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Esclusiva

Dicembre 15 2020
Questa sono io e io sono così

Antonella Bellutti, oro nel ciclismo ad Atlanta 1996 e Sydney 2000 (corsa a punti e inseguimento), si candida alla presidenza del Coni. Sfiderà Giovanni Malagò, che ricopre il ruolo dal 2013

Quattro bandiere, che per molti sono etichette: donna, atleta, LGBTQ, vegana. Antonella Bellutti mette prima sul piatto le differenze che la definiscono. Per evitare che qualcuno le strumentalizzi poi. «So per esperienza personale quanto è facile screditare una persona tramite le sue non conformità. Ma nessuno può ferirmi se ne ho già parlato io.»

Tra i 20 presidenti che il Coni ha avuto dal 1914 ai giorni nostri non c’è mai stata una donna. «Ci lamentiamo di non essere presenti e gli uomini si difendono dicendo che noi non ci candidiamo. Eccomi, sono qui per rappresentare quello che non è mai stato rappresentato.»

E certo appartenere a un genere così bistrattato dal mondo sportivo non è l’unico valore che Bellutti porterebbe al Comitato. Come sostiene Vittorio Rava, presidente di A.M.O.V.A. (Associazione Medaglie d’Oro al Valore Atletico): «Ai vertici dello sport non ci sono mai stati atleti veri, che abbiano vinto medaglie d’oro. Per questo sosterrò la sua candidatura.» Non solo sportiva. Antonella Bellutti è anche eclettica. L’unica ad aver vinto due Ori in due edizioni consecutive dei Giochi Olimpici e in due discipline diverse.

Ma il suo primo amore è l’atletica e non il ciclismo. La passione nasce grazie al suo maestro di ginnastica Tullio Blasi. «È lui che mi ha avvicinato ad Andrea Vantini, per me un padre e un allenatore. Da quel momento il campo è diventato la mia seconda casa.» Altro giro altra corsa, dopo un infortunio alla gamba Bellutti decide di dedicarsi al ciclismo. Un inizio casuale favorito dalla lungimiranza di quelli che poi diventeranno i suoi maestri: Renato Valle e Nino Lazzarotto. La vedono pedalare per divertimento e pochi giorni dopo è a Crema per disputare la sua prima gara. Termina la carriera ciclistica ed è la volta del bob. Belluti e Gerda Weissensteiner si classificano settime alle Olimpiadi invernali di Salt Lake City del 2002.

«L’agonismo mi ha forgiato carattere e personalità e ho continuato ad avere una vita intensa anche quando l’ho lasciato. Poi è arrivato il momento di fermarmi, fare ordine.» È il 2011 e in pochi giorni Antonella perde il padre e il suo primo allenatore, quell’Andrea Vantini che per primo l’aveva introdotta al campo di atletica. C’è bisogno di elaborare il lutto e Antonella decide di mettere radici. Lo fa inerpicandosi sulle montagne di Andogno, una piccolissima frazione in provincia di Trento. È qui che decide di ristrutturare la locanda dei nonni paterni e renderla un B&B vegano che gestisce insieme alla compagna Viviana Maffei, scialpinista. «In montagna mi rigenero, entro in contatto con la natura e recupero il filo dei miei pensieri. Ho fatto ordine e capito il ruolo che ancora ha lo sport nella mia vita. La mia candidatura nasce da questo.»

Le quattro bandiere che definiscono Antonella- donna, atleta, LGBTQ e vegana- si fondono nel nome che lei e la sua compagna hanno deciso di dare alla loro attività: Locanda Itinerande. L’idea nasce dal titolo di una rubrica che Bellutti e Maffei tengono su una rivista di Outdoor. Si occupano di raccontare itinerari da percorrere in bicicletta, a piedi o con gli sci e notano che quello della montagna è un ambiente maschile e maschilista. «Volevamo trovare un’espressione adatta sia all movimento fisico che interiore. Così abbiamo pensato al gerundio e lo abbiamo coniugato al femminile.»

«Sono un’atleta, una campionessa olimpica e anche un’insegnante di educazione fisica. Da presidente non dimenticherei la fatica che ti porta ad arrivare sul podio. E nemmeno l’ascesa faticosa delle società atletiche.» In conferenza stampa ci ha scherzato su: «Per il barone de Coubertin l’importante era vincere e non partecipare. Peccato che essendo contrario allo sport femminile lo dicesse solo agli uomini.» E sì che il barone fu l’ideatore dei moderni Giochi olimpici. Ma a 83 anni dalla sua morte i tempi sono forse maturi per un cambio di passo.

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