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Esclusiva

Gennaio 12 2021
«Non era solo l’autore di Tex. Era Tex». Gianni Bono e Sergio Cofferati ricordano Gianluigi Bonelli

Il 12 gennaio 2001 moriva il celebre editore. Nel 1948 creò un personaggio che avrebbe appassionato intere generazioni. L’intervista allo storico e studioso del fumetto e all’ex segretario generale della CGIL

«Per me era un mito. Da come parlava e si muoveva, capii subito che non era solo l’autore di Tex. Era Tex». Intervistato da Zeta, lo storico e studioso del fumetto italiano Gianni Bono ricorda così Gianluigi Bonelli. Editore brillante, scrittore talentuoso, il 12 gennaio 2021 ricorrono i vent’anni dalla morte del creatore del più celebre eroe del West. Il 30 settembre 1948, infatti, dalla sua penna nasce Tex Willer, pistolero fenomenale e cavaliere impareggiabile, sempre al servizio della giustizia e dei più deboli, come ranger del Texas e capo della tribù indiana dei Navajos, con il nome di “Aquila della notte”. Da quel primo formato a strisce di 16,5 cm x 8 cm, pubblicato dalle Edizioni Audace, sono trascorsi decenni di avventure, che hanno accompagnato intere generazioni e continuano ad appassionare ancora oggi.

Settantatré anni per la precisione, gli stessi che nel 2021 compiranno Gino Strada, chirurgo fondatore dell’associazione umanitaria Emergency, il C.t. della Nazionale campione del mondo nel 2006 Marcello Lippi, il musicista dei Led Zeppelin Robert Plant, e Carlo, principe di Galles, figlio della Regina Elisabetta II d’Inghilterra. Tra i coetanei più famosi del ranger anche Sergio Cofferati, nato il 30 gennaio 1948 a Sesto Uniti, in provincia di Cremona. Sindacalista – ex segretario generale della CGIL – Europarlamentare dal 2009 al 2019, sindaco di Bologna dal 2004 al 2009 e grande ammiratore dell’eroe bonelliano: «Abbiamo la stessa età. Ci siamo conosciuti a quattro anni, quando ancora guardavo le figure perché non sapevo leggere. Vivevo in un piccolo centro, l’edicola in piazza era uno dei miei posti preferiti. La poca carta stampata che arrivava veniva esposta su un asse. Spiccavano le pagine de La Provincia, il quotidiano locale. E poi c’era Tex».

Gianluigi Bonelli
Sergio Cofferati
Photo credit: Ansa

«Ho intervistato Bonelli per più di un ventennio – ricorda Gianni Bono – La prima volta nel ‘72, in occasione del Salone Nautico di Genova, grazie a un amico comune, Giovanni De Leo, che era stato suo socio. Fu imbarazzante. Ero alle prime armi, con un registratore più alto di me. E di fronte avevo il papà di Tex. Gli piaceva comportarsi, muoversi come lui. Spesso arrivava in ufficio vestito da cowboy, cappello e cinturone con pistole. Ma in quegli anni non era convinto di essere la sua stessa creatura. Lo avrebbe ammesso solo tempo dopo». Insieme al collega e amico Alfredo Castelli, Bono ha dato i natali alla storiografia del fumetto in Italia. Fondatore delle Edizioni IF, ha scritto “G.L. Bonelli. Tex sono io”, uscito lo scorso 7 gennaio e pubblicato dalla Sergio Bonelli Editore. «Prima di quel fatidico 1948 i nostri due avevano già avuto alcuni incontri occasionali, senza che si rendessero conto di quanto sarebbero diventati importanti nella loro vita. Tra questi, quando Bonelli cominciò a lavorare per la casa editrice Audace di Lotario Vecchi. Traduceva i fumetti dall’inglese e il primo personaggio che gli fece compagnia era un certo Tex Thorne, di Zane Grey e Allen Dean. Quel nome gli è rimasto nel cuore, è stato lo spunto per scrivere una storia. Anche se all’inizio non ne era convinto. Nel Dopoguerra, infatti, il suo obiettivo era realizzare un giornale. Con Cow-boy non andò molto bene. Anche Occhio Cupo, un albo su un corsaro mascherato, non incontrò il favore del pubblico. Ma il formato giornale andò in crisi, al contrario di quella piccola striscia con protagonista Tex. Un successo inaspettato ma non casuale, pensato sulla scia di un’intuizione. Gli altri ragionavano su fumetti per ragazzini, ma quelli che uscivano dalla Seconda Guerra Mondiale erano già uomini. Tex aveva un taglio più adulto, per cui attirava lettori maturi. E quelli più giovani avrebbero continuato ad acquistarlo negli anni».

