È un fine curativo ad animare “S.O.S Scrittura. Primo soccorso linguistico”, il libro dei giornalisti Carlo Picozza, Fausto Raso e Santo Strati, uscito nel 2020 ed edito da Media&Books. Non un manuale né un bignami. Piuttosto un “coltellino svizzero” multiuso, come viene definito nella prefazione, da consultare quando, impietriti davanti alla tastiera del computer, si viene assaliti da dubbi e incertezze. O una cassetta di pronto soccorso utile a chi, per mestiere, ha a che fare con le parole, come i giornalisti, e con un pubblico che ne è il destinatario. Il libro spiega il significato di sigle, acronimi, di termini propri del linguaggio tecnologico e informatico, ed è corredato da un glossario che indica come evitare scivoloni lessicali e conseguenti brutte figure.
«La lingua si evolve, come dice l’Accademia della Crusca, ma è anche logica, buonsenso», spiega Carlo Picozza, uno degli autori, cronista di La Repubblica e oggi consigliere dell’Ordine dei giornalisti del Lazio, incaricato della formazione dei giornalisti del futuro. «Il nostro compito è rispettare i lettori, saper spiegare i fatti, avere una lucida capacità di sintesi ma anche saper usare le parole giuste. Bisogna essere lettori mentre si scrive e giornalisti mentre si legge».
Precisione e semplificazione. No a termini astrusi, incomprensibili, anacronistici. Al bando i luoghi comuni, le frasi fatte o incongruenti. Nessuna goccia deve far traboccare il vaso, mai più svegliarsi alle prime luci dell’alba ma, più correttamente, alle prime luci del mattino.
«Per noi giornalisti, c’è una prescrizione interiore da seguire. Dobbiamo capire ciò di cui parliamo per spiegarlo poi in modo comprensibile al pubblico che ci legge. Bisogna chiarire il significato di ogni parola che abbiamo il dubbio non sia compresa. Altrimenti il nostro diventa un lavoro antidemocratico».
Il libro “S.O.S Scrittura. Primo soccorso linguistico” è la risultante di due precedenti lavori. “Gli esami finiscono, eccome”, scritto a quattro mani da Picozza e Silvia Resta, pubblicato nel 2020: un pamphlet di consigli e dritte per i giornalisti praticanti in vista dell’esame di stato per diventare professionisti. Che si aggiunge al precedente “Giornalismo errori e orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, pubblicato nel 2004 da Picozza e Raso, un bestiario con tutti gli strafalcioni finiti sulla carta stampata, meticolosamente raccolti dai due giornalisti durante i tanti turni serali passati in redazione.
Esempi eccellenti da ridere ma da non seguire, come pascolare allo stato ebraico piuttosto che allo stato brado, un colpo al cuore della lingua italiana oltre che del politicamente corretto. Il capezzale della moglie malata, trasformato in un capezzolo o la spada di Damocle diventata di Temistocle per appropriazione indebita.
Le parole sono importanti e specchio di un pensiero ordinato, un requisito fondamentale per un giornalista.
«Bisogna avere la capacità di creare. Quando stai sul pezzo e consumi le suole delle scarpe, non ti vengono più fuori i luoghi comuni ma la cronaca, che racconti attraverso la tua sensibilità. L’unica qualità in grado di fare la differenza tra un giornalista e l’altro», conclude Picozza. «Le parole sono i grimaldelli che ti permettono di entrare nel cuore e nella testa delle persone». Il rispetto per il lettore è anche questo: saperle usare bene.