Lunedì 14 dicembre il voto dei grandi elettori ha ufficializzato quello che ormai si sapeva da tempo, ovvero che il democratico Joe Biden sarà il 46esimo presidente degli Stati Uniti d’America. L’ex vicepresidente ha ottenuto i previsti 306 voti, contro i 232 dello sfidante, il presidente uscente Donald Trump.
Ora manca solo il passaggio del Congresso che conterà formalmente i voti del collegio elettorale il prossimo mese.
Si è iniziato alle 10 di mattina con i quattro grandi elettori del New Hampshire che hanno espresso i propri voti a favore di Biden, si è poi continuato con la California che ha portato il numero oltre la soglia dei 270 – ovvero il numero minimo necessario per conquistare la presidenza – e infine, verso sera, sono stati assegnati i quattro voti finali delle Hawaii.
Ogni Stato ha le sue regole su come scegliere i grandi elettori, di solito sono politici o personaggi influenti del partito. Per i democratici, ad esprimere il proprio voto per lo Stato di New York sono stati ad esempio, fra gli altri, i coniugi Clinton e per la Georgia, Stacey Abrams, uno dei personaggi chiave di queste elezioni presidenziali.
La Georgia, che non votava per un candidato democratico alle presidenziali dal 1992, sarà probabilmente ancora per un po’ sotto i riflettori. Il 5 gennaio infatti ci saranno i ballottaggi per assegnare gli ultimi due seggi al Senato che spettano a questo Stato. Qualora i democratici riuscissero a vincerli si arriverebbe a una situazione di parità nella camera alta che verrebbe risolta al momento delle votazioni dei provvedimenti con il voto del vicepresidente. Con il voto di gennaio quindi c’è in ballo l’attuazione di tutta l’agenda politica del presidente eletto Joe Biden, che non avrebbe vita facile senza la maggioranza in Senato.
Per ora tuttavia, come sottolineato dal New York Times, il voto dei grandi elettori di lunedì con la conseguente ratifica ufficiale della vittoria del democratico, sembra sortire l’effetto di porre un freno ai tentativi di Donald Trump di gettare discredito sul risultato delle elezioni.
Quest’ultimo, infatti, ha provato nelle sei settimane precedenti al voto a interferire nel processo elettorale e a ribaltare il risultato delle presidenziali. In primo luogo, rifiutandosi di concedere la vittoria allo sfidante, e poi, lanciando accuse vane su presunti “brogli” elettorali. Infine, Trump ha annunciato lunedì in un tweet che il Procuratore generale degli Stati Uniti, William Barr, lascerà la sua carica la prossima settimana.
Alla base delle divergenze tra il presidente in carica e il suo ex fedelissimo ci sarebbe il rifiuto del Dipartimento di giustizia, di cui Barr è a capo, di riconoscere i presunti brogli elettorali cui accenna The Donald.
Tuttavia, secondo quando riporta Politico, già molti Repubblicani starebbero abbandonando il fianco del presidente nella sua crociata per ribaltare il voto delle elezioni, compreso il leader della maggioranza al Senato, il repubblicano Mitch McConnell, che martedì mattina si è congratulato con Joe Biden e Kamala Harris. La risposta di Trump non si è fatta attendere ed è arrivata con un tweet: «È troppo presto per arrendersi. Il Partito Repubblicano deve finalmente imparare a combattere. Le persone sono arrabbiate!».
A riconoscere la sconfitta di Trump anche il presidente russo Vladimir Putin – fra gli ultimi capi di Stato a congratularsi con il presidente eletto.
E sui tentativi di Trump di ribaltare i risultati delle elezioni si è espresso anche il nuovo presidente eletto in un discorso pronunciato a Wilmington in Delaware, in cui ha affermato che «la legge, la nostra Costituzione e la volontà della gente hanno prevalso» e ha continuato: «In questa battaglia per l’anima dell’America, la democrazia ha prevalso. Le persone hanno votato. La fede nelle nostre istituzioni ha retto. L’integrità delle nostre elezioni rimane intatta. E così, è tempo ora di voltare pagina. Di unirci. Di guarire».
Leggi anche: “Trump non è come Hitler, oggi le cose funzionano in modo diverso”, di Claudia Chieppa e Livia Paccarié
Foto in evidenza di Gage Skidmore from Peoria, AZ, United States of America, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons