Se siete a Lucca quando c’è il sole, salite i 230 gradini della Torre Guinigi e restate a osservare il panorama all’ombra dei lecci. Dal suggestivo giardino pensile vedrete i tetti della città, le montagne e la piana circostante, tagliata da lingue d’asfalto. Sono le strade dove si allena Francesca Baroni, campionessa italiana in carica U23 di ciclocross. Sorda dalla nascita, quel giorno si è comportata come fa di solito quando sale in bici: ha allacciato il caschetto e “nel silenzio” ha pedalato più forte di tutti. A Zeta ha raccontato il suo mondo.
Ha 10 mesi quando va alla prima seduta di logopedia. Per anni fa la spola da Bozzano – frazione del comune di Massarosa – fino a un centro specializzato, il CRO di Firenze. Un percorso lungo, in cui impara a leggere le labbra e articolare i suoni. Prima una sillaba alla volta, poi più parole insieme. A scuola ci sono gli insegnanti di sostegno ad aiutarla. È brillante, ma non ha tanta voglia di studiare. Le basta accelerare quando è il momento giusto, come in gara. Risultato? Diploma in Ragioneria con 100/100. Per il momento niente università, vuole dedicarsi allo sport della vita conosciuto tanto tempo fa, nel 2006. C’è il Giro d’Italia e un ventinovenne varesino sta correndo da padrone. Francesca lo vede in televisione, quella Maglia rosa è bellissima. Si chiama Ivan Basso, diventerà il suo idolo: «Esiste il ciclismo per ragazze?», chiede. Ha solo sei anni.
Arrivano le squadre giovanili, le prime vittorie, il ciclocross. Fino al professionismo. Il fango le piace, adora lottare e spingere sui pedali quando le ruote affondano nel fondo melmoso. In sella è leggera, sembra galleggiare. Va forte: quattro i titoli nazionali di categoria. Oggi, a 21 anni, divide la stagione tra terra e strada. Far bene al prossimo Giro Rosa è uno dei principali obiettivi. I tifosi numeri uno? Mamma Alessandra e papà Luca, con lei fin dall’esordio. «Mi fido, ma se si facesse male e chiudesse gli occhi, ‘spegnerebbe’ il mondo – racconta Luca – Per questo vogliamo esserci, la seguiamo in auto o con lo scooter durante gli allenamenti». Anche se non ce ne sarebbe bisogno, perché Francesca ormai “sente” le macchine in arrivo grazie alle vibrazioni che percepisce.
Una vita non semplice, con cui ha dovuto fare i conti per trovare nuove strategie. Ma non si è persa d’animo, non ha rinunciato a lottare. Poi la pandemia, che ha reso tutto più complicato. Quelle mascherine, create per proteggere dal virus, l’hanno isolata. Senza labbra in movimento è complicato anche andare da soli alla posta o al supermercato. «Chiedo alle persone di abbassarla e mi metto a distanza di sicurezza. Ma non sempre è possibile, qualcuno si rifiuta».
Nasconde due sogni, perché sarebbe sciocco accontentarsi di uno soltanto. Correre in Belgio – dove la bicicletta è religione – e vincere le Strade Bianche, la corsa degli sterrati che termina in Piazza del Campo a Siena. Quella che da toscana sente sua più di qualsiasi altra. A Van der Poel preferisce Van Aert, perché «più potente e completo». Tra Alaphilippe e Sagan lo slovacco, perché «talentuoso e guascone». È golosa, adora la Nutella. Ma la dieta del nutrizionista non ammette sgarri. Niente birre o pizze con i compagni di scuola, e neanche lunghe dormite la domenica mattina. Ci sono le gare e la stagione è ricca di appuntamenti. Rinunce e sacrifici. Ma Francesca è felice di alzarsi presto, sistemare la sella della bici e allacciare gli scarpini. Per continuare a correre chilometro dopo chilometro, volando nel fango.