Favorevoli 253, contrari 117 e un astenuto. La Camera ha approvato la proposta di legge sulla morte volontaria medicalmente assistita. «Il testo della legge sul fine vita approvato in prima lettura a Montecitorio è un risultato importante. Aspettavamo questa discussione dal deposito della proposta di legge di iniziativa popolare, nel 2013» dichiara Matteo Mainardi, coordinatore della campagna Eutanasia Legale per l’Associazione Luca Coscioni. Il provvedimento passerà ora al Senato, tuttavia «non ci facciamo illusioni. Per approvare la legge in via definitiva occorre un’immediata calendarizzazione della discussione, dal momento che manca un anno alla fine della legislatura. Altrimenti, rischiamo di ripercorrere la stessa strada del ddl Zan, prima approvato dalla Camera e poi bocciato al Senato». Anche Mina Welby, moglie di Piergiorgio Welby e co-presidente dell’Associazione Coscioni, auspica che «il Senato entri bene nel problema». Soprattutto perché il testo attuale costituisce un arretramento rispetto alla sentenza numero 242 del 2019 della Corte Costituzionale sul caso Cappato-Antoniani, che aveva individuato le quattro condizioni di legittimità del suicidio assistito (patologia irreversibile, intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, dipendenza dai trattamenti di sostegno vitale e capacità di prendere decisioni libere e consapevoli). L’Associazione Coscioni proporrà opportune modifiche.
Numerose risultano, infatti, le problematiche del testo approvato alla Camera. Per richiedere il suicidio assistito, il malato deve patire sofferenze sia fisiche, sia psicologiche, condizione che avrebbe impedito anche a DjFabo, tetraplegico e cieco ma privo di patologie psichiche, di rientrare nei casi disciplinati dalla legge. Ancora, il requisito della dipendenza da trattamenti di sostegno vitale discrimina i malati che, pur affetti da patologie irreversibili e colpiti da sofferenze intollerabili, non sono collegati a macchinari, come i malati oncologici incurabili. Se approvata in via definitiva, la legge così formulata rischierebbe dunque di retrocedere su questioni già superate dalla giurisprudenza, come l’interpretazione estensiva della nozione di trattamento di sostegno vitale fornita nel caso di Davide Trentini, o di essere contestata dai malati discriminati in sede giudiziaria e dichiarata incostituzionale. Inoltre, il testo prevede dieci passaggi tra la richiesta e la prescrizione del farmaco letale, ma tace sui tempi. Come spiega Mainardi, «in assenza di una legge Mario, il paziente tetraplegico delle Marche, ha ottenuto il via libera del Comitato Etico territoriale in 18 lunghi mesi. Con l’approvazione di questa legge, le tempistiche potrebbero essere le stesse». Infine, non manca l’obiezione di coscienza sul modello della legge 194 del 1978 sull’interruzione volontaria di gravidanza, cioè un elenco di medici obiettori «sempre e comunque» che rischia di costituire un grande ostacolo per l’esercizio effettivo del diritto. «L’altra strada possibile, sul modello della legge 219 del 2017 sul testamento biologico, sarebbe invece l’obiezione di coscienza sul singolo caso».
Mina Welby è fiduciosa. «Troveremo la strada. Da poco l’Austria e la Spagna, e molto prima l’Olanda e il Belgio, hanno approvato una legge sul suicidio assistito. Ora tocca a noi». Una legge è necessaria per «evitare i suicidi per disperazione dei malati gravi, che in Italia sono tra i 700 e i 1000 all’anno», e perché «le persone amano la vita, ma in presenza di sofferenze tragiche e intollerabili, se manca il senso di continuare, è più umano aiutare il malato a congedarsi, per proteggere la vita con il morire». Fondamentale è «la sicurezza della possibilità. Sapere di poter aprire la porta dove voglio. La legge sul suicidio assistito sarebbe come la pillola per dormire sul comodino: so che c’è, se voglio posso prenderla, ma magari alla fine mi addormento anche senza».
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