Roma, Circo Massimo. Una sfilza di slip rossi appesi a un filo e un cartello giallo su cui campeggia, nera, la scritta «L’Italia a colori ci ha lasciato in mutande». I manifestanti – sono ristoratori, commercianti, partite IVA e lavoratori di lavanderie pubbliche – sollevano i loro striscioni, sorridono, si sistemano a favore d’obiettivo. «Siamo stanchi, vogliamo riaprire», dice il gruppo dei «Maremmani», uno dei più numerosi. È una protesta trasversale, si estende da Enna a Torino e passa per Roma, la città simbolo che i dimostranti hanno scelto per urlare la loro esasperazione. Le sigle che hanno aderito a quella che sui social viene definita «La marcia pacifica dei lavoratori» sono, tra le altre, l’associazione “Roma Più Bella”, Italian hospitality network, Tutela nazionale imprese e LUPE ROMA.
Alle 10:30 Circo Massimo è ancora vuoto. I manifestanti sono poche decine, si aggirano nello spiazzo verde con gli zainetti sulle spalle e le bandiere ancora arrotolate. Gli organizzatori finiscono di montare l’impianto audio e qualche brano rock degli U2 inizia a scaldare l’atmosfera. Gli speaker di tanto in tanto invitano a «radunarsi al centro della piazza e mantenere il distanziamento, ché ci sono i giornalisti».
Iniziano a scandire gli slogan: «La-vo-ro, la-vo-ro». Tra loro c’è Federica, una cameriera toscana: «Non ce la facciamo più, chiediamo solo di riprendere al più presto», dice. È arrivata a Roma insieme a un collega che porta lo stesso nome, Federico, e alla titolare del ristorante. Non sono gli unici arrivati in gruppo. Ci sono anche Alessandro e Giuseppe, due ristoratori dalla Sicilia. «Queste sono le cartelle esattoriali che mi sono arrivate e non so come pagare, ammontano a circa 7mila euro», sospira indicando il foglio bianco che si è appiccicato sulla maglietta. «Io ho una figlia di quindici anni e l’affitto da pagare, gli fa eco il collega, non ho più la forza di reagire».
Altre testimonianze si alternano al microfono, chi parla snocciola i punti centrali della protesta: cassa integrazione forzata, impossibilità di pagare lo stipendio ai dipendenti, riapertura in sicurezza delle attività. «Non abbiamo bisogno della vostra elemosina, vogliamo ripartire», urla un commerciante. Il sole scalda la piazza, adesso i manifestanti sono alcune centinaia. Non ci sono scontri, gli agenti osservano la situazione da via dei Cerchi, vicini alle camionette della polizia. Il suono delle sirene irrompe all’improvviso, la voce di uno degli speaker si fa stridula per l’eccitazione: «Finalmente ecco la nostra delegazione dalla Toscana, ha passato i controlli al casello autostradale».
Poco dopo un gruppetto di manifestanti prova a staccarsi dal gruppo per dirigersi verso Palazzo Chigi, la sede del Governo. La polizia li blocca. D’altronde, gli organizzatori lo avevano promesso: una marcia pacifica dei lavoratori.
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