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Esclusiva

Marzo 5 2022
Dieci minuti di yoga in classe per un anno di attenzione

Gian Pietro Scuccato, fondatore di una nuova avanguardia educativa, spiega perché l’obiettivo della scuola deve essere la felicità del bambino.

Studenti attenti in 10 minuti”, uno slogan allettante per gli insegnanti delle scuole elementari che devono inventarsi ogni sorta di stratagemma per catturare l’attenzione dei bambini. È stata proprio questa la spinta che ha convinto Gian Pietro Scuccato a dare vita alla sua iniziativa Yoga in Classe. «Ho lavorato per anni come coach per formatori e ho visto che gli insegnati segnalavano spesso difficoltà di concentrazione nei propri alunni». Così ha sviluppato un metodo che consentisse di insegnare lo yoga ai bambini, «ma in maniera efficace per la didattica, non con un corso decontestualizzato».

Il cuore del metodo sono i Five Steps, dodici sequenze di esercizi divisi in cinque fasi: riscaldamento, respirazione, allungamento, cooperazione e concentrazione. A questa attività andrebbero dedicati i primi dieci minuti della giornata scolastica, così da essere poi in grado di affrontare al meglio le lezioni. Ogni sequenza è collegata a una delle dodici storie della volpe Argiuna, ideate dallo stesso Scuccato, brevi narrazioni con protagonisti degli animali che i bambini possono leggere e analizzare in classe insieme all’insegnate. Ciascuna di esse contiene un mantra da metabolizzare, come quello di impegnarsi a fare le cose “un granello alla volta”, e una serie di spunti di riflessione da discutere. Si tratta di un percorso annuale e la piena acquisizione della capacità di concentrazione è il punto di arrivo, non di partenza.

yoga in classe
Un mantra appuntato da un bambino

Si potrebbe pensare che proporre a bambini tra i sei e i dieci anni degli esercizi di yoga sia un’impresa impossibile, ma non stando a quanto riportano le insegnanti che hanno già applicato questo metodo. «Ho iniziato a praticarlo con quelli della classe prima», dichiara la maestra Flavia Zanchi della scuola elementare di Talamona, in provincia di Sondrio. «Alcuni bambini non erano entusiasti, ma io non li ho forzati. Hanno prima guardato, poi si sono uniti da soli e ora sono tra i migliori».

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«Pensavo che la metodologia andasse a incidere sui problemi di attenzione, ma il miglioramento più grande è stato invece nelle relazioni tra gli alunni, nell’attenzione rivolta all’altro», commenta la maestra Alessandra Capio di Pescara, e questo nonostante la sua classe si trovi ancora a metà di un percorso che la didattica a distanza causata dal Covid ha reso più accidentato, ma senza fermarlo. Un altro aspetto fondamentale dello Yoga in Classe è infatti il coinvolgimento delle famiglie, che nella maggior parte dei casi sono state estremamente ricettive. «In DAD vedevamo i genitori prendere parte agli esercizi» ricorda sorridendo la maestra Zanchi, mentre la sua collega Elisabetta Nannizzi, di Lucca, evidenzia come i suoi alunni abbiano iniziato a meditare anche a casa e applichino ai problemi quotidiani i mantra imparati con le storie di Argiuna.

yoga in classe
Esercizio di concentrazione a inizio lezione

È proprio sul ruolo degli insegnanti che lo Yoga in Classe fa leva perché, stando al fondatore, è un metodo che «se viene imposto dall’alto non funziona: serve una forte motivazione dell’insegnate». Per ora si sono tenuti solo due corsi completi e il feedback ricevuto da chi ne ha preso parte lascia Scuccato molto soddisfatto, anche se deve ammettere che «in Italia c’è ancora una visione miope» perché un metodo che lavora sulla concentrazione viene avvertito come una perdita di tempo. «Ma in realtà si “perde” tempo soltanto all’inizio» perché una volta che i bambini hanno imparato a concentrarsi il tempo si guadagna e basta. «Non dedicare attenzione a questo aspetto sarebbe come avere una ruota bucata e non fermarsi a cambiarla per non perdere tempo».

Dieci minuti di yoga in classe per un anno di attenzione
Illustrazione di una storia educativa con la volpe Argiuna

Il fine che si pone Yoga in Classe è quello di formare i “leader di domani”, ma le definizioni di leader e successo di Scuccato sono ben diverse da quelle a cui siamo abituati. «Misurare il successo con il denaro e il potere è solo uno dei modi possibili, io ne ho scelto un altro». L’obiettivo è infatti quello di stimolare la curiosità del bambino in modo che studi per interesse e non perché afflitto dalla «malattia del dieci che lo fa vivere come un burattino». Ciò che l’alunno deve imparare è a dominare le proprie reazioni, così che in futuro possa avere un miglior controllo sulla sua vita senza dipendere dal giudizio altrui. Da qui deriva anche l’atteggiamento di Scuccato nei confronti delle tecnologie e della televisione in particolare. Malgrado strumenti come pc e tablet siano oggi indispensabili anche per l’apprendimento (lo stesso corso per inseganti si è svolto online), a casa di Gian Pietro la televisione non c’è. «Non sono contro la tecnologia, ma va usata a fini educativi, per esempio facendo vedere dei tutorial. La tv invece per il 99% parla di cose che non possiamo controllare e così crea ansia, rendendo le menti più controllabili». Per questo suo figlio non la guarda mai e lo stesso consiglio vale per chi segue il suo metodo. A chi gli chiede se un atteggiamento così radicale non rischi di rendere il bambino un alieno risponde che non sempre è giusto fare ciò che fanno tutti e che la diversità può essere l’occasione per un mutuo scambio: «Un compagno potrebbe chiedere a mio figlio se ha mai visto un certo film e lui potrebbe rispondere “E tu l’hai mai fatto un origami?”».

Un metodo che ha dunque come unico vero criterio di valutazione il raggiungimento della felicità e della realizzazione personali.