Gianluigi Bonelli
© Sergio Bonelli Editore

Per Cofferati i meriti di Bonelli sono anche altri: «Ha trasformato le sue passioni in un prodotto di qualità, un editore che ha sempre curato il rapporto con autori e disegnatori. Diversi tra loro per storie, modi di fare, ma tutti grandi artisti. Anche per questo Tex è così longevo. Senza dimenticare l’attenzione verso gli indiani. Settant’anni fa non era scontata. Lettore appassionato, l’ex sindacalista è stato anche un collezionista scrupoloso. «Qualche anno dopo ho recuperato tutti i numeri. Compravo qualsiasi articolo che lo riguardasse, ogni versione nuova. Compresa quella che racconta la vita del giovane ranger. È stato uno dei miei compagni di letture, fino a oggi. Per 68 anni abbiamo proseguito senza interruzione. Dalle strisce, alla loro raccolta, fino al formato attuale. Poi nel 1998, in occasione del suo cinquantesimo compleanno, gli feci un regalo. Scrissi “Il mio amico Tex”. Pensate che quando ero sindaco di Bologna tenevo tutti i fumetti in cantina. Un giorno si fece avanti una Onlus e me li chiese. Ci pensai, non era facile separarmi da un pezzo di vita. Alla fine accettai, avevano trovato un acquirente e con quel ricavo comprarono strumenti per l’assistenza dei bambini».

«Non era solo l’autore di Tex. Era Tex». Gianni Bono e Sergio Cofferati ricordano Gianluigi Bonelli
Photo credit: Ansa

Solo alla vigilia dell’ottantesimo compleanno Gianluigi Bonelli si reca negli Stati Uniti, per decenni sfondo alle avventure del suo eroe. Ma per Gianni Bono, il paragone con lo scrittore Emilio Salgari non regge: «La differenza è sostanziale. Salgari parlava di cose che non conosceva, l’Oriente se lo inventava. Bonelli, invece, si documentava. Cinema, riviste americane di settore, atlanti. Conosceva tutto di luoghi, linguaggi, tradizioni, usi e costumi degli indiani. Ecco perché affermò di esserci già stato, quando per la prima volta mise piede sul suolo americano». Nessun dubbio poi sui tratti comuni a personaggio e autore: «L’onestà, il senso di giustizia in favore dei deboli. L’unica differenza, le donne. Tex non le ha più guardate dopo la morte della moglie Lilyth. Al contrario di Bonelli, più guascone e simile a Kit Carson, fedele compagno del nostro eroe. E poi il vizio di far male ogni volta che stringeva la mano. Tex non si sarebbe mai permesso».

La miglior caratteristica del ranger? Cofferati è sicuro: «Il carattere, un prodotto di coraggio, decisione, umanità. Sempre in difesa delle cause giuste, e mi piace il rapporto con i suoi pard, i soci, fedeli compagni d’avventura. Sono il figlio Kit, il vecchio Kit Carson, il Navajo Tiger Jack. Ma anche con personaggi secondari, meno presenti nelle storie ma grandi amici. Penso al Capitano delle Giubbe rosse canadesi Jim Brandon, a Pat Mac Ryan, pugile irlandese forzuto e simpatico». Poi una battuta: «Per fortuna non si è buttato in politica. Avrebbe avuto una vita difficile».

Gianluigi Bonelli
Photo credit: Ansa

In molti si chiedono perché dopo settant’anni questo eroe del West abbia ancora tanto seguito. Secondo Gianni Bono, una vera risposta non c’è. «La gente ama chi protegge i deboli. E poi è una tradizione di famiglia. Ma non basta a spiegare. Mauro Boselli, erede di Bonelli, ha avuto l’intuizione di lanciare Tex Willer, recente collana sulla gioventù del protagonista. Un grande successo, a testimonianza di un pubblico giovane che legge sia il “vecchio” fumetto, quello del nonno, tenuto come una reliquia nella libreria di casa, sia le storie nuove. Dunque Tex non è solo un’icona. Grazie alla proposizione di vari formati, ha tenuto aperte diverse possibilità di lettura. Si è sempre rinnovato, senza invecchiare».

Sembra che Bonelli lo ripetesse di continuo: avrebbe riempito di soldi chiunque fosse stato capace di scrivere le storie al posto suo. Bono sorride. «Non ha mai trovato nessuno. E neanche lo voleva davvero. Lui trasferiva tutto quello che sapeva a chi gli stava intorno, lanciava messaggi affinché qualcuno li cogliesse. Il suo merito è quello di non aver mai insegnato, ma lasciato tracce da interpretare e riproporre nelle nuove avventure di Tex. Era unico, amava improvvisare e sorprendere. Ricordo ancora i nostri incontri. Vere e proprie sfide, in cui sembrava recitasse. Sapeva che avrei scritto la sua storia e mi raccontava tutto, anche dettagli che non possono essere svelati. Ma sempre con dolcezza e delicatezza. Ho intervistato tanta gente, ma mai un personaggio dei fumetti. Grazie a lui, posso dire di aver avuto il piacere, esclusivo, di parlare con Tex Willer».