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Esclusiva

Gennaio 2 2021
Soffocare, un libro che “non vale la pena leggere”

Un sessodipendente alle prese con la terapia di disintossicazione, una mamma in cerca di avventure non convenzionali, un amico che raccoglie sassi per non pensare alla masturbazione

Victor Mancini è “un ragazzino stupido”. A Palahniuk bastano quattro righe per immergere il lettore in “Soffocare”, la storia di un tizio che “nessuno vorrebbe conoscere”. 

Tutto inizia a bordo di uno scuolabus rubato, guidato da Ida Mancini, la madre tossicodipendente alle prese con l’ennesimo tentativo di strappare il figlio ai genitori affidatari, tra una sniffata e l’altra da un tubetto di tricloroetano. Lo stile maleducato e incalzante dell’autore, giornalista di Pasco, Washington Dc, è lo stesso del suo best seller, Fight Club: passa dalla prima alla terza persona, con periodi brevi, pochi aggettivi e tempi non lineari. 

Soffocare, un libro che “non vale la pena leggere”
Copertina italiana di Soffocare, edito da Mondadori nel 2003

Così, nel secondo capitolo, Victor Mancini è un sessodipendente. Cerca di uscirne, ma è fermo a quella che viene chiamata “fase quattro” della sua terapia. Fare sesso gli svuota la mente, le endorfine lo distraggono dalla depressione, dai problemi, dal pensiero della mamma, ricoverata in una clinica per anziani e malati di mente. Victor ha lasciato gli studi di Medicina per pagarle le cure. Ora fa la comparsa e per arrotondare ogni sera va in un ristorante diverso, dove finge di soffocare. Quell’attimo – “che dura due minuti al massimo” – lo mette al centro del mondo, lo soddisfa dell’attenzione che merita. Trova qualche benefattore disposto a salvargli la vita, eroi pronti a corrispondergli assegni vitalizi. 

“Elemosina non è la parola esatta, ma è la prima che mi viene in mente”. Con questa formula ricorrente Chuck Palahniuk, per alcuni commentatori l’erede di Irvine Welsh, enfatizza i pensieri dei suoi personaggi. Descrive gli ambienti e i caratteri solo per rimarcarne il grottesco. Come con Victor che soffoca, convinto di regalare ai suoi salvatori scappatoie dalla monotonia della vita. Tra riflessioni sul consumismo e flusso di coscienza, la storia “che non vale la pena leggere” fila via tra i dialoghi di un figlio con la mamma – che sul lettino peggiora di giorno in giorno fino a non riconoscerlo più -, qualche scappatella e le giornate con l’amico Danny, intento a raccogliere sassi per non pensare alla masturbazione. 

Poi l’amore irrompe nella vita di Victor, con il volto di una sedicente dottoressa, Paige Marshall. Ogni avventura sessuale perde di senso e quel “ragazzino stupido”, ormai uomo, è costretto a rivivere la propria infanzia nel tentativo di superare quella fase quattro e comprendere le radici della sua dipendenza. 

Soffocare, un libro che “non vale la pena leggere”
Locandina del riadattamento cinematografico di Clark Gregg, 2008

“Soffocare” è la parabola di un antieroe cinico, che non deve dimenticare “di essere senza speranza”. Un’anima tormentata tra amore e odio per la mamma, tra bisogno di accettazione e la sensazione di essere indispensabile per qualcuno. È un climax verso la ricerca di senso, ma anche una metafora del binomio fede e scienza, amore e ragione. Quando il lettore pensa di aver capito qualcosa, Palahniuk tronca la storia e lo strattona verso un nichilista finale a sorpresa. 

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