«Ganbei», un invito a bere tutto d’un fiato accompagna il brindisi della tradizione cinese. I piccoli bicchieri di cristallo, realizzati a mano per contenere la giusta quantità di liquore, si sfiorano. Un aroma deciso e intenso, il profumo di riso, salsa di soia e lievito. Bere il baijiu, distillato di frumento e sorgo, durante i pasti vuol dire onorare i commensali e dimostrargli amicizia. Meglio se fatto «alla goccia», sempre se si riesce a resistere alla gradazione alcolica di 53°, e poi girare il bicchiere al contrario per dimostrare di aver bevuto tutto. Un brindisi dopo l’altro per la buona sorte e prosperità hanno portato la Kweichow Moutai, azienda che produce il baijiu più prestigioso in Cina, a superare il maggiore produttore di bevande al mondo per capitalizzazione di mercato: Coca-Cola. Nel 2020 le azioni della società sono aumentate del 70% ed è stata valutata a 2,7 trilioni di yuan, più di 346 miliardi di euro.
Il Moutai vale più di alcuni colossi globale come Toyota e Disney, ma il 97% delle sue vendite provengono soltanto dalla Cina. La società ha cercato di spingersi oltreoceano, ma nella maggior parte dei casi ha incontrato la diffidenza dei clienti stranieri per via del suo sapore forte che gli ha valso il nome di «Acqua del fuoco». Ma è stato proprio questo ad aver catturato l’attenzione di Gianluca Scalfi, Ceo della 88 baijiu, azienda italocinese specializzata nella distribuzione del Moutai in Italia. «Quando ho assaggiato questo liquore sono rimasto affascinato dai suoi aromi e sentori, molto diversi da quelli a cui siamo abituati», racconta Scalfi. Così nel 2011 l’azienda con sede a Gavardo, in provincia di Brescia, è diventata la prima rivenditrice ufficiale in Italia della Kweichow Moutai. «Ho conosciuto un esportatore cinese residente in Australia grazie a degli amici in comune e mi sono lasciato trasportare in questa avventura». Il nome scelto da Scalfi, 88 baijiu, non è casuale: «Secondo la tradizione cinese, l’88 è segno di buon auspicio», spiega. Il doppio numero, infatti, somiglia graficamente al carattere 囍 (xi) che in cinese significa letteralmente doppia gioia.
«La fetta maggiore del nostro mercato è occupata dalle comunità cinesi presenti in Italia. Il Moutai è un prodotto in cui si riconoscono, legato alla cultura e alla tradizione millenaria del paese, e che per questo li fa sentire a casa». Il baijiu è parte integrante della storia della Cina: la prima documentazione storica risale al 135 a.C. e da allora ha accompagnato incontri e cene ufficiali, come quella del 1972 tra il presidente americano Richard Nixon e il presidente cinese Mao Zedong. Ma è proprio per via di questo stretto legame che l’azienda di Scalfi ha incontrato diverse difficoltà nel vincere la fiducia dei cinesi in Italia. «Ci abbiamo impiegato un paio d’anni per affermarci sul mercato. Prima di tutto perché il Moutai in Italia non era presente, poi perché in Cina c’è un grande mercato parallelo di prodotti contraffatti». Le comunità cinesi si chiedevano come un’azienda italiana potesse vendere un prodotto così legato al territorio, che utilizza solo ingredienti ricavati dalla valle del fiume Chishui, nella Cina meridionale, dove si trova la città che dà il nome al distillato. L’acqua della sorgente e la composizione chimica della terra sono fondamentali nel processo di produzione di questo liquore. «Grazie a collaboratori formati tecnicamente sul prodotto e la partecipazione ad eventi di spicco, come il capodanno cinese, siamo riusciti a superare la diffidenza».
L’elevato costo del Moutai, dovuto ai lunghi processi di produzione e alle materie prime esclusivamente cinesi, ha reso il liquore un prodotto di nicchia in Italia. «Nel nostro paese il mercato si divide tra i clienti che lavorano con i cinesi, come agenzie di viaggi o negozi degli aeroporti, e tra hotel e ristoranti di lusso. Abbiamo riscontrato grande successo anche tra i bartender professionisti, che utilizzano gli aromi del Moutai per dare un gusto diverso ai loro cocktails». I piani marketing dell’azienda italocinese per il 2020 si sarebbero concentrati sulla maggiore diffusione del prodotto in Italia, ma a causa del Covid-19 hanno dovuto reinventarsi: «Durante la fase più acuta dell’emergenza sanitaria al posto del baijiu abbiamo importato prodotti sanitari dalla Cina», racconta Scalfi. Una pausa fondamentale, ma da cui la 88 baijiu è pronta a ripartire per portare un po’ della storia e della cultura millenaria cinese nel nostro paese.