«Un governo di scopo senza scadenza». Un altro paradosso, uno dei tanti su cui si fonda il nuovo esecutive presieduto da Mario Draghi. A pronunciare questa formula è Giovanni Orsina, politologo e direttore della Luiss School of Government. Lo fa quando gli viene chiesto quale sarà l’orizzonte di un governo che per rappresentare tutti rischia di non rappresentare nessuno: dalla Lega al Pd, dal Movimento 5 stelle a Forza Italia. «Lo scopo di questo governo l’elezione del Capo dello Stato, dopodiché si vedrà». In mezzo c’è la pandemia, il piano vaccini, il Recovery Fund. Insomma, il «nocciolo da salvaguardare». Quello da tenere fuori dai litigi di uno o dell’altro partito.
Le contraddizioni, dunque. Quelle che emergono plasticamente già dalla foto di governo scattata dopo il giuramento al Quirinale. Ventitré ministri in tutto, di cui otto tecnici e quindici politici, tutti provenienti da estrazioni opposte: da Roberto Speranza alla Sanità fino a Renato Brunetta per la Pubblica Amministrazione. Facendo un rapido calcolo pare che l’importanza dei partiti prevalga sui tecnici. Ma la politica non è aritmetica e il peso di una compagine si esprime attraverso l’importanza del ministero che occupa. «È vero che i ministri politici sono il doppio, ma i portafogli più importanti sono in mano ai tecnici», è l’opinione di Orsina. Il motivo? «Quello a cui si dovrà lavorare nei prossimi mesi sarà il Recovery Fund, per questo mi sento di dire che il baricentro cade più sul tecnico». Giustizia, Interni, Economia, Istruzione: dicasteri in mano a professionisti e fuori dalla mischia politica.
Senza dimenticare però che Lavoro e Sviluppo economico – cruciali nella gestione dei fondi europei – sono attribuiti a due vicesegretari di segno opposto: il primo è di Andrea Orlando, numero due del segretario Pd Nicola Zingaretti; il secondo lo presiederà Giancarlo Giorgetti, vice del Capitano leghista Matteo Salvini. Si tratta di due ministeri interconnessi, tanto che nel governo Conte 1 furono accorpati sotto la gestione del riconfermato ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Difficile, dunque, che si riesca a trovare una sintesi politica. Se è vero che due forze uguali e contrarie danno come risultato zero, questa cifra rappresenta il livello di politicizzazione degli interventi che partoriranno i due dicasteri. «Il tentativo sarà quello di “tecnicizzare” il più possibile il Recovery Fund e lasciare che gli altri ministri si sfoghino sul resto». Sui temi che di solito caratterizzeranno l’indirizzo politico di un governo, ma che in questo caso dovranno tener conto delle divergenze interne lasciando spazio a soluzioni di compromesso. Questo perché non c’è solo il Recovery nell’orizzonte di Mario Draghi e non è un governo di scopo quello che ha chiesto il Presidente Mattarella. L’obiettivo è il 2023: la fine della legislatura.
Un miraggio? Forse. «Lo scopo di questo governo è l’elezione del Capo dello Stato. Dopodiché si vedrà. C’è chi ritiene che questo governo debba durare fino alla fine della legislatura, ma quella del nuovo Presidente della Repubblica sarà un punto di passaggio cruciale al di là del quale è molto difficile guardare. Per questo potremmo definirlo “un governo di scopo senza scadenza”, dove gli obiettivi sono Recovery Fund e Quirinale», scadenze fissate prima della fine naturale della legislatura. Due traguardi che – secondo Orsina – rappresentano anche «i due punti di convergenza che hanno dato vita a questa situazione: Draghi e Mattarella». Il primo gestirà i fondi europei e il secondo vigilerà dall’alto. «Entrambi, ad oggi, sono i principali candidati al Quirinale».