’Europa».
Il Family Act, il disegno di legge con un pacchetto di riforme a sostegno della famiglia approvato due settimane fa dal Consiglio dei Ministri e accolto con favore agli Stati Generali, «è una risposta concreta a questi problemi».
«L’approvazione del Family Act è un passo fondamentale, è una proposta di legge che non solo da incentivi di carattere economico alle famiglie, ma promuove politiche fattive di sostegno al lavoro femminile». Una riforma strutturale, «incentivando anzitutto una forma di lavoro che permetta una maggiore armonizzazione tra la vita familiare per le donne e per gli uomini e la vita lavorativa».
Un incentivo quindi a migliorare anche le modalità di lavoro, «con la promozione dello smartworking che però deve diventare sempre più uno smartliving, cioè la possibilità che i tempi dedicati alla cura dei figli si integrino perfettamente anche con i tempi del lavoro», senza rinunce per le donne.
Grande importanza è data anche alla formazione del mondo femminile, «in particolare nell’ambito delle materie digitali, cercando di valorizzare anche quei periodi di interruzione della carriera femminile, dovuti ad esempio alla maternità, come periodi in cui acquisire ulteriori competenze».
C’è poi il tema fondamentale della deducibilità delle spese del sostengo domestico e una riorganizzazione dei congedi parentali, «per promuovere una maggiore partecipazione anche dalla parte dei padri nella cura familiare e nell’educazione dei figli e un capitolo a parte del Family Act è dedicato alle giovani coppie, con sostegni come l’aiuto per l’affitto della prima casa».
Accanto a questo, «l’assegno universale per tutti i figli, mensile, sostengo alle spese educative e la garanzia che in tutto il territorio nazionale vi sia una rete di servizi educativi per le famiglie, in particolare i servizi per la prima infanzia».
«Ci sono dati recenti che ci dicono che il 73% delle dimissioni volontarie sono firmate da donne», sulle 51mila analizzate dal report dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, infatti, solo il 27% risulta firmato da uomini. E il 60% delle donne abbandona l’impiego dopo il primo figlio. «È evidente che il nostro paese ha un problema strutturale e quindi che la riposta che dobbiamo mettere in campo è a sua volta strutturale e multidimensionale».
«Il Family Act ha avuto l’ambizione di offrire al paese questo progetto innovativo, nel percorso che seguirà potremo fare quel passo avanti necessario per definire un nuovo paradigma di carattere sociale, economico e lavorativo che mai come in questo momento di ripartenza risulta indispensabile».