I patti devono essere rispettati, e a farli rispettare stavolta è l’Italia di Mario Draghi. A neanche un mese dalla sua nomina, il presidente del Consiglio decide di bloccare l’esportazione di oltre 250 mila dosi di vaccini prodotti da AstraZeneca, colpevole di gravi ritardi nelle consegne delle fiale agli Stati dell’Unione europea (Ue). La Commissione di Ursula von der Leyen accoglie la decisione del governo italiano: il colosso farmaceutico anglo-svedese non potrà esportare le proprie fiale nel resto del mondo finché non rispetterà i contratti stipulati con l’Ue. Le dosi confiscate, confezionate nello stabilimento dell’azienda Catalent di Anagni, saranno ripartite tra i Paesi europei. La fabbrica del frusinate, che Zeta ha raggiunto telefonicamente, si rifiuta di commentare l’accaduto: «Non possiamo rilasciare informazioni».
Al centro della scelta di Draghi, il rispetto del Meccanismo di controllo dell’export. Lo strumento normativo, lanciato da Bruxelles il 30 gennaio scorso, doveva servire a evitare che le dosi destinate agli Stati dell’Ue venissero rivendute all’estero; adesso, è l’ex presidente della Banca centrale europea (Bce) a chiederne (e ottenerne) per la prima volta un’applicazione più rigida. «Draghi mostra un cambio di passo netto rispetto al governo precedente e all’approccio che fino a oggi c’è stato nell’Ue. Non solo riguardo le leadership politiche dei singoli Paesi, ma anche del loro rapporto con le case farmaceutiche», commenta Davide Ghiglione, giornalista della sede di Roma del Financial Times.
Bruxelles rivendica il proprio ruolo nella vicenda: quella su AstraZeneca non è una decisione unilaterale del governo italiano. Una posizione discutibile secondo Alessandro Speciale, capo della redazione romana di Bloomberg News: «Basta dare un’occhiata ai regolamenti: è vero che la Commissione avrebbe potuto sollevare un’obiezione, ma tecnicamente sarebbe stato difficilissimo. La scelta è tutta italiana: Draghi aveva fatto intendere già durante lo scorso Consiglio europeo che le aziende che non avrebbero rispettato gli accordi con l’Ue avrebbero potuto subire azioni di questo genere».
Il numero uno di Palazzo Chigi, fin dall’inizio del suo mandato, ha parlato di intensificare la campagna vaccinale usando ogni risorsa, tra cui l’esercito. La sua decisione, ora, avrà conseguenze non solo in Italia, ma in tutta Europa. «Draghi ha rappresentato un terremoto – continua Ghiglione – Le sue mosse hanno agitato i politici e i partiti, da Giuseppe Conte che entra nel Movimento 5 Stelle al segretario del Partito democratico, Nicola Zingaretti, che si dimette. Il suo è stato un approccio muscolare».
Ma è dal punto di vista geopolitico che si avranno i cambiamenti più rilevanti. Secondo il giornalista del Financial Times, «si sta indebolendo l’asse franco-tedesco e se ne sta affermando uno tra Francia e Italia su iniziativa del nostro esecutivo: il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, ha “inseguito” tutte le politiche di Draghi, sia in materia di campagna vaccinale sia in termini europei». Per Ghiglione, l’Italia potrebbe ritagliarsi un nuovo ruolo in Europa, anche sfruttando i rivolgimenti degli altri Paesi: «In Germania ci sarà sicuramente un riassestamento, si parla dell’uscita dell’Spd [partito socialdemocratico, ndr] dalla “grande coalizione”, forse entreranno i verdi. Per non parlare delle contraddizioni diplomatiche interne, dal rapporto con la Russia a quello con la Cina. Tutti problemi che Draghi oggi non ha: potrebbe imporsi in quest’ambito sfruttando anche la sua posizione di ex presidente della Bce».
Gli occhi di Berlino e Parigi sono puntati su Roma. «L’Italia potrebbe diventare un laboratorio per il continente – continua il giornalista – Il rispetto del Meccanismo di controllo dell’export è stato fatto valere dal nostro Paese, bisogna vedere cosa faranno gli altri. Il presidente del Consiglio ha chiamato direttamente Ursula von der Leyen mostrando forza, ora bisogna capire quali saranno le conseguenze soprattutto sul piano internazionale. La Commissione europea ha faticato a gestire la pandemia e la campagna vaccinale. L’incapacità di intrattenere rapporti bilaterali con terzi è evidente, visto che è ancora in mano ai singoli Paesi. Nel momento in cui Draghi riesce a creare questa dinamica, aprendola anche a nuovi Stati influenti sulla geopolitica dell’Ue, ecco che il nostro presidente del Consiglio può assumere un ruolo centrale. L’Italia non è solo tornata a essere protagonista, ma sta dettando proprio l’agenda».
Mentre l’Europa è alla ricerca di un leader politico, la pandemia non accenna a rallentare. «Il rischio è che la decisione di Palazzo Chigi dia origine a una battaglia: gli Stati Uniti potrebbero fermare a loro volta le esportazioni, finora non è successo perché godono di un’imponente industria domestica. La produzione dei sieri è globalmente integrata e l’Europa da questo punto di vista è molto libera: possiede diversi vaccini destinati a tutto il mondo ed è il più grande investitore nel meccanismo che garantisce le dosi ai Paesi meno sviluppati. È già molto altruista, ma si rischia di non far arrivare questo messaggio e anzi di darsi la zappa sui piedi. Non è una grande quantità di dosi quella bloccata, non cambierà drammaticamente i piani vaccinali australiani, ma rimane un gesto forte», commenta Speciale.
Il grande pericolo è quello di un’escalation protezionistica nella cessione dei vaccini. «È improbabile che accada – continua il giornalista di Bloomberg News – sarebbe una mossa assurda e suicida: sono prodotti complessi, servono ingredienti di varie parti del mondo per produrli, è una catena di fornitura globale, diffusa e complessa. Una gara protezionistica non sembra essere nell’interesse di nessuno, la decisione di Draghi appare più come un segnale mandato ad AstraZeneca. È bene poi ricordare a tutti quanto l’Ue sia centrale nella produzione di vaccini a livello globale: ha un’enorme capacità tecnologica e produttiva, che non si improvvisa in settimane, mesi o anni». Il messaggio sembrerebbe chiaro: l’Italia è tra i Paesi con più competenze in questo campo, non si può giocare con Roma e Bruxelles.