«Ad oggi, in molti settori, i sistemi di intelligenza artificiale riescono a sviluppare competenze pari o addirittura superiori a quelle degli esseri umani. Molto utilizzati sono gli algoritmi di machine learning che imparano dai dati, e che sono in grado di evolvere con l’esperienza. Mi riferisco, per esempio, alle reti neurali artificiali, modellate in origine sul funzionamento del cervello umano, o meglio, su quello che si riusciva a comprendere del funzionamento del cervello umano». Queste le parole del professor Giuseppe Italiano, docente di Computer Science presso l’Università LUISS, a proposito degli ultimi sviluppi nel campo di ricerca dell’artificial intelligence (AI).
Per “intelligenza artificiale” si intende lo studio di “agenti intelligenti”, ovvero di sistemi che percepiscono ciò che li circonda (l’ambiente) e intraprendono azioni che massimizzano la probabilità di ottenere con successo obiettivi prefissati. «Concentrandoci su uno degli ambiti più di successo, il machine learning, potremmo dire che gli algoritmi funzionano utilizzando enormi volumi di dati, per “imparare” come eseguire sempre meglio alcuni compiti. Questi si basano soprattutto su tecnologie algoritmiche e statistiche, e imparano in modo autonomo, senza bisogno di scrivere miliardi di linee di codice». Molto importanti sono le reti neurali basate su deep learning, ovvero su reti complicate, con diversi livelli di profondità nella loro struttura, come ad esempio deep neural networks, deep belief networks, recurrent neural networks e convolutional neural networks.
Non c’è dubbio che la capacità, in rapido miglioramento, dei sistemi informatici di risolvere i problemi e di eseguire compiti che altrimenti richiederebbero intelligenza umana – e, in alcuni casi, eccederebbero le prestazioni umane – stia cambiando il mondo. «L’intelligenza artificiale è oramai impiegata quasi ovunque, e ha rivoluzionato completamente diversi settori dell’industria e molti aspetti delle nostre vite e della nostra società – spiega Italiano – le applicazioni principali vanno dalla finanza alla salute, alla logistica, ai trasporti, al manifatturiero, ai servizi, ai media, all’agricoltura fino al diritto. Alcuni esempi di uso quotidiano sono i personal assistant, come Alexa e Siri, che riescono a comprendere quello che diciamo e sono in grado di eseguire particolari compiti; il riconoscimento facciale, con cui facciamo login sui nostri telefoni o portatili, o con cui si effettua il controllo passaporti agli aeroporti; le chatbot, con cui interagiamo nel servizio clienti di varie aziende; i filtri antispam, che ci proteggono da email indesiderate. Anche se non ce ne accorgiamo, tutte queste applicazioni sono basate su tecnologie di intelligenza artificiale e in particolare su machine learning».
Un esempio di questo è “AlphaGo”, un software per il Go, un sofisticato gioco da tavolo, sviluppato da Deepmind, un’azienda inglese di intelligenza artificiale. Nel 2016 “AlphaGo” è riuscito a battere Lee Sedol, più volte campione mondiale di Go, per 4 partite a 1. Questa versione del software era stata costruita con un insieme di regole e aveva bisogno di supporto umano. L’anno successivo fu costruito “AlphaGo Zero”, che invece non aveva bisogno di alcuna supervisione umana: partendo da un insieme di regole e dopo aver visto migliaia di partite di Go, in soli tre giorni riuscì a battere “AlphaGo” per 100 partite a 0.
Dove sarà applicata l’intelligenza artificiale?
«Nel settore delle tecnologie digitali è molto difficile fare previsioni, anche a breve termine. Credo però che nei prossimi anni l’intelligenza artificiale avrà sempre più impatto nei trasporti, soprattutto con il diffondersi dei veicoli a guida autonoma, nel manifatturiero, in cui molti più compiti saranno svolti da macchine e da robot, nella sanità, in cui si andrà sempre più verso una diagnosi e una medicina personalizzata, e persino nei media e nel giornalismo. Negli ultimi mesi abbiamo assistito infatti all’affermarsi di “Large language models”, come ad esempio GPT-3, che sono in grado di generare automaticamente testi di ottima qualità. Negli Stati Uniti già oggi molti articoli per i giornali vengono scritti da sistemi automatici di questo tipo».
Negli ultimi tempi infatti stanno crescendo le ricerche e gli studi relativi a sistemi di tipo “generativo”: sistemi del genere sono in grado comporre testi, audio, immagini e video con standard così elevati che persino noi esseri umani abbiamo difficoltà a distinguere tra quelli veri e quelli “artificiali”.
I rischi
«Man mano che deleghiamo ad algoritmi responsabilità crescenti, come ad esempio eseguire transazioni finanziarie, influenzare decisioni importanti, oppure guidare veicoli autonomi, è importante poter spiegare agli utenti perché è stata presa una certa decisione, capire come poter assicurare comportamenti etici nell’interesse degli utenti stessi. In fin dei conti, chi è responsabile delle decisioni prese da un algoritmo?».
La risposta a questa domanda non è affatto banale, proprio perché un algoritmo di machine learning molto spesso non è trasparente. Per sua stessa natura è una “black box” (un sistema descrivibile solo nel suo comportamento esterno e il cui funzionamento interno è non visibile) e non si comprende perché sia arrivato a certe conclusioni. Inoltre questi algoritmi, per essere efficaci, hanno bisogno di grandi quantità di dati, che devono essere per forza dati del passato. «Questa dipendenza da dati storici rischia di rafforzare discriminazioni e pregiudizi del passato, ad esempio nelle politiche di assunzione delle aziende, nel concedere mutui o prestiti, o nell’accesso a determinati servizi. Genera anche problemi complessi relativi alla privacy, alla proprietà e all’utilizzo di questi dati, che come ben sappiamo oggi sono argomenti particolarmente delicati».
Un cambiamento radicale: le sfide future
“Prepararsi a una guerra futura”: questa è solo una delle raccomandazioni che la National Security Commission on Artificial Intelligence (NSCAI) cita nel suo ultimo report. Tra le altre, “aumentare il talento digitale del governo”, “stabilire fiducia nei sistemi di intelligenza artificiale” e “gestire i rischi associati alle armi dell’IA”. Questa nuova era di competizione promette di cambiare il mondo in cui viviamo. Scrive la NSCAI: “Le tecnologie di intelligenza artificiale saranno una fonte di enorme potere per le aziende e i paesi che le sapranno usare. Possiamo dare forma al cambiamento che verrà, o essere trascinati da esso”.
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